Per le spese da sindaco e per quelle della Onlus
Marino inquisito
A metà ottobre 2015 l'allora sindaco dimissionario di “Mafia capitale”, Ignazio Marino, aveva assicurato di sentirsi “tranquillo” e di aver “chiarito tutto” ai Pubblici ministeri (Pm) di Roma che indagano sulla scandalosa vicenda delle cene private (spacciate per istituzionali) e quindi pagate con la carta di credito del Comune, ossia coi soldi rubati al popolo.
Invece, il 23 febbraio scorso, la Procura capitolina ha notificato all'ex neopodestà piddino un doppio avviso di chiusura indagine per peculato, falso e truffa inerenti non solo le false fatture dei ristoranti e relativi giustificativi ma anche per la scandalosa gestione della onlus “Imagine” che l'allora senatore PD Marino aveva fondato e presieduto sino alla sua elezione in Campidoglio.
Nel capo di imputazione, preludio di un ormai imminente rinvio a giudizio, il procuratore Pignatone, l'aggiunto Caporale ed il sostituto Felici contestano a Marino di essersi appropriato “ripetutamente della dotazione finanziaria dell'ente” utilizzando, tra il 2013 e il 2015, la carta di credito istituzionale per "acquistare servizi di ristorazione nell'interesse suo, dei suoi congiunti e di altre persone non identificate". All'incirca 13 mila euro per 56 cene "consumate presso ristoranti della capitale e anche di altre città (Genova, Firenze, Torino) ove si era recato, generalmente nei giorni festivi e prefestivi, con commensali di sua elezione, suoi congiunti e altre persone non identificate, comunque al di fuori della funzione di rappresentanza dell'ente".
Non solo: "al fine di occultare il reato" l'ex sindaco "impartiva disposizioni al personale addetto alla sua segreteria affinché formasse le dichiarazioni giustificative delle spese sostenute, inserendovi indicazioni non veridiche, tese ad accreditare la presunta natura istituzionale dell'evento ed apponendo in calce" la sua firma. In sostanza, Marino avrebbe indotto alcuni suoi collaboratori "non individuati a redigere atti pubblici attestanti fatti non veri e recanti la sua sottoscrizione apocrifa".
Per quanto riguarda invece la vicenda della onlus creata nel 2005 per fornire aiuti sanitari in Sudamerica e Africa, l'ex sindaco rischia il processo insieme ad altri tre imputati (Rosa Garofalo, Carlo Pignatelli e Federico Serra), per “aver predisposto, tra il 2012 ed il 2014, la certificazione di compensi riferiti a prestazioni fornite da collaboratori fittizi o soggetti inesistenti”. Un modus operandi che, secondo gli inquirenti, ha provocato un danno all'Inps di circa seimila euro per "l'omesso versamento degli oneri contributivi dovuti per le prestazioni lavorative in realtà svolte da uno degli indagati in favore della Onlus".
Insomma, una doppia tegola giudiziaria proprio mentre l’ex sindaco di “Mafia capitale”, nonostante le scandalose vicende in cui risulta pesantemente coinvolto, aspirerebbe ancora a candidarsi alle comunali.
23 marzo 2016