Dibattito in parlamento sulla Libia
Gentiloni: L'intervento militare ci sarà su richiesta del governo libico
Napolitano: “Non generare l'illusione che non avremo mai, nel nostro futuro, la possibilità di intervenire con le nostre Forze armate”
Dopo le rivelazioni sulla concessione segreta della base di Sigonella ai voli dei droni armati americani, le dichiarazioni del capo del Pentagono e dell'ambasciatore Usa sul via libera alla guida italiana dell'intervento internazionale, le rivelazioni su un'imminente incursione di forze speciali italiane in Libia deciso direttamente da Renzi in base a un decreto speciale secretato, l'uccisione di due dei quattro tecnici rapiti lo scorso luglio, e chi più ne ha più ne metta, alla fine il governo si è deciso a rispondere alle sollecitazioni del parlamento affinché non si continuasse a fare e disfare piani di guerra senza neanche degnarsi di informarlo.
Perciò il 9 marzo il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, si è recato prima in Senato e poi alla Camera, mentre la ministra della Difesa Pinotti ha riferito davanti al Comitato parlamentare per i servizi segreti (Copasir). Ma solo per un'“informativa urgente”, senza votazione finale su una qualunque mozione, a conferma di quanto il parlamento sia ormai del tutto esautorato da ogni decisione importante, finanche quelle che possono gettare da un giorno all'altro il Paese in una guerra. Da notare che quattro giorni prima (“nel salotto di una soubrette”, come ha sottolineato ironicamente l'ex ministro della Difesa, Mario Mauro), Renzi aveva rassicurato il Paese che mai e poi mai l'Italia avrebbe fatto un intervento militare senza il consenso di un legittimo governo unitario libico sul quale si sta ancora trattando; mentre il giorno prima dell'audizione parlamentare, nel vertice con Hollande a Venezia, aveva sentenziato minacciosamente che “i libici devono sapere che il tempo a loro disposizione non è infinito”.
Tra queste due dichiarazioni del nuovo duce che si sbugiardano a vicenda, Gentiloni ( ex Movimento lavoratori per il socialismo e poi Pdup), si è destreggiato come una biscia, assicurando da una parte che “lavoriamo per rispondere ad eventuali richieste di sicurezza del governo libico, niente di più e niente di meno... e ovviamente lo faremo soltanto in seguito al via libera da parte del parlamento, come ha ricordato qualche giorno fa il presidente del Consiglio”. Mentre dall'altra ha rimesso sul tavolo l'ipotesi di interventi “mirati” di servizi segreti, forze speciali e quant'altro, da effettuarsi “quando necessario, su azioni circoscritte, su risposte proporzionate alla minaccia effettiva e concordate tra alleati”. E a questo proposito ha ricordato al parlamento un po' smemorato il voto del dicembre scorso con cui aveva concesso al presidente del Consiglio il potere di decidere direttamente tali tipi di intervento in caso di crisi internazionali e minacce alla sicurezza, con il solo obbligo di informare (a cose fatte, e col vincolo del segreto) il Copasir.
Confermato l'intervento a guida italiana
Dopodiché Gentiloni si è tolto l'elmetto da guerra per indossare di nuovo la feluca da diplomatico e recitare un finalino zuccheroso e rassicurante in cui ha rimproverato quanti agitando “la minaccia di Daesh” invocano interventi militari, perché “non sono la soluzione” e anzi “talvolta possono perfino aggravare il problema”: “Insomma, il governo non è sensibile al rullo di tamburi e non si farà influenzare da radiose giornate interventiste”, ha detto il ministro degli Esteri. Ma aggiungendo subito dopo, a scanso di equivoci, che “il governo difenderà il Paese dalla minaccia terroristica con le azioni proporzionate che saranno necessarie”, e “interverrà, se e quando possibile, per rispondere alle richieste di sicurezza di un governo legittimo e impegnato a riprendere gradualmente il controllo della sovranità”.
