Consultazione degli iscritti alla Cgil
Votare No ai due quesiti sul nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori

 
La Cgil ha proposto un nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, ovvero una “Carta dei diritti universali del lavoro ed ha avviato una consultazione, che terminerà il 19 marzo, per chiedere il parere favorevole dei propri iscritti sia sul testo sia su eventuali referendum. Il documento è composto da 91 articoli, sui quali si pronuncerà la Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI. Già da adesso però si possono fare delle considerazioni generali. Lo scopo dichiarato è quello di estendere a tutti i diritti faticosamente conquistati nei decenni dal movimento operaio anche a quelle nuove tipologie di lavoratori createsi con la precarizzazione, la liberalizzazione, la deregolamentazione, la flessibilità e in parte ai lavoratori autonomi. In realtà si tratta di un adeguamento alle nuove forme di sfruttamento e alle “nuove” relazioni industriali di stampo mussoliniano, conosciute anche come “modello Marchionne”.
La prima parte del documento, quella dei principi, consiste in un lungo e generico elenco di diritti: al lavoro, a un compenso equo, alla libertà di espressione, al riposo ecc., ma sono privi di qualsiasi efficacia poiché le leggi permettono ai padroni di poterli facilmente aggirare. Appena si va nello specifico, come nel caso dei controlli a distanza, non si chiede di eliminare le norme introdotte dal Jobs Act, ma solo, al massimo, a mitigarle. Segue poi un intero capitolo dedicato all'attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione. Il primo è richiamato per chiedere a gran voce che le organizzazioni sindacali siano registrate, certificate e riconosciute come “democratiche” per essere ammesse alla contrattazione; una visione decisamente corporativa che va in direzione opposta alla libertà e all'autonomia dei sindacati rispetto allo Stato e al governo. Per legge si dà allo Stato la possibilità di ficcare il naso negli affari e nella vita interna dei sindacati.
Ben 12 articoli sono dedicati a definire puntigliosamente il ruolo delle RUS, le rappresentanze aziendali che dovrebbero sostituire le attuali RSU, una serie di regole fatte “su misura” di Cgil-Cisl-Uil. Invece occorre dare piena libertà alle lavoratrici e ai lavoratori di votare i propri rappresentanti nei luoghi di lavoro. Largo spazio anche alla definizione dei ruoli tra la contrattazione nazionale e quella di secondo livello. I contratti nazionali possono allontanarsi di molto da quanto stabilito nel nuovo Statuto e la contrattazione di secondo livello ha un maggiore spazio rispetto al passato. La stella polare che dovrà guidare i rapporti tra le parti sociali è il Testo Unico sulla rappresentanza. Quell'accordo a cui la Fiom prima si oppose, poi disse di si, in seguito tornò sui suoi passi e alla fine ha accettato. Noi marxisti-leninisti non abbiamo cambiato idea e continuiamo a denunciarlo come un patto neocorporativo che mira a sancire il monopolio di Cgil-Cisl-Uil a discapito di altre organizzazioni sindacali e a favorire la pace sociale, funzionale al capitalismo, un freno alla conflittualità e al diritto di sciopero, punito anche con misure disciplinari. Un paio di articoli sono dedicati alla “partecipazione”, anche finanziaria, dei lavoratori alle decisioni dell'azienda (art. 46 della Costituzione). Un modo per sottometterli alle esigenze padronali, spesso accompagnate da ricatti occupazionali ed economici. Un collaborazionismo che porta benefici solo ai capitalisti mentre i lavoratori e i loro rappresentanti perdono autonomia decisionale e d'azione.
Ampio spazio è dedicato ai rapporti di lavoro precari e alle nuove forme di lavoro subordinato. Nella sostanza si accettano tutte le controriforme del lavoro introdotte fin dagli anni '80: dal tempo determinato al part-time, dal lavoro occasionale alla privatizzazione delle agenzie per il collocamento. Dell'articolo 18 non si chiede la sua reintroduzione, come sembravano far intendere le dichiarazioni di alcuni esponenti della Cgil. Se ne inventa uno nuovo che alla fine però non realizza il reintegro come nel precedente Statuto. Non a caso il nuovo articolo 83 è lungo quasi quattro pagine e zeppo di decine di punti mentre l'articolo 18 era più chiaro, breve, efficace e non lasciava spazio al licenziamento, eseguibile solo per “giusta causa” e dopo pronunciamento del giudice.
L'altro quesito riguarda il consenso a indire dei referendum che sostengano il nuovo Statuto. Ma il sindacato guidato dalla Camusso ha specificato di non chiedere l'abrogazione del Jobs Act come era lecito aspettarsi, ma solo alcuni specifici punti. La Cgil non ha portato a fondo la lotta contro il Jobs Act e il governo Renzi e adesso chiede il consenso per dei referendum solo parziali dopo aver abbandonato subito la via maestra della mobilitazione nonostante la disponibilità alla lotta mostrata dai lavoratori negli scioperi di fine 2015; una posizione inaccettabile. Per tutti questi motivi il nostro no è netto, su entrambe le questioni, nuovo Statuto e referendum, invitiamo i militanti e i simpatizzanti del PMLI e tutti coloro che condividono la nostra posizione, se coinvolti nelle consultazioni, a votare NO a entrambi i quesiti.
 
 

27 gennaio 2016