1893 – 26 Dicembre 2015. 122° Anniversario della nascita di Mao
Studiamo la battaglia antirevisionista di Mao contro Deng per tenere il PMLI rosso e combattere il revisionismo
Come ha detto il Segretario generale del PMLI, Giovanni Scuderi: “Studio e azione, azione e studio. Questa è la dialettica della lotta di classe condotta col metodo marxista-leninista. Ed è questa dialettica che deve guidare il nostro lavoro politico, anche quando siamo in piena battaglia”. Con questo spirito, “Il Bolscevico” celebra il 122° Anniversario della nascita di Mao, che cade il 26 dicembre, continuando la pubblicazione delle sue opere quasi o totalmente inedite in Italia e non solo, tradotte dal PMLI. Questa volta pubblichiamo quelle relative alla grande battaglia antirevisionista di Mao, negli ultimi anni della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP), contro Deng Xiaoping, colui che ha restaurato il capitalismo in Cina dopo il suo ritorno al potere nel 1978.
Deng era stato eletto segretario generale del Comitato centrale del Partito comunista cinese nel febbraio 1954 (tale carica allora aveva solo mansioni organizzative). Da questa posizione, si era dimostrato il più fervente seguace di Liu Shaoqi, capostipite del revisionismo cinese, che aveva sostenuto trasformando il settore organizzativo del PCC in un regno indipendente governato da opportunisti, e sul piano economico promuovendo politiche incentrate sui sistemi manageriali nelle fabbriche, sulla privatizzazione dell'agricoltura e sugli incentivi materiali; l'esatto opposto della linea di Mao, il quale nello stesso periodo sosteneva il controllo operaio delle fabbriche, la collettivizzazione dell'agricoltura e la promozione della coscienza socialista, dell'iniziativa e dell'entusiasmo delle masse lavoratrici.
Per questi motivi, Deng all'inizio della GRCP (avviata il 16 maggio 1966) fu duramente criticato e quindi esiliato nella provincia del Jiangxi a lavorare come operaio. Solo grazie all'intercessione personale di Mao non fu espulso dal Partito. Fra il 1966 e il 1973, Deng si autocriticò almeno quattro volte. Nella sua lettera a Mao del 3 agosto 1972, scriveva: “... ho fatto l'esame dei miei errori e delle mie malefatte[.] Oggi continuo a riconoscere integralmente il contenuto della mia autocritica e garantisco nuovamente al CC che non lo metterò in discussione”.
Su questa base, gli viene data una seconda possibilità. Deng viene reintegrato il 10 marzo 1973; ad agosto, il X Congresso del PCC lo rielegge membro del CC, che a sua volta lo riammette nell'Ufficio politico in dicembre. Mao vuole mettere Deng alla prova e verificare nella pratica se il suo cambiamento è genuino. Deng opportunisticamente si finge fautore della linea marxista-leninista di Mao, in attesa di recuperare tutto il potere che gli era stato tolto.
Si arriva al 1975. La GRCP va avanti da quasi nove anni ed ha smascherato e sconfitto le cricche revisioniste di destra di Liu Shaoqi e di “sinistra” di Lin Biao. La IV Assemblea popolare nazionale, in gennaio, adotta una nuova Costituzione che ne sancisce tutte le vittorie anche sul piano istituzionale. Mao a questo punto apre una questione: “Perché Lenin ha parlato di esercitare la dittatura sulla borghesia? […] Se tale questione non verrà chiarita, il revisionismo avrà la strada spianata. Tutto il Paese deve esserne messo a conoscenza”
. Mao sottolineava che in Cina, benché fosse in corso la costruzione del socialismo, “continuiamo ad attuare un sistema salariale ad otto livelli, a praticare la distribuzione secondo il lavoro, e nello scambio attraverso la moneta. Tutto ciò non presenta molte differenze rispetto alla vecchia società. La differenza sta nel fatto che il sistema di proprietà è cambiato”
. E lanciava un monito: “Se elementi come Lin Biao prendessero il potere, sarebbe molto facile per loro restaurare il capitalismo. Dobbiamo quindi studiare a fondo le opere del marxismo-leninismo”
. Mao voleva che la Cina socialista non si ritenesse “arrivata”, non abbassasse la guardia e continuasse invece a combattere contro tutte le idee, i costumi, le abitudini borghesi presenti nella sovrastruttura culturale, istituzionale e giuridica, rafforzando la coscienza socialista delle masse ed educandole ad essere loro stesse i successori rossi della causa rivoluzionaria. Comincia infatti l'importante campagna di massa per lo studio della teoria della dittatura del proletariato.
