Sulle divergenze religiose tra musulmani sunniti e sciiti
L'escalation dello scontro tra Arabia Saudita e Iran per l'egemonia regionale del Golfo Persico e dell'intero Medioriente è stato presentato da più parti come una guerra di religione, al momento solo diplomatica e economica. Lo stesso che l'occidente borghese e imperialista vuol far credere della guerra allo Stato islamico. Come è sempre successo la religione e le contraddizioni religiose sono un pretesto imperialista per portare dalla propria parte i popoli credenti e carpirne il consenso alle loro politiche egemoniche, locali o globali che siano. E' stato così per le crociate, le spedizioni guerresco-colonizzatrici dei feudatari europei occidentali nei paesi del Mediterraneo orientale contro gli “infedeli musulmani”, iniziate alla fine dell'XI secolo e proseguite fino alla fine del XIII secolo, è stato così per la “guerra dei trent'anni” (1618-1648), provocata principalmente dagli interessi dei principi tedeschi e della politica di potenza perseguita dagli Asburgo, in stretta unione con il papato e con le altre forze reazionarie d'Europa, giustificata dalla “difesa” dei “puri” cattolici contro gli “impuri” protestanti.
Anche oggi le contraddizioni religiose tra sunniti e sciiti riesplose prepotentemente in tutta l'area mediorientale accompagnano la lotta per l'egemonia scatenatasi nella Regione. Tutto sembra riassumersi allo scontro atavico sciiti contro sunniti che lacera il mondo islamico da 1400 anni, ma dietro le questioni teologiche c'è un'importante partita geopolitica che interessa gli equilibri globali, ed è giocata dall'Iran, alla fine del suo isolamento internazionale dopo quasi 40 anni, e dall'Arabia Saudita, ancora perno degli USA nella Regione e con un peso militare e politico accresciutosi pericolosamente.
Detto questo cerchiamo di fare chiarezza sulle contraddizioni religiose dell'islam. I musulmani si dividono in due principali rami: sunniti e sciiti. I sunniti costituiscono tra l'87 e il 90% della popolazione complessiva di musulmani nel mondo. Gli sciiti costituiscono il restante della popolazione musulmana, tra il 10 e il 13%. I membri delle due scuole di pensiero hanno coesistito per centinaia di anni, condividendo i principi fondamentali dell'Islam, definiti “i cinque pilastri”: Shahadatein, l'accettazione di un unico dio e di Maometto come suo ultimo profeta; Salah, le cinque preghiere quotidiane obbligatorie; Zakah, la donazione del 2,5% dello stipendio annuale ai poveri; Siam, il digiuno nel mese di ramadam; Hajj, il pellegrinaggio a La Mecca da fare almeno una volta nella vita, obbligatorio per tutti quelli che sono in grado di affrontarlo. Se per sunniti e sciiti questi principi sono pressoché identici le differenze riguardano i rituali, la legge, la teologia e il modo di organizzare la società.
L'islam è l'ultima religione monoteista abramitica, dopo l'ebraica e la cristiana, nata nel VII secolo. Nel 610, secondo la tradizione musulmana, durante il mese di ramadam, l'arcangelo Gabriele impone a Maometto la lettura della parola del Corano. Ma alla Mecca, la predicazione dell'islam monoteistico trovò dapprima pochi seguaci. I nobili, con a capo Abu Sufyan, temevano che questa dottrina comportasse la caduta del culto della Kaaba, poiché il possesso di questo tempio rafforzava l'influenza politica e i rapporti commerciali della Mecca con le tribù arabe. I seguaci della nuova religione venivano pertanto perseguitati, e ciò li costrinse a trasferirsi, insieme a Maometto, a Medina. Il 622, anno dell'Egira (emigrazione) diviene il primo anno del calendario islamico, ovvero il primo anno dell'era musulmana. E' a Medina che si instaura l'unione del potere politico e di quello religioso. Maometto assume il potere politico e in questo momento, per tradizione, nasce il primo Stato islamico, comunità sottomessa alla volontà di Allah. Nel 632 il profeta muore e la comunità si sfalda.
La divisione verte sulla caratteristica principale di chi dovrà guidare la comunità e gli interpreti saranno i futuri sunniti e sciiti. Il termine sunnita deriva dall'arabo Ahl al-Sunnah che significa “il popolo delle tradizioni (di Maometto)”, quello sciita dall'arabo Shi'atu Ali, ossia “sostenitori (politici) di Alì”, genero di Maometto. Per i sunniti la guida politica e spirituale della Umma (comunità) può essere qualunque musulmano di buona moralità, di dottrina e sano di corpo e di mente, per gli sciiti solo un discendente diretto di Maometto. Per i primi, dopo la morte del profeta, il nuovo leader della comunità musulmana doveva essere Abu Bakr, compagno di Maometto e importante studioso islamico, per i secondi califfo doveva essere eletto Ali ibn Abi Talib, genero del profeta, dal momento che Maometto non aveva figli maschi. La frattura sembrò ricomporsi quando dopo la morte di Abu Bakr e dei suoi primi due successori sempre sunniti, ad essere eletto califfo fu proprio Alì: ma dopo che questi fu assassinato, i suoi seguaci si rifiutarono di sottomettersi ai califfi seguenti, riconoscendo unicamente come guide i discendenti di Alì. Il punto di non ritorno fu l'uccisione del figlio di Alì, Hussein, da parte delle truppe califfali. Era il 680 e la frattura tra le due confessioni era ormai segnata.
