Crollate le assunzioni stabili, alle stelle i voucher
Con il sistema degli assegni viene scavalcato il sistema contrattuale e favorito il lavoro nero

Una martellante campagna mediatica sta cercando di offrire un'immagine dell'Italia completamente falsata con l'intento di farci credere che il Paese sta uscendo dalla crisi e si appresta ad attraversare un periodo di crescita e sviluppo. Ci riferiamo in particolare alla situazione economica e occupazionale, gravata da 8 anni di devastante crisi economica del capitalismo globalizzato che ha colpito tutti i continenti. A livello europeo l'Italia è tra le nazioni dove si è registrato il maggior calo di potere d'acquisto tra i lavoratori dipendenti, saldo negativo del prodotto interno lordo (pil), occupazione in picchiata. Una situazione che ha avvicinato l'Italia alla Grecia, dove il crac economico finanziario è stato momentaneamente evitato solo grazie a una cura da cavallo che ha colpito e impoverito le masse popolari.
I mass-media di regime stanno continuamente diffondendo dati ottimistici: entusiastici commenti all'aumento del pil dello 0,8% registrato nel 2015, grande enfasi sopratutto sulla diminuzione della disoccupazione. Immancabili gli interventi del capo del governo attraverso twitter e facebook , rilanciati da tg e siti internet compiacenti. “Il boom del Jobs Act è impressionante. Nei due anni del nostro governo abbiamo raggiunto l’obiettivo di quasi mezzo milione di posti di lavoro stabili in più... con questo governo le tasse vanno giù, gli occupati vanno su”. Ha commentato attraverso la tastiera il nuovo duce Renzi, con la consueta faccia di bronzo che lo contraddistingue.
Non ci soffermiamo sulle tasse perché è sotto gli occhi di tutti come lavoratori, pensionati e autonomi siano sempre più torchiati. Intendiamo invece chiarire alcuni aspetti riguardo al presunto aumento dell'occupazione e al vero e proprio boom avuto dai voucher , ossia quel sistema di pagamento del dipendente che si colloca completamente al di fuori dei contratti nazionali di lavoro. Gli ultimi dati dell'Istat del mese di gennaio 2016 ci dicono che le assunzioni sono calate del 23% rispetto all’anno precedente (120 mila unità) e del 18% (94 mila unità) rispetto al gennaio 2014. Senza gli stessi sgravi contributivi garantiti dal governo Renzi sono crollati sopratutto i contratti a tempo indeterminato: secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, con meno 70 mila unità, pari a -39% rispetto a gennaio 2015. Rispetto al gennaio 2014 risultano 50 mila contratti in meno (-32%).
Si è perciò invertita quella tendenza all'aumento pressoché costante per tutto il 2015 che aveva portato a un saldo positivo di 563mila nuove assunzioni, senza tuttavia dimenticare che queste erano solo formalmente stabili poiché fatte con il Jobs Act che nei primi 3 anni permette il licenziamento anche senza giusta causa. Questo dato evidenzia come la nuova occupazione con il Jobs Act non è dovuta tanto alla libertà di licenziamento, pur importante per i padroni, ma ai fortissimi sgravi contributivi. Questi sono stati prorogati al 2016 sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato, o per meglio dire sui contratti a tutele crescenti, ma limitati al 40% fino a un tetto massimo di esonero pari a 3mila 250 euro, e valido per due anni (l’anno scorso era al 100% fino a 8mila 40 euro, e per tre anni). Questa diminuzione ha reso meno conveniente questo tipo di contratto e vista la connessione tra le due cose è prevedibile che quando cesserà la decontribuzione il saldo ancora positivo si azzererà del tutto.
Altri dati divulgati dall'Inps confermano l'effetto determinante dell’esonero contributivo triennale, introdotto dalla legge di stabilità 2015, sull’incremento dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Su 2,5 milioni di attivazioni, oltre 1,5 milioni, pari al 62% del totale, risultano beneficiarie degli sgravi. Dai dati dell'istituto di statistica possiamo dedurre che l’aumento dei contratti “stabili” a dicembre 2015, pari a 380 mila rapporti di lavoro – la maggior parte dei quali trasformazioni dei vecchi contratti già esistenti – è stato provocato da una “coda” degli incentivi del 2015. A conferma della tendenza abbiamo visto prima il boom, pari a 11 volte la media dei mesi precedenti (pari a 106 mila rapporti di lavoro), e poi il crollo attuale.