Alla IV Assemblea popolare nazionale e alla sessione del CC che la precede, Deng è promosso a vicepresidente del CC e viceprimo ministro. Visto l'aggravarsi della salute del primo ministro Zhou Enlai, a Deng viene assegnato il compito di dirigere le attività del governo. Nuovamente in possesso di un considerevole potere, Deng avvia subito la politica del “riordino” economico contro il presunto “caos” esistente nel Paese, in un'aperta dichiarazione di guerra alla GRCP. Per giustificarsi, Deng nei suoi discorsi e documenti afferma che è necessario prendere “come asse” le tre direttive date da Mao nel 1974 (lotta di classe, stabilità e miglioramento dell'economia); mettendole tutte sullo stesso piano, sminuiva la lotta di classe, esaltando invece l'idea per cui occorreva sviluppare la produzione con metodi capitalisti.
Mao ha 82 anni, è malato e sta lasciando il testimone a dirigenti più giovani, ma non ha perso la lucidità, si rende presto conto di quello che sta accadendo e il 14 agosto lancia una critica al romanzo classico Storia in riva all'acqua
, “un materiale didattico negativo che può consentire al popolo di capire chi siano i capitolazionisti”
. È un chiaro segnale a Deng, ma questi non desiste.
Verso la fine dell'estate, si apre un ampio dibattito nel mondo accademico (alla faccia della “repressione del dissenso” nei Paesi socialisti) a seguito del tentativo degli alleati di Deng, fra cui l'allora ministro dell'Istruzione, di restaurare gli esami e la vocazione elitaria dell'università cinese, contro tutto ciò che era stato fatto durante la rivoluzione dell'insegnamento. Mao coglie questo momento per intervenire, dichiarando in una nota diffusa in tutto il partito: “Cosa significa 'prendere le tre direttive come asse'? Stabilità e unità non vogliono dire che la lotta di classe è scomparsa: la lotta di classe resta l'asse attorno a cui ruota tutto il resto”
. “Facciamo la rivoluzione socialista”
, continua, “eppure non si sa dove sia la borghesia: è proprio nel Partito comunista, sono quei dirigenti del Partito avviatisi sulla via capitalista”
.
A Deng viene data un'ultima chance quando gli viene chiesto di presiedere la redazione di una risoluzione ufficiale per fare il bilancio critico della GRCP. Sapendo che questo significherebbe smascherare la sua opposizione alla linea marxista-leninista di Mao, Deng si rifiuta e a quel punto – siamo nel novembre del '75 – ha inizio la campagna contro il vento revisionista di destra teso a rovesciare i verdetti. Le masse stesse vengono chiamate a parteciparvi attraverso centinaia di assemblee e una mole illimitata di articoli, spesso scritti da operai, contadini, soldati e studenti.
Messo alle strette, Deng tenta il tutto per tutto sguinzagliando i suoi seguaci a provocare disordini e scontri armati in piazza Tian'anmen nei primi giorni di aprile 1976, dietro il pretesto di commemorare Zhou Enlai, morto in gennaio, in occasione della festa cinese dei defunti. I provocatori non fanno presa fra le masse e l'intimidazione fallisce. Il 7 aprile, il CC del PCC destituisce Deng da tutti gli incarichi.
Se la contraddizione divenne antagonistica, fu solo per colpa di Deng, il quale si rifiutò di ravvedersi, attaccò tutta la linea marxista-leninista del PCC e ricorse ad attività antipartito. Mao fino all'ultimo tentò di recuperarlo, criticando i suoi errori ma concedendogli la possibilità di correggerli e trasformarsi, affinché la contraddizione restasse in seno al popolo. Come affermava infatti: “Verso chi ha commesso errori e presenta dei difetti, la politica del nostro Partito è sempre stata quella di imparare dagli errori passati per evitare quelli futuri e curare la malattia per salvare il paziente. Dobbiamo aiutarci reciprocamente, correggere gli errori, realizzare l'unità e svolgere al meglio il nostro lavoro”
. Un esempio su come gestire le contraddizioni che inevitabilmente emergono anche nel PMLI come riflesso della lotta di classe. Esse vanno gestite nel modo e con le procedure corrette, attraverso il confronto, la critica e l'autocritica, attenendosi al centralismo democratico; anche quando non è possibile risolverle, bisogna difendere l'unità rivoluzionaria nell'interesse supremo della lotta per il socialismo. D'altro canto le autocritiche devono trovare riscontro nei fatti, mai abbassare la vigilanza rivoluzionaria accontentandosi delle parole.
Fu solo grazie all'opportunismo dei successori di Mao, morto il 9 settembre 1976, se Deng riuscì rapidamente a tornare il potere. Già alla fine di quell'anno, la sua casa diventa meta di pellegrinaggio dei revisionisti annidati nel partito, ai quali si appoggia il nuovo presidente Hua Guofeng per conservare il potere. La sua riabilitazione, onde evitare di provocare la reazione delle masse e della sinistra del partito, avviene solo nel luglio 1977, ma subito comincia una raffica di attacchi contro il pensiero e l'opera di Mao, che culminano con la denuncia totale della GRCP nel 1981, con arresti ed espulsioni di membri del partito accusati di appartenere alla sinistra, per preparare il terreno alla restaurazione del capitalismo. Già nel dicembre 1978, la famigerata III Sessione plenaria dell'XI CC del PCC approva la linea economica sul “socialismo di mercato” di Deng, il quale da quel momento in poi ha in mano il potere del partito e dello Stato, sia pure informalmente, in quanto il suo unico incarico sarà quello di presidente della Commissione militare, anche dopo aver scalzato Hua dalla direzione formale del PCC. Come dirà l'allora segretario generale Hu Yaobang ad una riunione dell'Ufficio politico a fine 1980, “a prescindere da chi diventerà presidente, 'l'architetto politico' al massimo vertice centrale sarà il compagno Xiaoping... Il compagno Xiaoping tiene il timone”. Sarà lui a ordinare la mattanza di piazza Tian'anmen nel 1989 e le privatizzazioni nel 1992.
