Inquinamento urbano. Il ministro dell'Ambiente Galletti presenta un piano contro l'inquinamento che prevede poche misure non vincolanti per i sindaci. Critiche dal mondo ambientalista
Palliativi del governo Renzi contro lo smog
Occorre puntare su una diversa mobilità urbana pubblico e collettivo unito all’utilizzo di fonti rinnovabili per i riscaldamenti domestici.
Il mese di dicembre del 2015 sarà ricordato, fra gli altri scempi economici, legislativi e sociali, anche per il record di inquinamento toccato da molte grandi città del nostro Paese, in primis Milano, Roma e Napoli. E anche questa volta si sono dovute attendere le piogge per abbassare gli altissimi livelli di concentrazione di polveri sottili toccati. Blocchi parziali della circolazione, prima, e blocchi totali poi, i sono rivelati ancora una volta tardivi ed inefficaci.
Milano, dopo 33 giorni consecutivi di sforamento dei limiti consentiti di Pm10 (50 microgrammi al metro cubo) ha deciso di imporre una tre giorni straordinaria di blocco del traffico per 6 ore quotidiane, anche se solo 13 comuni su 120 dell’area metropolitana però hanno risposto all’appello. Addirittura a Roma il prefetto Francesco Paolo Tronca si è limitato a emettere una mezza ordinanza per le targhe alterne. Un provvedimento che ha già rivelato la sua inefficacia lo scorso autunno, utilizzato nella capitale per ben sei giornate.
Il centro della questione però è che i livelli dei veleni da polveri sottili che oggi vengono considerati come “situazione di smog straordinaria”, più o meno approssimativamente, sono diventati la norma.
Un po’ in cifre aiutano a capire quanto fiato è stato sprecato dai governati borghesi, nei decenni, sul presunto “allarme smog”. Prendendo ad esempio Milano, quest’anno sono stati superati i limiti per oltre 100 giorni, ed erano stati 68 nel precedente anno particolarmente piovoso, 81 nel 2013, 104 nel 2012, 129 nel 2011, 128 nel 2007, 145 nel 2006, 151 nel 2003 e 162 nel 2002. E’ utile sapere che la normativa prevede che i superamenti non possano essere più di 35 nell’arco dell’anno, anche se per la salute pubblica questo limite di “sforamento dei limiti”, pare una concessione inadeguata e strumentale che dovrebbe invece tendere allo zero. Si soffoca dunque, con tragica regolarità. E’ noto che Milano e la pianura padana sono da sempre tra i luoghi più inquinati d’Europa, anche per colpa delle auto, dell’industria inquinante e di una mobilità insostenibile a livello strutturale.
Le responsabilità del governo Renzi
L’avvio dell’offensiva propagandistica renziana era iniziato proprio con la cerimonia di chiusura dell’Expo milanese. Ben ricordiamo quando alla cerimonia di chiusura dell’Expo milanese, Renzi attraverso fiumi di retorica ha tentato di convincere il Paese che la capitale economica dell'Italia era stata rivitalizzata dal “grande evento” e che non rimaneva altro che cogliere i frutti degli investimenti e del lavoro svolto. In realtà, quattordici miliardi di euro sono stati gettati al vento senza aver programmato nessuna innovazione nel sistema dei trasporti pubblici di Milano. Cento ettari di territorio agricolo coperti di cemento e asfalto, che hanno alterato ulteriormente il bilancio ambientale della città, rimangono l’altra eredità della manifestazione.
Tutti i suoi atti da premier non hanno minimamente scalfito la questione urbana e anche l’ultima legge di stabilità ha dimenticato di sostenere le città nelle loro immense problematiche logistiche. Nel provvedimento è stata anche ripristinata la possibilità per tutti i comuni di pagare la spesa corrente attraverso gli oneri di urbanizzazione; Renzi dunque ha “cambiato verso” ripristinando il dominio della speculazione immobiliare, riuscendo a fare addirittura peggio del governo del tecnocrate Monte che aveva sospeso la misura.
Per tutti questi motivi non regge la linea autoassolutoria del governo che se la prende con la siccità eccezionale e le avverse condizioni metereologiche. Sono anni che proprio per attenuare gli effetti del cambiamento climatico, diversi specialisti ed economisti chiedono di porre in essere una politica organica e sostenibile per le città.
