Allo sciopero nazionale per il rinnovo del contratto
Diecimila lavoratrici e lavoratori della grande distribuzione in piazza
Atteggiamento antisindacale delle Coop
Si alza il livello della mobilitazione dei lavoratori della grande distribuzione che vogliono il rinnovo del contratto scaduto da quasi due anni. Dopo il riuscitissimo sciopero nazionale di sabato 7 novembre, indetto dai sindacati di categoria di Cgil-Cisl-Uil dei dipendenti di Federdistribuzione, Distribuzione Cooperativa e Confesercenti che ha rallentato le vendite, e in certi casi costretto alla chiusura, migliaia di supermercati sparsi per tutta la penisola, il 19 dicembre migliaia di lavoratrici e lavoratori hanno scioperato di nuovo aderendo alla seconda mobilitazione nazionale indetta sempre dai sindacati di categoria con manifestazione nazionale a Milano. In diecimila hanno partecipato al vivace e combattivo corteo scandendo la parola d'ordine che li ha mobilitati: “Contratto, contratto!”. Paradossalmente la grande distribuzione si sta dimostrando intransigente più dei negozi medi e piccoli che dovrebbero accusare maggiormente la contrazione dei consumi, difatti la loro organizzazione, Confcommercio, ha già trovato l'accordo e firmato il nuovo contratto.
Il blocco del rinnovo e lo stallo delle trattative è dovuto all'arroganza delle associazioni dei commercianti che pretendono che i dipendenti siano completamente a loro disposizione e si abbassino pure lo stipendio. Tra le loro richieste più esose ci sono quelle che riguardano il mancato pagamento dei primi tre giorni di malattia, la riduzione del TFR tramite l'esclusione dal conteggio di 13a e 14a, l'eliminazione degli scatti di anzianità, diminuzione della maggiorazione per lo straordinario e il festivo, la diminuzione della paga oraria e dei permessi per i neoassunti.
Come vediamo tutta una serie di richieste peggiorative che intendono colpire una categoria di lavoratori, quella del commercio, che già subisce la più completa e selvaggia liberalizzazione che impedisce anche il regolare svolgimento della vita quotidiana, dove l'orario di lavoro non si ferma davanti alle domeniche, alle festività e neppure alla notte. Alcune grandi catene di distribuzione, ad esempio la francese Carrefour, hanno istituito in alcuni dei loro negozi perfino l'orario continuato, 24 ore su 24.
Tra le varie associazioni si è distinta per l'atteggiamento antioperaio e antisindacale Distribuzione Cooperativa. Tra le loro proposte vi è anche quella del ripristino delle famigerate gabbie salariali, applicando una riduzione del salario alle regioni meridionali e ai dipendenti di quelle cooperative che hanno i bilanci in rosso, come se la colpa fosse dei lavoratori. Le cooperative hanno chiesto anche ampie deroghe ai contratti nazionali, ovvero la completa cancellazione di diritti acquisiti.
Le Coop, le cosiddette “cooperative rosse” hanno perfino cercato di ostacolare e denigrare lo sciopero acquistando (con i soldi dei soci) intere pagine dei quotidiani per accusare lavoratori e sindacati di agitazioni improvvise, di richieste esose e pretestuose, di scaricare sui consumatori le dinamiche legate al rinnovo del contratto. Contemporaneamente sul web sono apparsi articoli che descrivevano le condizioni da “lager” esistenti in Coop, che hanno alimentato uno scontro tra i manager di Conad e Coop che si sono accusati reciprocamente di maltrattare i lavoratori e di allevare dirigenti aguzzini che vessano i dipendenti.
Nonostante questo proprio le Coop, dove la sindacalizzazione è mediamente più alta che altrove, si sono registrate le maggiori adesioni allo sciopero. In certi casi, per lo sciopero del 7 novembre, si è raggiunto una percentuale del 90% e in alcune regioni come l'Emilia-Romagna, la Toscana, il Lazio e la Campania alcuni supermercati hanno dovuto chiudere le saracinesche. Ma i ricatti e le pressioni sui lavoratori si sono fatti sentire in tutti i supermercati di tutti i marchi: minacce a chi avrebbe scioperato, sospensione dei permessi e delle ferie nei periodi richiesti e altre cose di questo genere.
I padroni si sentono forti grazie alla ricattabilità dei contratti precari, alle nuove possibilità di licenziamento offerte dal Jobs Act e favoriti dalla crisi economica che accresce la paura di perdere il posto di lavoro. Seppur di fronte a queste sfavorevoli condizioni l'adesione ha raggiunto livelli che non si vedevano da anni, segno della rabbia e dell'esasperazione dei lavoratori. Le percentuali nei grandi magazzini superano ovunque il 50% per aggirarsi attorno al 70% nella distribuzione cooperativa in entrambi gli scioperi (per le associazioni padronali erano l'8%).
Molti supermercati sono rimasti aperti perché è stato usato come crumiri il personale dirigente tra gli scaffali, ma questo non ha evitato lunghe code alle casse e la chiusura di interi reparti specialmente nelle Coop, Decathlon, Penny, Auschan, Ikea. In alcuni casi le Coop e i grandi centri hanno sostenuto che i punti erano tutti aperti, tutto regolare; certo, il “rafforzamento” per le feste e per coprire i lavoratori in sciopero lo hanno fatto con i soliti superprecari del lavoro in affitto (interinali).
Un atteggiamento antioperaio che anche la segretaria della Cgil, Susanna Camusso nel comizio conclusivo a Milano il 19 dicembre si è sentita obbligata a denunciare: “Dicono ‘la Coop sei tu‘: ma chi è questo tu? Dicono che siamo soci ma soci di che cosa, che l’unico fine è il profitto”. Un'affermazione, unita all'invito a non fare shopping per sostenere i lavoratori, che ha fatto infuriare Renzi il quale, sempre pronto a difendere gli interessi padronali e a bastonare i lavoratori, è prontamente intervenuto: “Pensare di dare una mano ai lavoratori boicottando i consumi natalizi è l'ennesima trovata geniale di chi scommette sul fallimento dell'Italia”.
Fra il 7 novembre e il 19 dicembre si sono svolti, in tutte le regioni italiane, cortei, presidi, manifestazioni nelle piazze e fin dentro i centri commerciali. Tra le manifestazioni più numerose e combattive ricordiamo quelle di Bologna, Vicenza, Roma, tantissimi i sit-in davanti le prefetture.
I lavoratori in piazza non hanno intenzione di mollare e se non ottengono risposte non sono per niente disposti a fermarsi.
23 dicembre 2015