La Cina del nuovo imperatore Xi Jinping è oggi una superpotenza socialimperialista che partecipa attivamente alle dispute interimperialistiche, come dimostra il suo coinvolgimento in Siria al fianco di Assad e della Russia contro lo Stato Islamico, in concorrenza con gli USA e l'UE. E pensare che, nel 1974, quando si fingeva marxista-leninista, Deng aveva dichiarato: “Se, un giorno, la Cina dovesse cambiare colore, trasformarsi in una superpotenza e quindi tiranneggiare sul mondo, commettere atti di prepotenza verso altre nazioni, aggredire e opprimere altre nazioni, in tal caso i popoli del mondo dovranno attaccare la Cina come socialimperialista, dovranno smascherarla, combatterla e, insieme al popolo cinese, rovesciarla”.
Anche dai fatti successivi, è evidente che questa battaglia non fu una contesa fra due individui, Mao e Deng, per il potere, bensì uno scontro acceso fra due linee, quella marxista-leninista e quella revisionista, due concezioni del mondo, quella proletaria e quella borghese, e due modelli di società, quella socialista e quella capitalista. Studiarla serve, come ha scritto Scuderi, “per comprendere pienamente quali sono l natura, le caratteristiche, i contenuti, le manifestazioni, i metodi e gli scopi del revisionismo e per essere in grado di individuarli in tempo, smascheralo e metterlo in condizioni di non nuocere ogni qualvolta si manifesta all'interno del Partito”.
Attraverso questi scritti e discorsi, Mao ci ribadisce che è necessario trasformare costantemente la nostra concezione del mondo sulla base del marxismo-leninismo per essere dei marxisti-leninisti conseguenti e garantire al Partito di restare sulla via dell'Ottobre e tenere ferma la missione di portare il proletariato alla conquista del potere politico. Non si stancava di ripetere che “La classe operaia deve trasformare ininterrottamente se stessa nel corso della lotta”
. Altrimenti si finisce per dare campo libero al revisionismo, cavallo di Troia dell'ideologia borghese nel movimento operaio, come ha fatto il PCI revisionista che alla fine ha svenduto la lotta di classe per potersi sedere nel comitato d'affari del capitalismo, trasformandosi gradualmente in PD e partorendo il nuovo duce Renzi. Chiunque si considera comunista, ovunque collocato, dovrebbe studiare attentamente queste e le altre opere di Mao, nonché quelle di Marx, Engels, Lenin e Stalin, e sulla loro base riflettere onestamente sulla linea del partito a cui appartengono, e se non sia il caso di unirsi al PMLI.
Queste opere sono utili anche a ripulire la storia del socialismo, infangata da tante calunnie e menzogne con il solo scopo di cancellarlo dalla memoria dei giovani e non, specie in un momento in cui le masse, a partire dai settori più avanzati, sono alla ricerca di un'alternativa concreta al capitalismo. Emerge invece come il socialismo realizzato nell'Urss di Lenin e Stalin e nella Cina di Mao fu un sistema di successo fatto di grandi trasformazioni politiche, sociali e culturali, imposte non dall'alto ma attraverso la partecipazione attiva e propositiva delle vaste masse popolari sotto la corretta direzione e linea marxiste-leniniste del partito comunista e del governo dello Stato socialista, che non crollò per via di nessun presunto fallimento ma fu interrotto dai revisionisti.
Ispirati da Mao, continuiamo a difendere il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea interna ed estera del PMLI, a criticare il revisionismo e le altre idee non proletarie a freno della lotta di classe, a praticare correttamente la critica e l'autocritica, a trasformare noi stessi mentre lottiamo per trasformare il mondo. Perseveriamo con fiducia nel radicamento nei nostri luoghi di lavoro, di studio e di vita concentrandoci sul fronte operaio e sindacale e su quello studentesco per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso e fare sì che il proletariato recuperi la sua coscienza di classe e scenda in campo contro il capitalismo e il suo governo Renzi, per conquistarne il potere politico e il socialismo.
Nota sulle fonti
Tutte le opere che noi pubblichiamo in questa occasione sono state tradotte dal cinese da Jianguo Yilai Mao Zedong Wengao
(Manoscritti di Mao Zedong successivi alla fondazione della Repubblica popolare cinese)
, vol. XIII, Casa editrice dei documenti del Comitato centrale, 1998.
30 dicembre 2015