Tangenti per 26 milioni
Arrestato il presidente Rfi, uomo di Alfano
Il potente dirigente di Rete Ferroviaria italiana (Rfi) e presidente dell'Azienda siciliana trasporti Dario Lo Bosco è finito in galera il 29 ottobre con l'accusa di aver ricevuto tangenti "per evitare intoppi" in lavori da 26 milioni.
Ad inguaiare il numero uno di Rfi, uomo di Alfano, recentemente avvicinatosi a Confindustria Sicilia, sono stati le rivelazioni e soprattutto gli appunti sequestrati dagli inquirenti all’imprenditore agrigentino, Massimo Campione, titolare di un'impresa di costruzioni, strade e impianti eolici, in cui erano trascritte tutte le cifre versate soprattutto ai funzionari del corpo forestale della Regione Siciliana.
“Un vero e proprio libro mastro delle tangenti in cui l’imprenditore annotava meticolosamente e con cura cronologica i vari esborsi effettuati e/o le regalie in favore dei soggetti pubblici considerati utili ai fini dell’impresa; un documento invero assai prezioso che garantiva a fini di sostanziale bilancio imprenditoriale piena memoria dei costi occulti e allo stesso tempo assicurava dimostrazione certa e dinamica della corruzione, fungendo anche da potenziale forza di pressione verso ipotetici cedimenti degli infedeli funzionali”, ha scritto il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Ernestina Contino nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari anche Salvatore Marranca (responsabile del Servizio tecnico) e Giuseppe Quattrocchi (a capo del Servizio speciale per la conservazione del suolo e dell'ambiente naturale) i due funzionari del corpo forestale regionale accusati di avere intascato tangenti per un maxi appalto sulla nuova linea di radiocomunicazioni della forestale.
Tra gli indagati figurano invece, Pietro Tolomeo, ex dirigente della Forestale, Giovanni Tesoriere, preside della facoltà d’Ingegneria dell’Università Kore di Enna, Libero Cannarozzi, dipendente della forestale e Maria Grazia Butticè, compagna dell’imprenditore Campione, tutti accusati a vario titolo di concussione e induzione a promettere utilità.
Il libro mastro - spiegano gli investigatori – è stato sequestrato dagli uomini della mobile il 3 settembre del 2015, quando Campione viene fermato a bordo della sua Audi A3: dentro ci sono pagine molto interessanti per gli inquirenti. “Si tratta di 10 fogli manoscritti con penna blu su carta intestata “Edilmeccanica G. Campione” e di 5 fogli a scrittura informatica, tutti contenenti l’annotazione di diversi nominativi con date e cifre corrispondenti”. Una vera e propria contabilità, e alla fine c’è la sommatoria progressiva delle cifre che ammonta esattamente a 502.626,88 euro di tangenti.
In particolare risulta che al numero uno di Rfi, Campione avrebbe elargito mazzette per 58.650 euro, nell’ambito del progetto relativo al cosiddetto gancio ferroviario, un’apparecchiatura tecnologica a distanza. A Marranca vengono invece contestate tangenti per 149.500 euro, il dirigente avrebbe ottenuto anche l'assunzione della compagna, in una ditta di autolinee siciliane, e della figlia, in una ditta di impiantistica di Roma. Quattrocchi è accusato di mazzette per 90 mila euro, fra le tangenti anche due condizionatori d'aria.
Grazie alle sue amicizie coi boss della politica siciliana (da Cuffaro ad Alfano e Micciché, da Lombardo a Crocetta) Lo Bosco siede ininterrottamente negli ultimi anni sulle poltrone più importanti: quella di presidente di Rete ferroviaria italiana l'ha conquistata dal 2010, ma dalla metà degli anni '90 - con qualche interruzione - mantiene quella di capo dell'Ast, l'azienda siciliana trasporti, ovvero l'ente regionale più grande con i suoi mille dipendenti. Ma non solo: dal dicembre del 2007 ai primi mesi del 2012 Lo Bosco è stato al timone anche dell'autorità portuale di Messina e Milazzo. Treni, bus e anche navi dunque che gli hanno consentito di mettere le mani in pasta un po' dappertutto guadagnando non solo tangenti ma anche i nomignoli di “boss del ferro e della gomma” e/o “il califfato di Palermo”.
Nel periodo più recente Lo Bosco è stato in stretti rapporti con Ivan Lo Bello e Antonello Montante, massimi rappresentanti della Confindustria siciliana schierata contro il racket. La giunta Crocetta, nel 2013, lo nominò commissario della Camera di Commercio di Catania, che detiene tre delle otto quote della società di gestione dell'aeroporto di Fontanarossa. Grazie a questa nomina, e a quella di un commissario della Provincia di Catania, l' asse Crocetta-Confindustria prese la maggioranza assoluta della società e mise le mani su uno degli scali con maggiore flusso di passeggeri in Italia. Un ribaltone ai danni di Lombardo che ha avuto anche l' appoggio dell'attuale sottosegretario Giuseppe Castiglione (Ncd), ex presidente della Provincia etnea. E Lo Bosco, da commissario alla Camera di commercio catanese, partecipò anche all'elezione di Montante (oggi indagato per mafia) alla guida di Unioncamere Sicilia.
Lo Bosco è anche componente del consiglio direttivo di Confindustria Palermo e, attraverso il socio di minoranza Ast, ha un ruolo anche dentro la società degli Interporti siciliani, un colosso di carta che dovrebbe realizzare opere per 200 milioni di euro fra Catania e Termini Imerese: l'Ast, infatti, esprime il vicepresidente di Interporti. Il cui leader è, non a caso, il presidente di Confindustria Palermo, l'imprenditore Alessandro Albanese.
"Tutto questo è deprimente" ha detto il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, durante la conferenza stampa. La corruzione "diventa sempre più pervasiva... Eravamo abituati a sequestrare il libro mastro con le richieste di pizzo nelle indagini sulle estorsioni mafiose. Ora ci imbattiamo in un fenomeno corruttivo che usa gli stessi metodi del racket”.
È la prova provata che ormai fra cosche mafiose e cosche parlamentari la simbiosi è perfetta anche per quanto riguarda i metodi utilizzati per incassare il pizzo da una parte e le tangenti dall'altra.
23 dicembre 2015