I due più forti paesi imperialisti si disputano l'egemonia mondiale
Il socialimperialismo cinese costruirà la prima base militare in Africa
Il nuovo imperatore Xi punta a un nuovo sistema mondiale multipolare alternativo a quello dominato dagli Usa e sostenuto dall'UE

 
Di fronte alla ventina di leader africani presenti il 4 dicembre scorso a Johannesburg al secondo Forum sulla cooperazione tra Cina e Africa (FOCAC) il presidente cinese Xi Jinping annunciava l'impegno del governo di Pechino a finanziare 10 diversi programmi di cooperazione con il continente africano per un valore complessivo di 60 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. I 10 piani di sviluppo riguarderanno agricoltura, industrializzazione, infrastrutture, servizi finanziari, tutela ambientale, sostegno a commerci e investimenti, riduzione della povertà e welfare, scambi tra popoli, sanità, pace e sicurezza e secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa cinese Xinhua, il presidente Xi aveva sottolineato che si tratterà di programmi volti ad aiutare i Paesi africani a superare i principali ostacoli al loro sviluppo, tra i quali la mancanza di infrastrutture e fondi inadeguati, per accelerarne l'industrializzazione e la modernizzazione del settore agricolo.
“I rapporti tra Cina e Africa hanno raggiunto oggi un livello di crescita mai registrato nella storia – concludeva Xi - uniamo le forze e lanciamo una nuova era di cooperazione tra Cina e Africa che faccia l'interesse di entrambe e di sviluppo comune”, che faccia soprattutto l'interesse economico e non solo del socialimperialismo cinese che anche sullo sviluppo della sua presenza in Africa, sull'accaparramento delle sue fonti di materie prime e di risorse alimentari, costruisce la sfida al concorrente imperialismo americano nella contesa finora solo economica e finanziaria fra i due più forti paesi imperialisti che si disputano l'egemonia mondiale.
Che il nuovo imperatore Xi punti a un nuovo sistema mondiale multipolare alternativo a quello dominato dagli Usa e sostenuto dall'Ue lo conferma anche l'attenzione che Pechino mette allo sviluppo delle sue relazioni con l'Africa e alla costruzione di stabili rapporti con quasi tutti i governi del continente. Per affari economici e non solo. Dal verice il patto di cooperazione cino-africano ha compiuto un significativo salto di qualità, dalle intese economiche alle alleanze strategiche e militari con l'anuncio della costruzione della prima base militare cinese all’estero, a
Gibuti, il piccolo ma strategico paese per la sua posizione all'imbocco dello stretto di Babel Mandeb tra il Mar Rosso e l'Oceano Indiano e punto strategico del Corno d'Africa.
La notizia è stata ufficializzata dal ministro degli Esteri del paese africano, Mahamoud Ali Youssouf, che annunciava che “i negoziati sono finiti e la base navale sarà costruita. Obiettivo di questa base è contrastare i pirati e soprattutto garantire la sicurezza alle navi cinesi che usano questo stretto strategico, importante per tutti i Paesi del mondo. Per Gibuti è un altro alleato strategico”. Che si posiziona accanto alle basi di Usa, Francia, Giappone e una piccola presenza italiana.
Lo svolgimento dei negoziati con la Cina era stato annunciato lo scorso maggio dal presidente gibutino, Ismail Omar Guelleh, ma solo a fine novembre Pechino lo aveva confermato precisando che si trattava della costruzione di strutture militari logistiche nel porto di Gibuti a sostegno dei peacekeeper cinesi e per le missioni anti-pirateria. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, dichiarava che "la costruzione delle strutture aiuterebbe ulteriormente la marina militare cinese e l'esercito nella partecipazione alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, nelle missioni di scorta nelle acque vicino alla Somalia e al Golfo di Aden, e nell’assistenza umanitaria". Per queste missioni la Marina militare cinese è presente a Gibuti dal 2008, utilizzando il porto come un punto d'appoggio per i rifornimenti.
La struttura che sarà costruita, oltre a servire da punto di appoggio logistico, potrà consentire al socialimperialismno cinese di aumentare la sua presenza e penetrazione nel continente africano, dove ha già una presenza militare permanente di circa 2 mila truppe, impegnate in “missioni di pace” delle Nazioni Unite. E che a settembre dalla tribuna dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il presidente Xi ha annunciato di voler portare a un contingente permanente di forze di polizia e riservisti formato da 8 mila uomini.
La nuova base navale cinese nel Corno d'Africa proteggerà gli scambi economici sulla via marittima della nuova “via della seta” e sosterrà Pechino nel ruolo anche di partner militare dei paesi africani, in concorrenza diretta su questo piano con Washington e Parigi che già hanno dovuto subire il sorpasso della Cina nel campo degli affari.
Al Forum di Johannesburg gli investimenti annunciati da Pechino sono stati definiti "storici" dal presidente di turno dell'Unione africana (Ua), il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, che ha invitato i presenti a rivolgere un "fragoroso applauso" a Xi e ha afferamto che “colgo l'occasione per esprimere la mia sincera e profonda gratitudine. Ecco un uomo che rappresenta un Paese un tempo definito povero, un Paese che non è mai stato nostro colonizzatore. E che fa quello che noi ci aspettavamo da coloro che ci hanno colonizzato". Il che spiega come Pechino abbia trovato la strada spianata per costruirsi una solida posizione di controllo nel continente africano e a conquistarisi la fiducia di governi, fiducia consolidata a colpi di investimenti e affari.
Come confermava il presidente sudafricano Jacob Zuma che sottolineando le potenzialità economiche del partenariato cino-africano afermava che “la Cina è il principale partner commerciale dell'Africa e l'Africa rappresenta uno dei principali mercati per le esportazioni cinesi e il quarto per gli investimenti cinesi. Questo partenariato può solo portare risultati positivi all'Africa. Insieme noi rappresentiamo un terzo della popolazione mondiale... questo indica un immenso potenziale”. Nell'arco degli ultimi dieci anni gli scambi commerciali tra Cina e Africa si sono "moltiplicati di circa dieci volte" per toccare i 300 miliardi di dollari nel 2014, una crescita fermata momentaneamente solo nel 2015 per la crisi economica che ha fato sentire i suoi effetti anche in Cina.
Praticamente solo 9 Paesi africani economicamente minori, Gambia, Guinea- Bissau, Burkina Faso, Lesotho, Swaziland, Repubblica Centrafricana, Somalia e Somaliland, non sono stati interessati finora dagli investimenti cinesi; per tutti gli altri la Cina è ormai il primo partner commerciale e finanziario, il primo finanziatore di infrastrutture e il primo sponsor nelle istituzioni internazionali.
Al Forum Xi ha sostenuto che la Cina continuerà ad avere bisogno di materie prime e di cibo ma che la sua priorità oggi sono “nuovi mercati, alleanze strategiche e nuovi centri di produzione energetica”. E che le 5 colonne del nuovo “partenariato strategico globale” Cina-Africa sono “fiducia politica, cooperazione economica, influenza culturale reciproca, sicurezza e coordinamento internazionale”, una partnership strategica a tutto tondo che prevede un impegno diretto del socialimperialismo cinese sui temi della sicurezza dell'intero continente. Il primo avamposto militare della Cina fuori dal territorio nazionale conferma la svolta nei rapporti di Pechino con l'Africa e rappresenta un passo della proiezione militare cinese nel mondo.

23 dicembre 2015