Un “nuovo” modello simile a quello imposto da Marchionne alla Fiat
Respingere la “proposta organica” di Federmeccanica per il rinnovo del contratto metalmeccanici
Il Comitato centrale della Fiom invece non ne chiede il ritiro e continua la trattativa
La promessa di una “proposta organica” da parte di Federmeccanica si è materializzata e ha assunto le sembianze di un attacco organico al Contratto Nazionale di Lavoro e a qualsiasi tipo di aumento salariale collettivo, con l'obiettivo di cancellare la vecchia contrattazione sostituendola con il cosiddetto “nuovo modello contrattuale” di Squinzi e Confindustria che prevede sindacati e lavoratori completamente succubi delle esigenze aziendali senza alcun potere rivendicativo autonomo.
E' questo il succo della proposta di Federmeccanica, l'associazione dei padroni delle imprese meccaniche. Non le è bastata quella avanzata dalla Fiom, già di per se debole e ben disposta al cedimento. Una piattaforma, quella della Fiom, che fa propri i principi contenuti nel Testo Unico del 10 gennaio 2014 che prevedono le deroghe al contratto nazionale e la limitazione delle libertà sindacali con nuove regole sulla rappresentanza. Una proposta che accetta le “clausole di raffreddamento”, le quali altro non sono che la limitazione del diritto di sciopero e delega a livello aziendale la maggior parte della contrattazione salariale, che porta avanti gli enti bilaterali attraverso la sanità aziendale che si va ad aggiungere alla previdenza integrativa.
Una marcia indietro rispetto al passato compiuta da Landini e dalla Fiom, nel tentativo di evitare ad ogni costo accordi separati, ritrovare l'unità con Fim e Uilm e sedere al tavolo della trattativa con le associazioni padronali. Ma queste non si sono accontentate e, trovando la porta aperta, sono andate oltre cercando di applicare alla categoria dei metalmeccanici, la più numerosa e significativa di tutte le altre, il nuovo modello contrattuale.
Il fulcro su cui ruota la proposta di Federmeccanica è la trasformazione del “minimo contrattuale” in “salario minimo di garanzia”. Non si tratta di un semplice esercizio lessicale, ma lo svuotamento del contratto nazionale ridotto alla funzione di organismo che traccia la soglia di salario più bassa, calcolata a posteriori, cioè sei mesi dopo l'anno di riferimento, attraverso l'IPCA (un sistema di calcolo dell'inflazione parziale). Un progetto del tutto simile a quello che ha in testa il governo del nuovo duce Renzi e al modello proposto dalla Cisl.
In sostanza vuol dire che gli aumenti salariali derivanti dal contratto nazionale saranno bloccati per la maggior parte dei lavoratori. Andranno solamente a chi è al di sotto del salario minimo, mentre per tutti gli altri che lo superano verranno assorbiti. Il tutto riferito al salario complessivo, ossia minimi contrattuali, superminimi individuali e collettivi, scatti di anzianità, premi di produzione, ecc. Dal 2017 anche l'elemento perequativo, ossia la cifra che spetta a chi non ha la contrattazione aziendale, sarà assorbita nel salario di garanzia. Tutto ciò porterebbe incrementi, molto miseri per la verità, solo al 5% dei lavoratori. Tutti gli altri eventuali aumenti sono rimandati alla contrattazione di secondo livello.
L'unica “concessione” di Federmeccanica è quella di 260 euro annui sotto forma di “Premio di Risultato”. Ma i padroni potranno scegliere di destinarli al welfare integrativo o alla formazione organizzata e funzionale all'azienda anziché metterli in busta paga. Atteggiamento molto più flessibile invece sulla previdenza e sanità integrativa, sulla formazione. I padroni sono disposti a pagare anche parti di quote adesso spettanti ai lavoratori. Appare evidente che in questo caso i soldi gli possono rientrare perché andranno ai privati, oltretutto danneggiando la già derelitta sanità pubblica.
I padroni vogliono anche il restringimento dei permessi sindacali, legati alla presenza sul lavoro, cioè meno giorni se ti ammali. Un'altra riduzione dei diritti sindacali che persegue anche il governo nel settore pubblico. Sono invece di manica larga quando si tratta di dedicare tempo alla “formazione” a loro carico perché così avranno uno strumento in più per inculcare ai lavoratori un atteggiamento collaborativo e succube verso l'azienda.
Una “proposta organica” da respingere in toto, senza la minima esitazione. Non vediamo alcuna motivazione valida che possa giustificare un'apertura nei suoi confronti. Questo nuovo modello contrattuale prevede lo smantellamento del contratto nazionale collettivo di lavoro, ridotto a debole cornice dentro la quale ci stanno poche regole e i minimi salariali di garanzia, mentre tutta l'altra parte del reddito viene legata alla produttività aziendale, stabilendo praticamente il blocco dei salari esattamente come nel pubblico impiego, mentre la parte normativa potrà essere tranquillamente scavalcata attraverso le deroghe previste dal citato Testo Unico.
Un “nuovo” modello che non è altro che la copia di quello di Marchionne imposto alla Fiat, che prevede i lavoratori completamente a disposizione dell'azienda, sindacati collaborazionisti pena l'espulsione dalla fabbrica, diritti sindacali ridotti al lumicino, previdenza e sanità aziendali, supersfruttamento e turni massacranti, aumenti salariali solo a fronte di quelli produttivi.
Ci saremmo aspettati da parte della Fiom una chiara risposta di fronte all'arroganza di Federmeccanica. Niente di tutto questo. Il Comitato centrale della Fiom svoltosi l'8 e il 9 gennaio non ha giudicato irricevibile la proposta padronale, tanto meno ha dato avvio alla mobilitazione dei lavoratori per respingerlo com'era lecito aspettarsi. Il documento della segreteria ha ottenuto praticamente l'unanimità, 116 voti, mentre nessuno ne ha ricevuto quello di Bellavita (“il sindacato è un'altra cosa”), che riteneva “la proposta di Federmeccanica nel suo complesso irricevibile”. Nel documento votato si legge che il Comitato centrale ritiene il nodo salariale quello principale, perché la proposta organica padronale con i minimi garantiti escluderebbe la maggioranza dei lavoratori dagli aumenti.
Ma il giudizio complessivo “considera un primo risultato importante l'avvio di un tavolo unitario di negoziato fra i sindacati metalmeccanici e Federmeccanica per ricostruire un rinnovato contratto nazionale di lavoro”. Una posizione inaccettabile che lascia aperto il negoziato su queste basi e non chiede il ritiro della “proposta organica” e allo stesso tempo ribadisce la disponibilità della Fiom al “rinnovamento” del modello contrattuale voluto da Confindustria.
Il Comitato centrale guidato da Landini conferma l'abbandono da parte della Fiom di quel ruolo che si era conquistata sul campo, quale forza principale di opposizione al modello Marchionne prendendo anche decisioni diverse dal resto della Cgil, allineandosi alla segreteria generale e alla Camusso e di fatto capitolando di fronte alle nuove relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano messe in pratica per primo dall'amministratore delegato di FCA.
13 gennaio 2016