Per la magistratura le firme false non sono un problema
Il Consiglio di Stato non stacca la spina alla giunta Chiamparino
LE MASSE POPOLARI DEVONO DELEGITTIMARE LE CORROTTE ISTITUZIONI BORGHESI DISERTANDO LE URNE, ANNULLANDO LA SCHEDA O LASCIANDOLA IN BIANCO
Dal nostro corrispondente del Piemonte
Lo scorso 11 febbraio il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi sull’irregolarità delle elezioni regionali del Piemonte del 2014. La corte ha accolto le tesi del Tar regionale che, lo scorso luglio, aveva già escluso il ritorno al voto. Viene così confermata “la legittimità formale” delle votazioni e, di conseguenza, l’elezione di Chiamparino e della sua giunta che possono continuare a governare il Piemonte fino al 2019, scadenza naturale del mandato.
Firme false per l'elezione di Chiamparino
Lo scorso 10 luglio del 2014 l'ex consigliera provinciale leghista Borgarello aveva presentato richiesta di annullamento delle elezioni regionali in quanto le liste provinciali del PD di Torino e di Cuneo e la lista Chiamparino per il Piemonte presentavano gravi irregolarità. Ci siamo già occupati della questione ne Il Bolscevico
n. 13/2015, dove denunciavamo la vergognosa vicenda. In certi moduli le firme erano state palesemente apposte dalla stessa mano. Alcuni sottoscrittori figuravano con le loro firme in più moduli, lo stesso giorno ma in comuni diversi. I nominativi, e le rispettive firme, in diversi moduli erano stati presentati in perfetto ordine alfabetico e in alcuni casi con diversi doppioni. Un consigliere aveva autenticato un sottoscrittore ogni due minuti per un totale di 329 in appena mezza giornata.
Altre palesi stranezze riguardavano la residenza dei firmatari e il luogo in cui erano state autenticate le sottoscrizioni. Per fare un esempio le firme raccolte a Vaie e a Sant’Antonino, entrambe località della Val di Susa, erano state tutte autenticate a Torino. A fronte dell'esposto la giunta Chiamparino ha tentato di bloccarlo sul nascere contestando il fatto che era stato presentato fuori tempo massimo, fissato in 30 giorni dall'esito del voto. Respinto il contro-ricorso nella prima udienza, il 6 novembre 2014, il Tar ha acquisito gli atti processuali e vista la gravità di quanto emerso ha decretato l’avvio del procedimento. Il Tar del Piemonte nel corso del giudizio non ha potuto fare altro che constatare tutte le suddette irregolarità e ciò nonostante lo scorso 9 luglio respingeva il ricorso in quanto eliminando i moduli falsati (sic!) due delle tre liste incriminate avevano comunque un numero di firme “regolari” sufficienti. L'unica lista a rischio di annullamento – spurgata dai moduli falsificati non raggiunge il numero di firme necessarie – resta quella Pd della provincia di Torino.
Chiamparino canta vittoria e scarica i suoi tirapiedi
Lo scorso 9 febbraio è iniziata la causa al Consiglio di Stato ove era stato presentato appello contro la decisione del Tar. In tre giorni appena il tribunale ha sostanzialmente confermato la precedente sentenza. Pienamente legittime le due liste già “riabilitate” dal Tar con tutti i loro eletti, ancora da definire (con successivo giudizio) la legittimità della lista PD della provincia di Torino e con essa i suoi 8 consiglieri ivi eletti.