Il protocollo governo-regioni
Presso il ministero dell’Ambiente, il 30 dicembre è stato siglato un protocollo sottoscritto dal ministro Gian Luca Galletti, dal presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini e dal presidente dell’Anci Piero Fassino. Per gli osservanti filo governativi che ci credono, questo è il decalogo anti inquinamento che prevede “misure d’urgenza” omogenee che scatteranno al settimo giorno di superamento delle soglie in ogni città.
Buoni propositi e briciole di stanziamenti a parte, la sostanza è questa: dopo sette giorni di veleni verrà abbassato di due gradi il riscaldamento delle abitazioni e degli uffici e verranno ridotti a 30 km orari i limiti di velocità delle automobili. In più, ci saranno sconti sui biglietti dell’autobus. Il primo punto sembra una conclusione del tutto demagogica e parimenti irrealizzabile; basti pensare allo stesso provvedimento e al suo completo fallimento dell’allora sindaco di Milano Moratti che nel 2011 propose una misura analoga. Provvedimento fallito per la sostanziale impossibilità di controlli su larga scala e per le diverse peculiarità delle esposizioni dei singoli appartamenti in condomini a riscaldamento centralizzato.
Da sottolineare inoltre il fatto che nessuna legge dispone queste seppur blande ed insufficienti misure, poiché la titolarità delle decisioni resta in capo ai sindaci che possono anche non fare nulla. Ad alleggerire questa mancanza fondamentale, è stato costituito il Comitato di coordinamento ambientale, composto da alcuni sindaci delle città metropolitane ed altri presidenti di Regione; organismo confuso, dall’esito pratico incerto.
Il protocollo prevede anche una serie dei soliti provvedimenti sul lungo periodo più volte annunciati e sempre disattesi nella sostanza quali l’incremento dell’efficienza energetica agevolando il passaggio a combustibili meno inquinanti, il rinnovo dei mezzi pubblici, la promozione di una rete di ricarica che supporti la riconversione elettrica delle automobili, il potenziamento di bike e car sharing e delle piste ciclabili. Ancora in ballo i soliti incentivi per la rottamazione delle vecchie auto, come se incrementare quel mercato non volesse dire confermare una strategia inquinante iniziata nel secolo scorso che ha avuto il solo risultato di far fare profitti milionari alle case produttrici dell’industria automobilistica in primo luogo la Fiat. I recenti scandali sulle emissioni riguardanti la Volkswagen e poi allargatisi ad altre case automobilistiche, sono testimonianza viva dell’impossibilità di conciliare tali misure col il sistema di produzione capitalistico e le sue dinamiche.
Per quanto riguarda i finanziamenti, arrivano solo spiccioli e perfino spalmati su tre anni. Vale la pena ricordare che la Legge di Stabilità 2016 appena varata prevede un fondo di appena 450 milioni di euro di investimenti al riguardo mentre destina 4 miliardi di euro di sussidi all’autotrasporto e per gli investimenti in strade e autostrade. Lo hanno denunciato anche i Verdi: “La riunione ha partorito il nulla, il ministro farebbe meglio a dimettersi. Uno stanziamento di 12 milioni è offensivo, si tratta di una cifra che equivale al costo di un chilometro di autostrada. L’Italia ha bisogno di provvedimenti strutturali che si possono adottare solo con scelte economiche e strutturali”. Secondo altri esperti, un finanziamento sensato avrebbe dovuto ammontare a 12 miliardi di euro, e non milioni come elargito dal Governo.
La posizione del PMLI
La questione dell’inquinamento ambientale e soprattutto delle grandi città ripropone in maniera vergognosa l’opportunismo dei governi centrali e locali che se ne ricordano solo a scopo elettoralistico. La concentrazione delle polveri sottili nelle città è questione strutturale poichè i centri maggiori come Milano, Roma e Napoli sono circondati da anelli autostradali con conseguente concentrazione di polveri sottili e nanopolveri ; non va tanto meglio alle altre città toccate in gran parte da vie autostradali come Firenze ad esempio, e questo fenomeno si riproporrà fino a quando il tema dei trasporti non sarà affrontato in maniera radicale. A poco servono isolati blocchi del traffico, totali o parziali che siano, poiché rappresentano solo palliativi e non risolvono il nocciolo del problema. Ormai è chiaro che la mobilità in generale, ed in particolare quella cittadina, deve avere risposte collettive e pubbliche e non private e individuali.
La situazione in Italia è ancora più drammatica che altrove. Il nostro Paese nel 2012 ha registrato 84.400 decessi di questo tipo, su un totale di 491mila a livello Ue. In Italia l’epicentro dell’ecatombe si trova proprio nella pianura padana e in particolare nelle aree intorno a Torino, Milano, Monza e Brescia che superano ampiamente il già generoso limite della Ue.
