Attacco al diritto d'informazione
Un giornalista de “Il Fatto” indagato per aver svelato “i segreti del potere”
Marco Lillo, giornalista de “Il Fatto Quotidiano” è sotto inchiesta a Reggio Calabria da parte della Dia, per aver rivelato nella sua inchiesta giornalistica “I segreti del potere” pubblicata su “Il Fatto”', intercettazioni telefoniche segretate inerenti l'inchiesta “Breakfast” sui fondi della Lega Nord, portata avanti dalla procura reggina.
Il procuratore Federico Cafiero de Raho con i colleghi Calogero Gaetano Paci e Gerardo Dominijanni indagano su Lillo e su un pubblico ufficiale della procura non ancora identificato, per aver rivelato materiale segreto “al fine di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale”. Che consisterebbe – si legge nel provvedimento di perquisizione ai suoi danni effettuato a Roma da otto agenti della Dia – “nel fine di incrementare le vendite con la pubblicazione (…) di notizie riguardanti esponenti della politica e delle istituzioni”.
Palese l'attacco al diritto di cronaca da parte della procura, visto che stiamo parlando di fatti di interesse pubblico che riguardano in particolare fra gli altri l'ex segretario (ed ex ministro) della Lega nonché attuale presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.
Le intercettazioni pubblicate da “Il Fatto” riguardano episodi accaduti fra il 2012 e il 2014 quando l'allora segretario Maroni avrebbe trasferito ben 20 milioni di euro della Lega Nord dall'Unicredit all'istituto bancario altoatesino “Sparkasse” di Bolzano per sottrarli ai pignoramenti e alle richieste del fondatore ed ex segretario della Lega Umberto Bossi e ai suoi scagnozzi, fra i quali in particolare l'ex parlamentare Matteo Brigandì.
Maroni, emerge nelle telefonate, ha escogitato, insieme al suo legale Domenico Aiello, la creazione di un trust (sul modello della fondazione fatta da AN dopo lo scioglimento nel PDL), del quale pochissimi avrebbero dovuto essere a conoscenza,con tanto di creazione di una “bad company” piena di debiti in modo da lasciare il suo antico alleato Bossi a bocca asciutta.
Lo Sparkasse è sicuramente complice di Maroni, basti pensare che fu garantito un tasso d'interesse di quasi il 4% sulla somma a fronte dell'1,5% applicato solitamente per cifre simili.
Con l'elezione di Salvini a segretario poi i fondi sono stati spostati su un conto Banca Intesa, anche per effetto della legge 966-2012 che vieta ai partiti politici di investire i propri liquidi (attraverso Bond, fondi immobiliari, azioni e cosi via) utilizzando strumenti finanziari diversi dai titoli emessi dagli Stati dell'Ue imperialista.
Marco Lillo sempre nell'ambito dell'inchiesta “I segreti del potere” si era occupato dei retroscena del ricatto da parte di Berlusconi contro la Lega per costringere Maroni all'alleanza con lui nel 2013, dei maneggi tra la Lega e l'Impregilo nell'ambito della costruzione del ponte sullo Stretto delle richieste di voto ai leghisti da parte dell'allora presidente del Coni Malagò e altro ancora.
Di fronte allo spostamento di quattrini di un partito politico da una banca all'altra per ragioni economiche e di lotta politica interna, tanto più vomitevole se si considera poi che sono quattrini sottratti al popolo attraverso il finanziamento pubblico dei partiti (vera pappatoia per i politicanti borghesi alle spalle del popolo) i magistrati reggini inquisiscono Marco Lillo, “colpevole” solo di avere fatto il suo lavoro.
Questa vicenda è la prova provata che siamo in un regime neofascista, con tanto, fra le altre cose, della fine di qualsiasi separazione sia pure formale fra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, con l'assoggettamento della magistratura al governo e ai partiti del regime (come si fa a non vedere la “manina” della stessa Lega dietro la Dia?).
A Marco Lillo va la solidarietà della Redazione centrale de Il Bolscevico
e del PMLI.
20 gennaio 2016