Ossia ha confermato in sostanza che Renzi si riserva di avvalersi della facoltà di ordinare personalmente e in qualunque momento raid delle forze speciali in Libia, e che comunque un intervento in forze a guida italiana ci sarà appena arriverà la richiesta di un governo fantoccio libico “unitario”.
Il “dibattito” che ne è seguito è stato di una inconsistenza assoluta, di passiva acquiescenza al sostegno alla linea “che deve combinare fermezza, prudenza e responsabilità” invocato da Gentiloni, e sottolineato ancor più dal capogruppo del PD Zanda, che ha chiesto a tutti “sostegno pieno e leale alle nostre forze armate e di sicurezza, senza distinzioni tra destra e sinistra, tra antichi partiti e nuovi movimenti”. Inviti, prontamente (e vergognosamente) accolti dal capogruppo di SEL-Sinistra italiana, De Cristofaro, che si è sdilinquito nel profondersi in untuosi riconoscimenti al governo Renzi per il suo atteggiamento “intelligentemente prudente”, e per non essersi “fatto travolgere da isterie belliche”. E nel sintetizzare tutte le richieste dell'“opposizione” della sinistra parlamentare al governo a “dire con massima chiarezza che l'intervento militare è certamente escluso, almeno in assenza di una richiesta di un governo unitario libico”, e comunque non al di fuori “dal quadro di una legittimazione internazionale delle Nazioni Unite”: il che non è altro che una ripetizione pappagallesca di quanto Gentiloni era venuto a dire alle Camere.
Proclami di guerra del rinnegato Napolitano
In questo clima soporifero e squallido la parte del primo attore, di colui che ha tirato le fila dell'intera recita, se l'è presa facilmente il rinnegato Napolitano, che nel suo lungo e puntiglioso intervento non si è peritato di atteggiarsi come se fosse ancora lui il capo dello Stato e il capo delle forze armate, dettando al governo e al parlamento l'agenda della politica internazionale e militare e impartendo lezioni su come bisogna condurre la guerra allo Stato islamico e stabilire le giuste procedure per l'intervento in Libia.
“Bisognerà concordare con gli alleati in che misura l'Italia debba farsi partecipe su tutti i fronti secondo le necessità del contrasto al fondamentalismo, al terrorismo e all'ISIS in Libia e altrove”, ha sottolineato il presidente della Repubblica “emerito”, precisando che per quanto riguarda il fronte libico la missione può prevedere anche “alcuni impieghi limitati di reparti speciali, oltre che di servizi di sicurezza, come si è largamente detto e scritto”, e concordando col premier quando dice che “non c'è un tempo infinito”, frase per lui “del tutto comprensibile anche se un po' criptica”.
Quanto alla cornice legale per l'intervento ha ricordato con sussiego all'assemblea che questa c'è già, anche senza scomodare l'articolo 52 della Costituzione citato da Gentiloni (“La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”, ndr): per la “copertura internazionale”, ha detto infatti, basta il Capitolo VII della Carta dell'ONU, che ammette “un intervento con forze di cielo, di terra e di mare, sotto il comando delle Nazioni Unite, per prevenire o reprimere violazioni e minacce alla pace e alla sicurezza internazionale”.
E infine si è levato pure la soddisfazione di bacchettare qualsivoglia scrupolo pacifista di quanti si attardassero ancora sull'articolo 11 della Costituzione, concludendo l'intervento con una sparata militarista e guerrafondaia degna della peggiore retorica patriottarda e fascista, proclamando che “generare l'illusione che non avremo mai, nel nostro futuro, la possibilità di interventi con le nostre forze armate, in un mondo che ribolle di conflitti, di tensioni e di gravissime minacce, sarebbe veramente ingannare l'opinione pubblica, sollecitare un pacifismo di vecchissimo stampo, che non ha ragion d'essere nel mondo d'oggi e anche nel mondo quale è uscito dalla seconda guerra mondiale”.
Il nuovo duce Renzi può continuare tranquillamente a imbastire i suoi piani di guerra: non sarà certo questo parlamento di servi, di opportunisti e di guerrafondai a mettergli i bastoni tra le ruote.
16 marzo 2016