Compromesso storico tra Obama e Putin
L'Onu vara un piano per stabilizzare la Siria contro l'IS
La Nato invia aerei e navi per difendere la Turchia
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approvava all’unanimità il 19 dicembre una risoluzione sulla Siria che prevede la proclamazione della tregua, l’elaborazione di una nuova Costituzione entro 6 mesi, lo svolgimento di elezioni entro i prossimi 18 mesi. Un percorso che dovrebbe portare alla pacificazione del paese, la condizione necessaria per condurre la lotta contro lo Stato islamico (Is).
La risoluzione indica che “non appena i rappresentanti del governo siriano e dell’opposizione avranno avviato i primi passi di una transizione politica sotto gli auspici dell’Onu”, nei negoziati che dovrebbero iniziare nel mese di gennaio, scatterebbe il cessate il fuoco nel paese. Non è definito il meccanismo di "monitoraggio, verifica e segnalazione" di questo cessate il fuoco, la cui responsabilità ricade sull'Onu.
Ciò che è importante della risoluzione Onu lo sottolineava anzitutto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: “la votazione unanime dei membri del Consiglio di Sicurezza deve aprire una strada per creare un ampio fronte contro il terrorismo sulla base della Carta dell'Onu, appoggiandosi a tutti coloro che stanno contrastando il terrore in terra, compreso l'esercito della Siria, le milizie curde, i reparti dell'opposizione patriottica siriana. Un contributo in tal senso sono le azioni delle forze aerospaziali della Russia, intraprese sulla base della richiesta del legittimo governo della Repubblica Siriana". Col che l'imperialismo russo ribadiva la “legittimità” del suo intervento in Siria a sostegno del regime di Assad e metteva in evidenza come la necessità del momento fosse la stabilizzazione della Siria per procedere contro l'Is.
Il testo della risoluzione era stato elaborato nell'incontro iniziato il 18 dicembre a New York del Gruppo internazionale di sostegno alla Siria, cui partecipavano i ministri degli Esteri di 18 paesi, diretto di fatto dal russo Lavrov e dal Segretario di Stato americano John Kerry. Il gruppo che proseguiva il lavoro avviato dalla Conferenza di Vienna del 30 ottobre scorso sulla pacificazione della Siria, dove i diretti interessati, i siriani di Assad e quelli dell'opposizione non erano presenti; era la conferenza organizzata dai paesi imperialisti che hanno alimentato la crisi siriana e che la considerano uno degli aspetti della crisi regionale, quella dove da più di un anno è entrato in gioco lo Stato islamico (Is) e si è formata la santa alleanza imperialista per combatterlo.
Affinché l'alleanza si possa concentrare contro il nemico comune, lo Stato islamico, i due capifila imperialisti Barack Obama e Vladimir Putin sono addivenuti a un compromesso sulla sorte di Assad che ha sbloccato l’accordo all’Onu. Nella risoluzione un passaggio indica che “il popolo siriano deciderà il futuro della Siria”, alludendo alle elezioni che si terranno sotto la vigilanza dell'Onu. Il destino di Assad potrebbe non essere deciso a breve tanto che il segretario di Stato americano Kerry affermava di non volersi focalizzare in questa fase su “un cambio di regime”, altre fonti Usa sottolineavano che a Mosca non sarebbero contrari a che Assad si possa fare da parte durante la fase di transizione, prima comunque delle elezioni.
Come spiegava Obama, gli Usa avevano rinunciato a porre come condizione preliminare la partenza di Assad con “un calcolo realista, Assad dovrà andarsene ma per adesso c’è una soluzione-ponte, che tiene conto degli interessi di Russia e Iran, e della popolazione alawita che non vuole finire schiacciata. Bisogna che al più presto tutte le parti concentrino le energie contro i jihadisti di Daesh”.
Nel discorso di fine anno Putin sottolineava che i raid russi in Siria sostenevano gli sforzi dell'opposizione siriana che combatte lo Stato Islamico come quelli dell'esercito fedele a Bashar al-Assad. E annunciava l'appoggio russo alla bozza di risoluzione che Kerry aveva discusso nei giorni precedenti nel corso della sua visita a Mosca e che in quel momento era ancora in discussione all'Onu. Il piano russo per la Siria “coincide negli aspetti chiave con quello americano”, sosteneva Putin.
La guerra contro l'Is era l'obiettivo imperialista principale, a Washington come a Mosca, confermava Obama nella contemporanea conferenza stampa di fine anno dove ripeteva di non voler inviare truppe terrestri perché il Pentagono stimava che ci sarebbero “centinaia di morti americani al mese, migliaia di vittime tra i siriani, dieci miliardi di dollari di spesa”. O piuttosto perché la Casa Bianca ha già da tempo deciso di disimpegnarsi in parte dallo scenario mediorientale e rafforzarsi invece nell'area del Pacifico per fronteggiare direttamente la sua più pericolosa concorrente, il socialimperialismo cinese.
I raid aerei che durano da un anno e mezzo non bastano, prendeva atto Obama, “anche la Russia riconosce che dopo tanti sforzi non è riuscita neppure a spostare le lancette” e la lotta contro lo Stato islamico sarebbe proseguita da parte dell’America e degli alleati occidentali con i raid aerei e i colpi mirati a eliminare i leader.
La forza militare imperialista schierata a distanza si rafforzava con la decisione del consiglio Nato di Bruxelles del 18 dicembre di dare il via libera all'invio di aerei radar, caccia e navi nel Mediterraneo orientale per incrementare la difesa della Turchia “in considerazione della situazione instabile della regione”. Una decisione che mette anche l'alleanza militare imperialista schierata in prima fila nella guerra all'Is e che serve anchen a far sentire all'alleato turco Erdogan il sostegno dei paesi imperialisti occidentali nello scontro che ha aperto con l'imperialismo russo dopo l'abattimento del caccia di Mosca sugli affollati cieli siriani.
5 gennaio 2016