La piattaforma contrattuale della FIOM vince il referendum. Contraria la sinistra dei metalmeccanici
Una proposta calata dall'alto, un referendum poco partecipato
Landini allinea la Fiom alla Camusso e a Cisl e Uil
La Fiom ha reso noti i risultati del referendum che si è svolto a novembre tra i metalmeccanici della Cgil sulla piattaforma contrattuale. I dati evidenziano come i voti favorevoli siano stati molto alti, quasi un plebiscito, in linea con la media ottenuta dalle rispettive proposte nelle altre categorie della Cgil. In tutte le regioni i favorevoli superano il 90% dei voti validi, anche se dobbiamo rimarcare come importanti aziende metalmeccaniche hanno bocciato la piattaforma. In Lombardia ricordiamo il netto NO della Same di Treviglio e della FGS di Ticino Olona, in Emilia-Romagna alla Motovario di Modena, alla Marcegaglia di Forlì, all'Ocme di Parma, in Piemonte alla Oerlikon di Rivoli, in Veneto alla Somec di Treviso e alla All-co di Padova, in Toscana i No hanno prevalso alla Perini di Lucca e alla GKN di Campi Bisenzio.
Il voto era aperto anche ai non tesserati, al momento del voto erano presenti in azienda 424.870 lavoratrici e lavoratori e hanno votato in 238.034 (il 56%): 219.686 i sì, 14.208 i no, 6.040 le bianche e nulle. La Fiom ha archiviato il referendum dandone una lettura positiva che potremmo riassumere con queste parole: alta partecipazione e democrazia, consenso e mandato molto forte, “certificato”, ritrovata unione con Fim e Uilm. Tutti fattori che, secondo il gruppo dirigente dei metalmeccanici della Cgil, favoriranno la firma di un contratto che riuscirà ad invertire i risultati negativi ottenuti con gli ultimi accordi separati.
Partecipato e democratico certo non lo è stato. Non lo diciamo solo noi, sono stati i lavoratori che hanno criticato il metodo usato dalla Fiom. In alcune aziende le Rsu si sono persino rifiutate di organizzare la consultazione perché la piattaforma era stata calata dall'alto, senza il minimo coinvolgimento dei lavoratori, chiamati poi a votare in tempi ristretti, spesso direttamente nelle sedi sindacali senza nemmeno avere la possibilità di discuterne in fabbrica nelle assemblee. Alcuni delegati della Rsu della Elettrolux di Forlì hanno denunciato che le modalità di voto, in quella ma anche in altre aziende “non è né certificato né trasparente”.
Alcuni delegati Fiom della Piaggio di Pontedera (PI) aderenti all'area Il sindacato è un'altra cosa della Cgil hanno emesso un comunicato dall'eloquente titolo “la lezione di un referendum inaccettabile”. Oltre alle critiche alla piattaforma vi si legge che la Fiom ha deciso di “chiudere in fretta il confronto con i lavoratori sulla Piattaforma, far conoscere il meno possibile i suoi contenuti, tanto meno discuterli, fino al punto di dare inizio alla trattativa sul Contratto Nazionale senza nemmeno aspettare la conclusione dei Referendum”. Alla fine alla Piaggio, pur vincendo il Sì, i tre quarti dei lavoratori non ha votato, “ risultato sia della difficoltà a esprimersi in mancanza di informazioni adeguate, sia della percezione della irrilevanza del proprio voto”.
Anche noi marxisti-leninisti giudichiamo particolarmente grave l'inizio della trattativa prima ancora che i lavoratori si fossero espressi con il loro voto. Segnale inequivocabile che il gruppo dirigente avesse come obiettivo principale quello di evitare a tutti i costi un accordo separato che escludesse la Fiom, mostrando fin da subito la volontà di sedersi al tavolo contrattuale con la massima apertura verso la controparte padronale nonostante l'atteggiamento arrogante di Confindustria e Federmeccanica. Non a caso nei comunicati della Fiom sul rinnovo contrattuale fin dall'inizio si sottolineava con insistenza la necessità di uscire dalla logica degli accordi separati partendo “dalla certificazione della rappresentanza e dalla pratica del voto referendario delle lavoratrici e dei lavoratori per la validazione degli accordi, come del resto previsto dall’accordo interconfederale del 10 gennaio 2014”.
Più che conquistare nuovo salario e difendere i diritti la Fiom ha scelto l'unità con Cisl e Uil sulla base del famigerato accordo sulla rappresentanza. Un accordo voluto dai padroni che frena la lotta e il dissenso sindacale colpendo la libertà dei lavoratori di scegliere i loro rappresentanti e il diritto di sciopero. La piattaforma approvata il 24 ottobre a Cervia rinnega le lotte che la stessa Fiom ha portato avanti contro il famigerato modello Marchionne cedendo a tutte le richieste di Confindustria. Oltre alle clausole di “raffreddamento” (limitazione del diritto di sciopero) si accettano le deroghe al Contratto Nazionale, il salario legato principalmente alla produttività, l'aumento della disponibilità ai turni e al lavoro festivo, la restituzione di una parte di salario ottenuto dal contratto precedente e, dopo la previdenza l'introduzione della Sanità integrativa che porta sostegno alla sanità privata a discapito di quella pubblica.
Si capitola di fronte alle nuove relazioni industriali di stampo mussoliniano introdotte per la prima volta in Fiat da Marchionne ma adesso fatte proprie anche dalla Confindustria e dal governo del nuovo duce Renzi, accettate fin da subito da Cisl e Uil e, seppur in seguito e con molti mugugni dalla Cgil e adesso, di fatto, anche dalla Fiom. Con la piattaforma di Cervia Landini riporta la Fiom all'ovile, normalizzando la categoria e allineandola alla segreteria e alla Camusso annullando quelle differenze che avevano posto i metalmeccanici alla testa della lotta contro la politica economica del governo Berlusconi, contro il modello Marchionne, per la difesa dell'articolo 18, dello Statuto e dei diritti dei lavoratori, trascinando spesso nella battaglia tutto il resto della Cgil.
Intanto il 4 dicembre la trattativa tra Confindustria e Fiom, Fim e Uilm è ripresa. Al momento le distanze tra le parti sembrano difficili da colmare ma Federmeccanica ha fretta di concludere è ha già fatto capire che non è disposta a concedere nulla, né sul salario, legato solo alla produttività aziendale, né sulla parte normativa, dove il contratto nazionale si vuole sostituire quasi completamente con la contrattazione aziendale. Fiom e Cgil avevano promesso che i contratti sarebbero stati uno strumento per contrastare le nuove norme sul lavoro introdotte dal governo Renzi e invece anche quello dei metalmeccanici, dopo quello dei chimici, bancari e commercio, si sta dimostrando solo un adattamento al Jobs Act, alle deroghe, alle compatibilità aziendali.
16 dicembre 2015