Abolito di fatto lo spazio Schengen
Europa blindata contro i migranti
Frontiere ripristinate dalla Macedonia alla Scandinavia. La Svezia annuncia espulsioni di massa. La Danimarca confisca i beni ai profughi. Minacciata di espulsione la Grecia perché non respinge i barconi in Egeo

 
Il vertice europeo in programma il prossimo 18 febbraio ha tra i principali punti all'ordine del giorno l'esito del negoziato per la permanenza nell'Unione europea della Gran bretagna e il punto sull'attuazione delle decisioni in merito alla crisi migratoria e dei rifugiati. Un appuntamento al quale i 28 paesi della Ue arriveranno con una serie di soluzioni adottate ciascuno per conto proprio che di fatto aboliscono lo spazio Shengen, la libera circolazione delle persone, e presentano un Europa blindata contro profughi e soprattutto migranti.
Il 25 gennaio a Amsterdam il vertice dei ministri degli Interni dell'Ue ha discusso della proposta della Commissione di creare un corpo europeo di guardie di frontiera con cui controllare i flussi migratori, un controllo alle frontiere esterne. La soluzione sarebbe quella di blindare, o meglio cercare di blindare le frontiere esterne col contributo di tutti i paesi membri e non solo di quelli posizionati sul confine, Italia, Grecia e Spagna in primis. Se si chiudono le frontiere interne tutto il peso dell'accoglienza di profughi e rifugiati tra l'altro cadrebbe su di loro e ovviamente questi paesi sono contrari anche alla sola sospensione di Shengen.
Chi sta geograficamente dietro propone altre soluzioni come alcuni dei sei paesi dell'area Schengen che hanno attualmente in corso i controlli alle frontiere interne, dalla Francia che le ha chiuse in seguito agli attacchi di novembre a Danimarca, Germania, Austria, Norvegia e Svezia che hanno chiesto alla Commissione europea di avviare la procedura per il prolungamento di questi controlli. Lo rendeva noto il segretario di stato olandese Klaas Dijkhoff al termine del vertice che annunciava la richiesta di attivazione "dell'articolo 26 del codice Schengen", quello che prevede la concessione di proroghe di sei mesi ciascuna fino a un massimo di due anni. Tra l'altro a maggio scade il blocco alle frontiere attivato da Austria e Germania. Se non tengono le frontiere esterne si ripristinano quelle interne, o si cacciano dall'area Shengen i paesi di frontiera che non tengono i profughi in attesa dello svolgimento delle pratiche di identificazione e smistamento. Nel frattempo tornano le frontiere dalla Macedonia alla Scandinavia e la Grecia è minacciata di espulsione perché non respinge i barconi in Egeo.
Toccava al Commissario Ue per le Migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos, smentire la discussione sull'ipotesi della Grecia fuori da Schengen mentre il ministro spagnolo Fernandez-Diaz affermava che non c'è la volontà di isolare la Grecia, sarebbe oltre che "politicamente inaccettabile" anche "inapplicabile" dato che sarebbe di fatto irrealizzabile controllare le frontiere sulle oltre 400 isole della Grecia. "La sospensione di Schengen o l'esclusione di un Paese da Schengen sono due possibilità che non esistono", sosteneva la portavoce dell'esecutivo comunitario, Natasha Bertaud, che provava a chiudere la questione, almeno per il momento, in attesa del rapporto della Commissione sul funzionamento di Schengen nei diversi paesi dell'Unione. Secondo indiscrezioni sul documento sembra che la Grecia sarà bocciata e riceverà una serie di raccomandazioni con le misure da prendere per ripristinare il controllo delle frontiere; se la misura funzionerà entro tre mesi, l'allarme sarà cessato altrimenti diventa molto probabile la chiusura delle frontiere interne per due anni.
La Svezia non solo è tra i paesi che hanno ripristinato i controlli ma ha annunciato espulsioni di massa tra i profughi che hanno raggiunto il paese. Il ministro degli Interni svedese, Ygeman Anders, rendeva noto che il governo ha deciso di respingere 80 mila delle 163 mila domande di asilo ricevute e di voler avviare il programma di espulsioni tramite voli charter che potrebbe durare motli anni. Senza tenere di conto che in mancanza di accordi specifici con i paesi di provenienza dei profughi il rimpatrio è impossibile. La decisione del governo di Stoccolma ringalluzziva i gruppi nazisti e xenofobi che il 29 gennaio organizzavano la spedizione punitiva di oltre un centinaio di persone, vestite di nero e con un cappuccio sulla testa, nella stazione centrale della capitale picchiando gli immigrati e distribuendo volantini con minacce di “punizione” ai “bambini nordafricani“. Sotto lo sguardo complice della polizia.
In Danimarca, che nel 2015 ha ricevuto 21 mila richiedenti asilo, il governo di destra dopo aver chiuso le frontiere decideva di confiscare i beni ai profughi. Come facevano i nazisti con gli ebrei. Il Parlamento danese approvato il 26 gennaio con 81 voti favorevoli, 27 contrari e un astenuto tutte le proposte del governo, fra le quali quella della confisca di denaro e oggetti di valore oltre 1.300 euro "per contribuire alle spese di mantenimento e alloggio" e dell'estensione a tre anni del periodo necessario di poter procedere alla richiesta di riunificazioni familiari. Il via libera ai provvedimenti, che annunciati nel novembre scorso avevano sollevato diverse proteste anche nel paese, era venuto il 12 gennaio con l'intesa tra il Venstre, il partito liberale del primo ministro Lars Løkke Rasmussen, e i suoi partner di destra, il Partito popolare danese (df), l’Alleanza liberale e il Partito popolare conservatore, cui si erano vergognosamente accordati anche i socialdemocratici all’opposizione.
La pratica delle confische ai profughi è già impiegata in Svizzera e nei Laender tedeschi di Baviera e Baden-Württenberg, tanto che all'annuncio del governo danese la Commissione affermava che la confisca dei beni ai richiedenti asilo "è compatibile" con la normativa internazionale "solo se è proporzionata e necessaria".
Il leader dei laburisti olandesi Diederik Samsom, il cui partito è il principale della coalizione di governo, affermava che in futuro si può pensare a rimpatriare i richiedenti asilo non accolti con i traghetti e non nei paesi d’origine, mancando quasi sempre gli accordi bilaterali per i rimpatri, ma in Turchia, "non appena la situazione dell’accoglienza ai rifugiati sia migliorata in quel paese". Certo al momento, secondo Human Rights Watch la situazioni dei profughi in Turchia non è assolutamente accettabile sotto il profilo igienico e dell’accesso a servizi fondamentali quali la sanità e l’istruzione di bambini e adolescenti e l’Europa "ha solo deciso di esternalizzare il problema in cambio di denaro", i tre milioni di euro che arriveranno a Ankara.
Il regime di Erdogan potrà contare sui finanziamenti aggiuntivi della Ue ma nel frattempo non sta con le mani in mano; secondo un rapporto dell'organizzazione no profit Business and Human Rights Resource Centre (Bhrrc) le fabbriche turche di alcuni grandi marchi della moda internazionale sfruttano i bambini e i rifugiati siriani. Secondo l’organizzazione sarebbero centinaia di migliaia i rifugiati siriani che lavorano con stipendi inferiori al salario minimo consentito, soprattutto in fattorie e aziende agricole nelle aree più remote del paese. Esperti del Centre for Middle Eastern Strategic Studies (ORSAM) parlano di almeno 250 mila rifugiati siriani che stanno lavorando illegalmente in Turchia, ben il 10% circa dei 2,5 milioni di profughi censiti ufficialmente.

10 febbraio 2016