Nell'islam sunnita il califfo è il leader dell'intera comunità musulmana mentre l'imam è semplicemente una figura religiosa che guida la preghiera in moschea, per gli sciiti l'unico in grado di reggere la guida della comunità è invece l'imam, garante spirituale e religioso. All'interno delle due correnti ci sono ulteriori divisioni. Il sunnismo si divide in hanafismo, la corrente più liberale e tollerante, malikismo che privilegia il rispetto dei modelli religiosi, sociali e giuridici emersi a Medina, sciafismo che pone le fonti del diritto in una precisa gerarchia, hanbalismo che si oppone a qualsiasi ingerenza della ragione umana nell'interpretazione delle fonti religiose. In riferimento a quest'ultima è sorto nel XVII secolo il wahhabismo (dal nome del suo iniziatore, al – Wahhab), una corrente radicale che predica la depurazione dell'islam da tutte le novità introdotte dopo la morte di Maometto, afferma l'obbligo di sottomissione a un unico leader musulmano, pena la morte, considera nemiche tutte le altre correnti islamiche, incluse le altre scuole sunnite.
Lo sciismo si suddivide invece in ismailismo che dà grande rilevanza agli elementi esoterici, duodecimanismo, dai dodici imam riconosciuti discendenti di Maometto, zaydismo caratterizzato da un carattere militante in campo politico, moderato in campo giurisprudenziale, che prescrive che il potere sarà legittimamente esercitato da chi sappia guidare i musulmani contro gli usurpatori e gli oppressori.
L'impatto della contrapposizione tra sunniti e sciiti in alcuni dei principali paesi islamici vede attualmente il governo dell'Arabia Saudita composto principalmente da sunniti e la stessa monarchia al potere appartiene al ramo sunnita. E' in costante competizione con l'Iran sciita, che teme potrebbe creare disordini all'interno delle comunità sciite che vivono nei paesi del Golfo. La maggioranza della popolazione del Bahrein è sciita. Tuttavia al potere vi è una monarchia sunnita. Ispirati dalla primavera araba nel 2011 gli sciiti hanno cominciato a manifestare per i loro diritti. Il governo del Bahrein e i suoi alleati, tra cui l'Arabia Saudita, hanno represso con violenza le proteste, uccidendo centinaia di civili.
In Iraq, dove si trovano la maggior parte dei luoghi sacri per i musulmani sciiti, per molto tempo la maggioranza sciita del paese è stata oppressa dal regime sunnita. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003, sono saliti al potere gli sciiti e hanno cominciato a prendere di mira la comunità sunnita, torturata e perseguitata con squadroni della morte. In risposta alla crescente violenza nei loro confronti i sunniti hanno organizzato diversi attacchi suicidi e attentati. La guerra civile ha rafforzato il gruppo antimperialista sunnita che darà vita allo Stato islamico.
Dopo la rivoluzione di Khomeini del 1979 che ha portato gli sciiti al potere, l'Iran ha finanziato e incoraggiato le rivolte sciite nella regione orientale dell'Arabia Saudita, ricca di riserve di petrolio. Il governo iraniano sostiene il governo alauita (un ramo sciita) di Assad in Siria, che fa da ponte con il Libano, permettendo di continuare a finanziare le attività del gruppo militante sciita degli Hezbollah. Il Libano è sempre stato abbastanza stabile, vista l'assenza di una netta maggioranza sciita o sunnita all'interno del paese. Il potere è distribuito ugualmente. Il presidente del governo libanese deve essere un cristiano, il primo ministro un sunnita e il portavoce del parlamento uno sciita. I conflitti si concentrano principalmente nel nord del paese, ai confini con la Siria, dove Hezbollah sostiene il governo di Assad.
Soltanto il 10-15% della popolazione musulmana del Pakistan è sciita e non ha alcuna influenza a livello politico. Per questo motivo gli sciiti del paese sono spesso vittime di discriminazioni e attentati principalmente condotti da due gruppi militanti sunniti alleati fra loro, Lashkar-e-Jhangui e i Tehreek-e-Taliban Pakistan. In Yemen, i ribelli houthi sono riusciti a costringere alle dimissioni il presidente Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale, e hanno così preso il controllo, nonostante la maggioranza di tribù sunnite nel sud del paese non li riconosca. Una coalizione di paesi arabi sotto la guida dell'Arabia Saudita sostiene l'ex presidente Hadi contro i ribelli houthi, che sono pro-Iran. Vaste parti del territorio dello Yemen sono inoltre sotto il controllo del gruppo sunnita Al Qaeda nella penisola araba che si contrappone sia agli houthi che al governo di Hadi, e che da anni è preso di mira dalla criminale campagna di droni americani all'interno del paese.
20 gennaio 2016