Il governo Renzi non ha adottato alcuna politica lungimirante sulla questione energetica, dei trasporti di persone e merci. A fianco alla questione trasporti, è presente la poca consistenza degli incentivi per l’efficentazione dei riscaldamenti domestici e degli altri miglioramenti residenziali, che fino ad oggi hanno avvantaggiato in maniera massiccia i palazzinari sulle nuove costruzioni e poco più nell’ambito delle ristrutturazioni, lasciando intatte per fare un esempio concreto, le problematiche energetiche insite nei condomini che rappresentano a livello nazionali circa il 50% della forma residenziale.
Sul versante della mobilità poi rimane da aggiungere che, nonostante a livello europeo siamo di fronte ad un piccolo “boom” della mobilità elettrica, l’Italia pare non prendere in considerazione questa opportunità, nonostante i proclami per l’installazione di nuove colonnine di ricarica nei centri cittadini. Oggi gli incentivi in Italia sono di appena 1,5 milioni di euro all’anno, mentre in Francia arrivano a 60 milioni, contro il massimo dei 250 in Norvegia; sarà forse per questo che a fronte di un’auto elettrica su quattro in Norvegia, in Italia siamo alla cifra ridicola di 3.500 auto totali pari allo 0,1% delle vendite?
Sul come risolvere la questione, condividiamo in parte le misure proposte da Legambiente e dai Verdi anche se non possiamo trovarci d’accordo totalmente su alcune misure, né sull’assoluta mancanza di riferimenti alla gestione pubblica dei servizi fondamentali, in primis dei trasporti. Nei provvedimenti proposti non c’è poi traccia di alcuna forma di pagamento, tasse o di sgravi fiscali che sia rapportata al reddito; questione secondo noi fondamentale.
Non condividiamo ad esempio la proposta del limite di velocità abbassato a 30km orari nei centri abitati poiché, oltre a tutte le altre difficoltà insite nel muoversi in città con questi limiti, se da un lato è vero che teoricamente a bassa velocità le emissioni diminuiscono, dall’altro aumenterebbero i già numerosi ingorghi le cui conseguenze saranno altrettanti “stop and go” che invece risultano più inquinanti del normale procedere.
Ci pare generica la misura dal titolo “Fuori i diesel dalle città” che vuol limitare immediatamente la totale circolazione in ambito urbano dei veicoli diesel anche per i residenti, pur in assenza di un modello efficace di trasporto pubblico urbano su rotaia o elettrico. Ben venga realizzata in futuro la totalità della proposta ma al momento sarebbe probabilmente più opportuno prevedere per i residenti del centro che non possono permettersi una mobilità privata alternativa, ulteriori finanziamenti pubblici da elargire in base alle varie fasce di reddito per la sostituzione dei mezzi inquinanti con mezzi elettrici e non inquinanti.
Condividiamo il principio “chi inquina deve pagare” e siamo sostanzialmente d’accordo per l’estensione delle linee generali proposte in coro dalle associazioni ambientaliste che vorrebbero estesa da una disposizione nazionale la normativa d’ingresso alle grandi città i cui ricavi siano interamente vincolati all’efficientamento del trasporto pubblico locale.
Non possiamo però condividere la scelta del modello individuato nell’Area C milanese, un accesso a pagamento dei veicoli inquinanti in una vasta area ZTL del centro urbano, con particolari esenzioni ai mezzi di servizio pubblico, merci e simili, e con piccole agevolazioni ai residenti, soprattutto per gli sviluppi negli anni del provvedimento, dalla sua istituzione ad oggi. Pisapia aveva annunciato che il dazio per l’ingresso al centro sarebbe servito oltre che per diminuire l’inquinamento, per scongiurare futuri aumenti di costo dei biglietti; in realtà nel settembre 2013 Milano ha subito l'ennesimo aumento delle tariffe che ha colpito principalmente le fasce più deboli, a partire dagli anziani poiché per gli "over 65" con reddito Isee superiore a 20mila euro l'abbonamento è di fatto raddoppiato.
Al di là delle limitazioni del traffico, ogni misura dovrebbe essere necessariamente basata su tariffe in base al reddito, prevedendo l’esenzione per le fasce più basse ed un pagamento superiore ai 5 euro per giornata standard per i redditi più alti. A parte pubblichiamo le proposte del PMLI contro smog e inquinamento.
13 gennaio 2016