Presa di posizione dell'Organizzazione biellese del PMLI
Contestiamo la valanga di bugie della mostra sulle foibe
L’Organizzazione biellese del Partito marxista-leninista italiano condanna la faziosa istituzione della mostra sulle foibe realizzata presso lo Spazio Cultura della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, sotto la supervisione del prof. Marcello Vaudano, e con la vergognosa collaborazione dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Associazione Libera.
La mostra è stata probabilmente allestita anche per omaggiare il sancta sanctorum
, ex sindaco di Biella, ex presidente della Fondazione, avv. Luigi Squillario, che già nel 1954 manifestava in prima persona per un nazionalistico ritorno della città di Trieste all’Italia.
È inaccettabile che Biella, città Medaglia d’Oro al valore della Resistenza, debba ospitare la demagogia e il populismo di chi, da destra come da “sinistra”, ha tutto l’interesse nel dare una visione artefatta della tragica storia della seconda guerra mondiale. A nostro avviso è solo attraverso il ricordo di tutta la narrazione delle tragedie del conflitto che si possono comprendere i fatti del cosiddetto ”esodo” degli italiani giuliano-dalmati.
Come prima cosa occorre chiarire che l’Istria e la Dalmazia non sono mai state terre italiane, abitate da italiani. È un fatto storico incontrovertibile che vennero assegnate all’Italia come bottino di guerra solo al termine del primo conflitto mondiale. Gli occupanti italiani si comportarono fin da subito come se fossero in una colonia. Case e terre espropriate, saccheggi, imposizione dell’italiano come unica lingua ufficiale e vere e proprie operazioni di pulizia etnica seguite da insediamenti di coloni italiani. Per gli slavi, cui queste terre appartenevano, le cose peggiorarono drasticamente con l’avvento del fascismo. Nel 1941 a seguito della loro aggressione militare alla Jugoslavia, i nazi-fascisti perpetrarono indicibili massacri. I responsabili non furono soltanto i nazisti ma anche le milizie fasciste (inevitabilmente percepite come italiane). Nelle zone della Jugoslavia occupate dall'esercito di Mussolini si ebbero infatti repressioni, stragi, incendi di villaggi e massicce deportazioni nei campi di concentramento dove vi furono decine di migliaia di morti per fame, malattie e violenze.
Per tutta la durata della guerra ai nazifascisti si contrapposero le gloriose bande partigiane jugoslave che combatterono per la libertà della propria terra e del proprio popolo. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 alle loro formazioni si unirono moltissimi italiani - civili ed ex-militari - che, accolti come fratelli d'arme, combatterono al loro fianco contro gli occupanti nazifascisti. È solo grazie alla loro eroica lotta di liberazione che, nell'aprile e nel maggio 1945, ben prima dell'arrivo delle truppe “alleate”, la costa dalmata, l'Istria e le città di Trieste e di Gorizia vennero liberate. L’occupazione nazifascista costò alla Jugoslavia un milione di morti, più altri 700 mila caduti nella lotta di liberazione.
È da questo tragico retroterra che scaturiscono vicende - peraltro con numeri assai più circoscritti di quanto la propaganda fascista e revisionista tenda a far credere - come quelle delle foibe' e degli "esuli'' istriani e giuliano-dalmati. I numeri parlano chiaro. Gli “infoibati” furono solo alcune centinaia. Si trattò prevalentemente di fascisti italiani, slavi collaborazionisti e criminali nazisti. Tutti furono, secondo il diritto internazionale di guerra, processati e giudicati colpevoli da tribunali militari composti dai partigiani slavi ed italiani e, per i loro crimini, passati per le armi e successivamente infoibati.