Di pari passo abbiamo assistito all'aumento vertiginoso dei voucher. Con questo termine inglese, che significa all'incirca assegno, buono, si definisce quel tipo di rapporto riservato ai lavori occasionali. Questi furono introdotti nel lontano 2003 attraverso la legge 30, la controriforma Biagi con cui il governo Berlusconi liberalizzò ulteriormente il mercato del lavoro già pesantemente aggredito attraverso il Pacchetto Treu del 1997 con in carica il governo Dini. Doveva essere un provvedimento marginale, riservato a un numero ristretto di persone, pensato, si diceva, per lavoretti di giardinaggio, pulizie domestiche, ripetizioni scolastiche, opere di volontariato e attività similari che solitamente non sono regolamentate. La sua introduzione fu presentata proprio come un provvedimento atto a contenere e fa far emergere il lavoro nero, modalità con la quale generalmente vengono svolte queste attività e che invece nella pratica si è dimostrato l'esatto contrario: la legalizzazione del lavoro irregolare.
Partiti in sordina sono esplosi, non a caso, nel 2008-2009, gli inizi della crisi. Negli stessi anni il Governo ne ampliò i comparti di utilizzo e i destinatari che potevano essere anche i percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito. Un'altra svolta fondamentale si è avuta con la controriforma Fornero del 2012 che sancì la definitiva liberalizzazione dello strumento, estendendone l’applicazione a tutti i settori, anche se introdusse alcune restrizioni: il valore nominale dei buoni (pari a 10 euro) venne ancorato alla retribuzione oraria e venne introdotto il limite di 2.000 euro quale reddito annuo percepibile dal lavoratore da ogni singolo committente. Infine non poteva mancare l'intervento peggiorativo del Jobs Act, che ha alzato il tetto massimo di reddito annuo percepibile da 5.000 a 7.000 euro e ha confermato l’impossibilità di accedere alle misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione, malattia e maternità proprio perché il voucher non è, appunto, un contratto di lavoro.
L'utilizzazione dei voucher , com'è facilmente intuibile, rappresenta una delle peggiori forme di sfruttamento del lavoro precario, dove il contratto di lavoro viene completamente scavalcato e messo da parte, e con esso tutti i diritti connessi. Il lavoratore viene pagato con 10 euro l'ora (7,50 al lavoratore, il resto all'Inps), una specie di reddito minimo senza alcuna contrattazione sindacale, dopodiché è alla completa mercé del padrone di turno che lo può utilizzare come meglio crede. Un rapporto di lavoro sempre in crescita che sfrutta sopratutto il lavoro giovanile, nel terziario e in particolar modo nel settore turistico e agricolo perché più vantaggioso dei contratti stagionali. I voucher sono molto usati nelle amministrazioni pubbliche: il Nord e la Toscana sono l'area con il maggiore volume di voucher acquistati, ma è il Centro-Sud a far registrare le variazioni più intense.
Oltre a evitare le norme contrattuali e al vantaggio economico l'altro aspetto che invoglia i padroni al suo utilizzo è quello di essere uno strumento molto adatto all'elusione ed evasione fiscale. Nell’attivare il voucher il datore di lavoro indica solo la data di inizio e fine dell’eventuale prestazione, ma non l’orario. Un lavoratore potrebbe farsi male la mattina e il datore di lavoro attivare il voucher , per stare a posto con la legge, solo successivamente. Oppure un committente può acquistare un certo numero di buoni e tenerli nel cassetto utilizzandoli solo quando teme o prevede dei controlli. Tutto questo spiega bene perché solo dal 2013 al 2015 la percentuale di utilizzo è cresciuta del 311% e nel 2015 oltre 1 miliardo di euro sono stati pagati ai lavoratori in voucher per un totale di 115 milioni di buoni e con un incremento rispetto all'anno scorso del 66%. I primi dati del 2016 confermano il trend: a gennaio +36% rispetto allo stesso mese del 2015.
La Cgil, come ha richiesto nella proposta della Carta dei Diritti universali del Lavoro, ne rivendica la regolamentazione attraverso la tracciabilità, noi marxisti-leninisti pensiamo invece che questa forma di lavoro nero legalizzato rappresentata dai voucher vada completamente abolita.
 

23 marzo 2016