Il Consiglio di Stato ha tuttavia decretato che quand'anche essa fosse ritenuta nulla l'esito elettorale delle elezioni piemontesi non sarebbe in ogni caso in dubbio. “Se anche i voti raccolti dalla lista di cui si discute fossero reputati nulli, lo scarto differenziale tra il presidente eletto e il candidato Pichetto (candidato in Piemonte per il centro-destra) resterebbe comunque assai consistente a favore del primo. Togliendo i 371.929 voti della lista in discussione, il vantaggio di Chiamparino sul rivale passerebbe da 561.038 voti a 189.109”. In poche parole il Consiglio di Stato, il più importante tribunale amministrativo borghese, ha decretato che in Piemonte il “centro-sinistra” ha raccolto firme false e, di fatto, barato ma poiché il baro non è stato determinante per l'esito finale allora si può tranquillamente fare finta di niente! In aggiunta a ciò i magistrati del Consiglio di Stato hanno affermato che a prescindere da tutto il ricorso è stato presentato oltre i 30 giorni dall'esito del voto, fuori tempo massimo. “La sentenza odierna del Consiglio di Stato conferma la legittimità formale della mia candidatura”, ha chiosato senza ritegno alcuno il governatore Chiamparino: “la legittimità delle elezioni regionali del 2014 che mi hanno visto vincitore non è più in discussione. La legislatura durerà fino al 2019”. E la lista ancora contestata – il prossimo 17 febbraio riprenderà la sua causa civile – e i suoi 8 consiglieri eletti tra cui figurano il presidente del Consiglio regionale Mario Laus, il vicepresidente Nino Boeti e l’assessore al lavoro Gianna Pentenero? Nessun problema per Chiamparino! “Anche se gli otto consiglieri venissero dichiarati decaduti avrei comunque la maggioranza”. La questione è effettivamente chiusa? No, non lo è.
Sulla vicenda sta ancora indagando la procura che dovrà pronunciarsi sul rinvio a giudizio, in sede penale, dei funzionari del PD indagati per le firme false che, anche se considerate ininfluenti dalla giustizia amministrativa borghese, restano pur sempre un reato penale. Chiamparino, al pari di un qualsiasi capobanda, ha immediatamente scaricato i suoi scagnozzi colti con le mani nel sacco. “Un conto è la giustizia amministrativa che ha validato le elezioni, altro è la giustizia penale, le cui eventuali responsabilità sono individuali. Sono due procedimenti distinti”. Sia quel che sia ma la responsabilità delle loro azioni sarebbe solo loro. Chiamparino, un vero caporione borghese dalla faccia di bronzo, vuole insomma fare credere alle masse popolari piemontesi che lui e il suo partito ignoravano che le liste elettorali erano falsificate!
La farsa delle elezioni borghesi
Lo scorso 12 febbraio nove dei dieci funzionari del PD piemontese responsabili della falsificazione delle liste hanno chiesto di patteggiare – ammettendo di fatto l'illecito commesso – pene variabili tra i 6 e i 12 mesi. La scelta di optare per il patteggiamento non è certo casuale. Se accettato dalla procura torinese il patteggiamento darà ai funzionari del PD la certezza di non scontare nemmeno un giorno di carcere (una condanna fino a 6 mesi viene sempre trasformata in ammenda pecuniaria mentre nell'improbabile caso che la pena patteggiata ammonti al suo massimo, 1 anno, questa verrà commutata in libertà controllata) e, cosa non da poco alla luce della campagna elettorale in corso per le regionali del prossimo giugno, escluderà la possibilità di “risarcire” le parti civili. La macchina statale borghese sta insomma cercando in ogni modo di tutelare se stessa e, dopo avere “assolto” politicamente Chiamparino e la sua giunta, sta facendo in modo che la campagna elettorale proceda liscia come l'olio! Le masse popolari piemontesi non devono farsi ingannare. Il “caso Chiamparino” conferma la sostanziale equipollenza di classe tra “centro-destra” e “centro-sinistra” e che le elezioni borghesi sono solo una colossale farsa in cui le masse vengono prese in giro e truffate. Il prossimo giugno nei 149 comuni del Piemonte chiamati al voto – tra questi figurano anche Novara e Torino – il proletariato e le masse popolari devono delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco. Solo con il socialismo i 149 comuni interessati potranno essere governati dal popolo e al servizio del popolo!
17 febbraio 2016