In Istria e in Dalmazia dopo più di ventisei anni di occupazione militare (dal 1919) e quattro di guerra (dal 1941) gli slavi poterono rientrare in possesso delle proprie terre e delle proprie case. Inevitabilmente gli italiani occupanti dovettero sloggiare. Con il Trattato di pace di Parigi del 1947 l’Italia dovette cedere (o meglio restituire) l’Istria e la Dalmazia alla Jugoslavia. Nessun italiano - fatto storico - venne espulso o costretto ad andarsene, furono tutte fughe volontarie. L'“esodo” riguardò prevalentemente elementi anticomunisti e collaboratori degli occupanti nazifascisti che fuggirono per sottrarsi vigliaccamente al giudizio delle loro vittime. Al tempo dei fatti in Italia le masse popolari erano perfettamente a conoscenza di cosa stava avvenendo e della “pasta” degli esuli. In molte città italiane si levarono le proteste operaie e sindacali contro l'accoglienza dei fuoriusciti da parte del governo italiano che, con operazione ben orchestrata per fomentare il revanscismo per la perdita dei territori orientali, finanziava e favoriva il loro arrivo. Memorabili furono i blocchi attuati dai lavoratori ferrovieri di Bologna e dai lavoratori portuali di Ancona e di Venezia.
Il circoscritto fenomeno delle foibe e il cosiddetto “esodo” vennero sapientemente pilotati in chiave anticomunista. Occorre tenere ben presente il contesto storico-politico del dopoguerra. Gli imperialisti occidentali avevano scatenato la "guerra fredda'' contro il socialismo. Il proletariato dei Paesi occidentali - in primis quello italiano - si era temprato nella lotta di liberazione dal nazifascismo e aveva le forze per spezzare le catene della schiavitù salariata. Pur di mantenere il potere economico e politico la classe dominante borghese era disposta a tutto, ivi inclusa la riabilitazione - per quanto possibile in quel momento storico - del fascismo. Molti fascisti e criminali di guerra vennero reclutati nei servizi segreti, in reparti para-militari (Gladio) e intruppati nel nuovo esercito italiano. Nessun criminale in fuga pagò per i propri crimini e né gli “alleati” né l’Italia repubblicana accettarono le richieste jugoslave di estradizione.
Sui crimini dell'esercito italiano in Jugoslavia è sempre stato mantenuto un segreto impenetrabile, protetto gelosamente negli archivi italiani e degli altri paesi della Nato. L’Italia non fece mai una vera autocritica sui crimini commessi nelle terre slave per più di un quarto di secolo. È grazie a questo colpevole silenzio sui misfatti nostrani in Jugoslavia che i fascisti hanno potuto imbastire nel tempo la loro infame campagna nazionalista, revanscista e sciovinista sulle foibe e sui "profughi'' dall'Istria e dalla Dalmazia. Essi si sono fatti - e si fanno tutt’ora - alfieri della "verità'' sulle "vittime delle foibe'' e sugli italiani "scacciati'' dalla Jugoslavia, ma si guardano bene dal solo accennare agli efferati crimini commessi dall'esercito di Mussolini in quelle terre.
L’Organizzazione biellese PMLI è fermamente intenzionata a far giungere la propria posizione chiarificatrice alle masse popolari biellesi e soprattutto alle studentesse e agli studenti plagiati da una stomachevole propaganda nazionalista e revisionista. Avvezzi allo studio della storia unicamente su faziosi libri revisionisti, quante studentesse e studenti delle nostre scuole medie e superiori conoscono anche solo una minima parte delle efferatezze commesse dai fascisti italiani in Istria, in Dalmazia o nella Slovenia occupate? Per quale motivo non viene spiegato loro che nelle foibe finirono nella quasi totalità dei casi dei criminali di guerra? Perché vengono loro mostrate delle immagini sbiadite (di per sé drammatiche) di profughi su una banchina in gelide giornate d'inverno senza spiegare che si trattava di semplici fuggiaschi messi, appunto, in fuga dai legittimi proprietari delle terre e delle case che, per un quarto di secolo, avevano impunemente occupato?
Per tutti questi motivi come Organizzazione biellese del PMLI effettueremo un volantinaggio davanti all’ingresso della mostra fotografica della Fondazione Cassa di Risparmio di via Garibaldi 17 a Biella.
Per il PMLI.Biella
Gabriele Urban
Biella, 17 febbraio 2016
Questa presa di posizione è stata rilanciata da “Il Biellese” e la “La Nuova Provincia”
24 febbraio 2016