Sentenza della Corte europea dei diritti umani
L'Italia condannata per il rapimento dell'imam Omar
Ritenuta “intollerabile” la grazia concessa da Napolitano e Mattarella ai tre agenti della Cia colpevoli del rapimento
C'è voluta una sentenza della Corte europea dei diritti umani, a cui si erano rivolti i legali di Abu Omar, per fare giustizia, almeno sul piano morale, sulla vicenda dell'Imam della moschea di Viale Jenner a Milano, rapito in strada il 17 febbraio 2003 da un commando di dieci agenti della Cia con la copertura dei servizi segreti italiani perché sospettato di collegamenti col terrorismo, e poi trasferito segretamente in un carcere egiziano dove venne anche sottoposto ad atroci torture. E c'è voluto questo intervento sovranazionale per condannare finalmente e senza ambiguità tutti gli innumerevoli e vergognosi tentativi messi in atto dalle istituzioni italiane per nascondere la verità, ostacolare l'inchiesta dei magistrati di Milano e salvare i responsabili di questo atto criminale: dal segreto di Stato opposto dai governi Berlusconi, Prodi, Monti e Letta per impedire a tutti i costi il processo al capo del Sismi Pollari, al rifiuto dei suddetti governi, ai quali si è aggiunto anche il governo Renzi, di chiedere alle autorità americane di estradare gli agenti Cia condannati in Italia; dalla sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato legittima l'opposizione del segreto di Stato, alla grazia concessa da Napolitano e da Mattarella per tre degli agenti Cia responsabili del rapimento.
La sentenza di 81 pagine della Corte di Strasburgo emessa il 23 febbraio condanna infatti severamente l'Italia per le ripetute violazioni della Convenzione europea dei diritti umani, commesse nei confronti di Abu Omar e della sua famiglia, e in particolare riguardo alla proibizione di trattamenti disumani e degradanti, il diritto alla libertà e alla sicurezza, il diritto a ricorrere alla giustizia e il diritto al rispetto della vita familiare. Per quest'ultima violazione la Corte condanna lo Stato italiano a risarcire l'ex imam con 70 mila euro e sua moglie con 15 mila euro per i “danni morali” subiti. La sentenza diventerà definitiva a maggio se lo Stato italiano non chiederà e non otterrà un riesame dalla Corte stessa.
Abuso di segreto di Stato
La sentenza punta anche il dito sull'operato dei governi e della presidenza della Repubblica, e in particolare per il ricorso al segreto di Stato, il cui principio pur legittimo “è stato chiaramente applicato dall'esecutivo italiano per assicurare che i responsabili non dovessero rispondere delle loro azioni”. E in questo quadro i giudici europei stigmatizzano anche il silenzio del Copasir (il Comitato interparlamentare di controllo sui servizi segreti), le sentenze della Consulta favorevoli all'opposizione del segreto e la grazia concessa dal Quirinale ai tre agenti Cia. Ricordando inoltre a queste istituzioni che “in materia di tortura e maltrattamenti da agenti dello Stato l'azione penale non può esaurirsi per effetto della prescrizione, e che l'amnistia e la grazia non devono essere tollerati in questi casi”. Per la Corte, quindi, solo la procura di Milano, guidata dai pm Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, ha agito in maniera esemplare in questa vicenda, facendo tutto il possibile per applicare la legge malgrado gli ostacoli frapposti dalle istituzioni.
“Nonostante gli sforzi degli inquirenti e giudici italiani, che hanno identificato le persone responsabili e assicurato la loro condanna, questa è rimasta lettera morta a causa del comportamento dell’esecutivo”, sottolinea la sentenza: grazie al segreto di Stato sono stati condannati solo gli agenti Cia, tutti del resto in contumacia perché riparati impunemente negli Usa e protetti da un accordo segreto di non estradizione sempre servilmente applicato da tutti i governi italiani. Uno di loro, il colonnello Joseph Romano (il capo della base di Aviano da dove l'imam fu trasferito in Egitto), fu addirittura graziato dal rinnegato Napolitano nell'aprile 2013. Altri due, il capocentro Cia di Milano Robert Seldon Lady e l'agente Betnie Medero, ricevettero la grazia da Mattarella come regalo di Natale per Obama lo scorso 23 dicembre. Nessuno di loro ha mai fatto un solo giorno di carcere e ora possono anche tornare in Italia da liberi spioni.
Cassazione contro Consulta
Tra gli imputati italiani sono stati condannati in via definitiva solo i due agenti del Sismi Pio Pompa e Luciano Seno, a 2 anni e 8 mesi per favoreggiamento, il carabiniere Luciano Pironi a un anno e 9 mesi per l’ammessa partecipazione al sequestro e il giornalista (poi parlamentare) Renato Farina, a 6 mesi, convertiti in 6.840 euro, per favoreggiamento. Persino la Corte di Cassazione, nelle motivazioni del proscioglimento degli altri imputati, volle precisare che esso era dovuto solo a “lealtà istituzionale” e non per convinzione, prendendo atto della “dirompente” e “lacerante” decisione della Consulta, che calando sul processo il “nero sipario” del segreto di Stato aveva “inaspettatamente” tracciato quell'“ampio perimetro” di impunità che oggi la Corte europea condanna severamente.
Commentando la sentenza l'avvocato dell'ex imam, Luca Bauccio, ha detto che essa conferma che “lo Stato ha agito in modo illegale e ha coperto reiteratamente le prove che erano state utilizzate per il processo e le sentenze di condanna”. Quanto alla grazia concessa dai due presidenti ai tre rapitori l'avvocato ha sottolineato che “l’Italia ha concesso la grazia a persone condannate con sentenza definitiva e che non hanno mai scontato un giorno di carcere, che non si sono mai pentite, né ravvedute. Uno schiaffo alla Costituzione”.
Giudizi condivisi anche dall'ex pm Pomarici, che nel ricordare gli ostacoli, le accuse di favoreggiamento del terrorismo e le vere e proprie intimidazioni ricevute insieme al collega Spataro, compresa la minaccia di un'azione disciplinare da parte dei giudici costituzionali irritati per le proteste alla loro prima sentenza, ha osservato: “E' un discorso ancora più amaro oggi, pretendiamo dal governo egiziano per la morte di Giulio Regeni quella chiarezza che invece non abbiamo avuto. Mi aspetterei che il governo, se vuole essere autorevole agli occhi di Al-Sisi, faccia luce ed elimini il segreto di Stato”. Ma ha poi aggiunto in tono amaro: “Se dovessi scommettere 10 euro direi che nulla sarà fatto”.
9 marzo 2016