Ai privati anche la gestione della rete ferroviaria
La privatizzazione della società Ferrovie dello Stato Italiane è "il modello più efficiente di valorizzazione della holding". Così il 12 gennaio il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in una doppia audizione alla Camera e al Senato ha spiegato la procedura che il governo intende seguire per attuare lo schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri varato il 23 novembre scorso dal nuovo duce Renzi per svendere ai privati il 40% dell'intera partecipazione detenuta dal Tesoro.
Il gruppo Fs, ha chiarito Padoan, consta di una società capogruppo, sotto la quale ci sono le undici società operative. Le due principali sono Trenitalia e Rfi, che si occupano rispettivamente della circolazione dei treni e della rete di binari. Quest'ultima, ha aggiunto Padoan, non andrà direttamente sul mercato ma sarà scorporata fra proprietà e gestione prima di arrivare alla quotazione in borsa.
“È possibile concepire una piena proprietà pubblica della rete e una gestione non pubblica?”, si è chiesto il ministro. “Sì, ci sono molti esempi in altri Paesi. E su questo posso anticipare una fortissima identità di vedute tra il ministro Delrio e me”.
In poche parole avremo una “rete ferroviaria pubblica”, con tutti i costi annessi e connessi, a cominciare dalla manutenzione che continueranno a gravare sulle spalle delle masse popolari, che però sarà gestita dai privati e che quindi incasseranno tutti i profitti. Non a caso il presidente dell'Autorità per i Trasporti Andrea Camanzi ha precisato che le tracce orarie e l'accesso alla rete saranno dunque gestiti da privati, mentre la proprietà dell'infrastruttura resterà in mani statali.
Il tempo necessario per completare l'operazione è fissato entro la fine di quest'anno. “Ci sarà una fase di preparazione - ha spiegato Padoan - prima del tuffo nell'acqua”. Dal successo dell'operazione dipende gran parte del programma di privatizzazioni 2016-2018 da cui il governo si aspette lo 0,5% del Pil all'anno di entrate. Tutto "dipenderà dall'ottenimento di risultati di gestione, in modo che il bene sia valorizzato al massimo - ha aggiunto Padoan – in quanto Fs rappresenta un'azienda strategica e un'infrastruttura chiave". Perciò “è utile il coinvolgimento nella quotazione di Fs di investitori internazionali italiani e stranieri”.
Un invito a nozze per i pescecani capitalisti che si stanno già mettendo in coda per condendersi i bocconi più appetibili a cominciare dalle "Frecce" ad alta velocità.
Il valore stimato dell’azienda è di 45 miliardi di euro. I conti dell’azienda, risanata sulla pelle dei pendolari del trasporto pubblico locale, bersagliati da continui aumenti delle tariffe, costretti a viaggiare in carri bestiame, freddi d'inverno, caldi d'estate e in perenne ritardo, ha permesso nel 2014 al gruppo Ferrovie dello Stato di realizzare quasi 8,4 miliardi di ricavi operativi (303 milioni il risultato netto) mentre nel primo semestre 2015 i ricavi hanno sfiorato i 4,2 miliardi di euro e l’utile è aumentato del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2014, raggiungendo i 292 milioni.
Un bel gruzzolo che il nuovo duce Renzi e i suoi tirapiedi Padoan e Del Rio non hanno nessuna intenzione di reinvestire per il potenziamento e il rilancio del trasporto pubblico ma lavorano alacremente per servirlo su un bel piatto d'argento ai privati.
17 febbraio 2016