Il presidente degli industriali siciliani e “paladino dell'antimafia” distribuiva preziosi regali ai potenti dell'Isola, tra cui il sindaco PD di Catania Bianco
Nel bunker di Montante trovati armi e uno sterminato archivio
Dal nostro corrispondente della Sicilia
Il vice presidente nazionale di Confindustria con delega alla legalità e presidente di quella siciliana, Antonello Montante, osannato dalla “sinistra” borghese come motore del “rinnovamento” antimafioso degli industriali, grande collettore di voti per l'elezione a governatore del suo compare Rosario Crocetta, PD, nonché accusato da almeno tre pentiti di essere vicino ad ambienti mafiosi e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, nascondeva in un bunker privato nella sua abitazione un imponente archivio di informazioni. Migliaia sono i documenti, le corrispondenze con personaggi noti nazionali e regionali della politica borghese, della magistratura e delle “forze dell'ordine”, trovati insieme a un vero e proprio arsenale, composto da un fucile, una carabina, due pistole con relative munizioni.
Nell'archivio cartaceo, Montante, “paladino dell’antimafia” di regime, proprio come un vero boss mafioso per ben due decenni ha conservato tutto, scannerizzando e memorizzando lettere, telegrammi, e-mail, sms. Inoltre, tra i documenti, rimangono le note dei regali e dei prestiti concessi e decine di fotografie con ministri, politici, vertici di tutte le “forze dell’ordine”, magistrati. Tra i documenti anche un raccoglitore con l’intestazione “Carabinieri, Polizia, Esercito, Finanza, Cicli Montante”, in cui si trovano gli elenchi di tutti i destinatari delle sue costosissime biciclette regalate a politici, tra cui l'altro campione dell'”antimafia” borghese, il sindaco di Catania Enzo Bianco, PD, a giornalisti, generali e colonnelli dell'esercito e dei Carabinieri, capi della polizia.
Un archivio che sarà prezioso per gli inquirenti per ricostruire i legami di Montante e certamente farà tremare più di politicante borghese. Fatto sta che tra i documenti c’è di tutto, tra cui un'email inviata il 2 marzo del 2015 al ministro degli Interni Angelino Alfano, NCD, con cui l'indagato può vantare forti legami politici, e una lettera a Renzi, PD, dell’8 aprile del 2015. Il legame con il governo del nuovo duce è molto forte, tant'è che dal 20 gennaio 2015, Renzi, proprio su indicazione del ministero dell'Interno, lo designava come componente dell'Agenzia dei beni confiscati alla mafia. Da lì, Montante poteva concorrere a decidere il destino di patrimoni per miliardi di euro. Con quali obbiettivi avrà fatto le sue scelte? Questo è lecito chiederselo e auspichiamo che la magistratura approfondisca la questione.
Perché, ci si potrebbe chiedere, Montante ha fatto ritrovare tutto questo materiale, nonostante potesse ben immaginare che avrebbe subito una perquisizione? Probabilmente perché più di un politicante borghese adesso sarà interessato a spendere il proprio impegno nel tentativo di insabbiare il caso ricorrendo a pesanti interventi com'era accaduto con Napolitano quando le più alte istituzioni borghesi lo e si protessero per non rimanere impigliati nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia.
Tra le pieghe di questa storia emerge certamente l'inconcludenza e la pericolosità di personaggi della politica borghese, come Crocetta, o dell'economia, come Montante, che per fare carriera hanno usato l'antimafia di facciata del regime renziano, osannata negli ambienti politici istituzionali, da “sinistra” a destra, in Confindustria e in tutte le associazioni di categoria.
Certo è che il rinvenimento dell'archivio di Montante ci mostra come sia vasta e diffusa la “zona grigia” di contiguità con le cosche, in cui si muovono insieme e a loro agio politicanti borghesi e antimafiosi della chiacchiera, pronti a farsi comprare con una bicicletta, finanzieri, padroni d'industria, colletti bianchi, affaristi.
E siamo di fronte all'ennesima conferma di quanto nel 2006 il PMLI denunciava: La testa della mafia “si trova nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e nelle istituzioni. Cioè dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l'economia capitalistica”. Le indagini chiariranno tante responsabilità. Ma è certo che, a un'analisi politica della vicenda, possiamo dire, senza allontanarci troppo dal vero che in Sicilia e in Italia negli ultimi anni la testa della mafia ha indossato in maniera spregiudicata anche la maschera dell'antimafia da operetta di Crocetta e il suo compare Montante.
24 febbraio 2016