Sequestrate dal Tribunale di Catania azioni per circa un miliardo e mezzo di euro
La Tecnis di Costanzo pagava Cosa Nostra
Il grande costruttore Costanzo, ex-assessore della prima giunta Bianco, era un sodale di Montante ed esponente di spicco dell'antimafia di facciata
Dal nostro corrispondente della Sicilia
E' il momento dello smascheramento di tanti filomafiosi che per anni hanno indossato i panni degli antimafiosi, ingrassandosi alle spalle dei lavoratori siciliani. E tra questi, il grande costruttore catanese Costanzo, che negli ultimi anni ha ricevuto onori istituzionali e conquistato titoli giornalistici troppo frettolosi come presunto paladino della legalità nella provincia etnea e addirittura partecipato alle serate in memoria del giornalista ucciso dalla mafia, Pippo Fava. Affascinato dall'antimafia da salotto di questo parolaio amico di Antonello Montante, nel 1993, l'attuale sindaco di Catania, Enzo Bianco, PD, lo nominava assessore nella sua prima giunta.
Il bel quadretto però mostra le prime evidenti crepe già ad ottobre del 2015, quando l'inchiesta sul giro di mazzette negli uffici Anas, condotta dalla Procura di Roma, porta Costanzo agli arresti domiciliari insieme a Concetto Bosco Lo Giudice, l'altro proprietario di Tecnis, l'azienda coinvolta nello scandalo: la più grande azienda edile del Mezzogiorno che fatturava 380 milioni con ben 1.500 dipendenti.
Il bel quadretto va in frantumi completamente in pochi mesi. E' da pochi giorni arrivata per la Tecnis l’accusa d’infiltrazione mafiosa e il tribunale di Catania ha stabilito il sequestro di un miliardo e mezzo di euro, corrispondenti al valore delle azioni delle tre società che compongono il gruppo Tecnis (Artemis spa, Cogip holding e Tecnis spa).
I Carabinieri indagano sulle relazioni del gruppo imprenditoriale e ne hanno documentato l’asservimento “alla cosca mafiosa di Catania, alla quale sono state garantite ingenti risorse economiche ed è stata consentita l’infiltrazione del redditizio settore degli appalti pubblici”.
A partire dagli anni '90 e fino al 2011 tutte le imprese Costanzo hanno pagato proprio quel pizzo contro il quale l'imprenditore era più volte intervenuto pubblicamente, addirittura denunciando alla magistratura una richiesta arrivata dalla 'ndrangheta in Calabria. Ci preme sottolinearlo, Costanzo, colmo dell'ipocrisia politica antipopolare, inizia a pagare il pizzo proprio in quegli anni in cui è assessore con il “centro-sinistra” nella giunta Bianco. Andrebbe chiarito da un punto di vista delle indagini se e come la sua presenza in giunta abbia favorito l'afflusso di denaro nelle mani della mafia. In ogni caso, ad una valutazione politica, è chiaro che Bianco, che aveva fatto dell'“antimafiosità” uno dei titoli imprescindibili per l'ingresso in giunta, è fallito a tal punto che i sostenitori diretti della mafia se li è messi in casa.
La Tecnis pagava anche al di fuori di Catania. Nel 2005 paga alla cosca di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, 5mila euro al mese per la protezione dei cantieri della galleria Scianina. Che l'ex-assessore avesse delle relazioni organiche con Cosa Nostra lo dimostra un fatto. Il boss barcellonese aveva chiesto all’azienda dei Costanzo 800mila euro di pizzo. Con l'ex-assessore si mettono d'accordo per la cifra di 5mila al mese durante un incontro in cui era presente e non certo per caso, ma invitato da qualcuno, anche il boss catanese Angelo Santapaola del clan dominante nel capolutogo etneo. Ci pare abbastanza ovvio che Costanzo lo avesse chiamato a svolgere una sorta di ruolo di protezione degli interessi dell'imprenditoria catanese in quell'incontro. Ma è certo che la magistratura potrà valutare meglio quali siano stati i legami di organicità tra Costanzo e i Santapaola.
Crollano così uno dopo l'altro questi “paladini” dell'imprenditoria antimafiosa. Il primo era stato Montante, indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso esterno a Cosa nostra. Poi era stata la volta del presidente della Camera di commercio di Palermo, Roberto Helg, preso mentre intascava una mazzetta da 100mila euro. Adesso è la volta della star imprenditoriale catanese, Costanzo.
Tra le pieghe di questa storia, emerge certamente come la testa della mafia si trovi proprio nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e nelle istituzioni e come sia vasta la “zona grigia” di contiguità tra i politicanti borghesi, gli imprenditori e le cosche, che oggi indossano la maschera dell'antimafia, ma agiscono esattamente come i filomafiosi aperti e dichiarati.
16 marzo 2016