Per combattere lo Stato islamico
Quasi tutta l’opposizione parlamentare si stringe attorno al nuovo duce Renzi
Di Battista (M5S) elogia il premier finto pacifista
Il 24 marzo il presidente del Consiglio Renzi ha convocato un vertice a Palazzo Chigi con i capigruppo parlamentari di maggioranza e opposizione sugli attentati terroristici di Bruxelles. Erano presenti i ministri degli Esteri Gentiloni e dell’Interno Alfano, più il sottosegretario con delega ai servizi segreti, Marco Minniti. La motivazione ufficiale della convocazione era quella di informare le forze politiche sullo stato della sicurezza del Paese e sulle misure prese dal governo per rafforzarla, ma in realtà ben poco è trapelato sul contenuto del vertice, durato oltre due ore, e sul quale il governo ha chiesto ai partecipanti di fare “uno sforzo di riservatezza”.
Da quel che è stato fatto filtrare sui giornali la relazione del sottosegretario Minniti ha puntato il dito sulle falle nel sistema di sicurezza del Belgio, Paese che “sta all’Europa come la Tunisia sta al Nord Africa”, e dove “il livello di radicamento del terrorismo Jihadista a Molenbeek è come quello della ’ndrangheta a Platì in Calabria”. Questo per poi sottolineare che la situazione è ben diversa in Italia, dove secondo Alfano i controlli antiterrorismo funzionano in pieno, tanto che sono state eseguite finora “74 espulsioni per motivi di sicurezza, oltre a 200 mila perquisizioni”.
“Abbiamo messo in campo tutte le misure di sicurezza necessarie, anche se non risulta ad ora una minaccia specifica per l’Italia”, ha rassicurato da parte sua Renzi, aggiungendo che “occorre stringere sui meccanismi di intelligence fra i Paesi europei e non solo, valorizzare Europol, lavorare su una struttura condivisa”. Ma occorre anche, ha continuato rilanciando la sua ricetta demagogica buona per le imminenti elezioni amministrative, “mettere denari veri sulle aree urbane. Serve un gigantesco investimento in cultura, sulle periferie urbane, un investimento sociale. Continuo a pensare che l’aspetto educativo per sconfiggere minacce nate e cresciute in Europa sia fondamentale”.
Unità politica contro la “minaccia terroristica”
Ma è chiaro che lo scopo vero della convocazione, al di là di queste informazioni e rassicurazioni di rito, era quello di chiedere a tutte le forze politiche, di maggioranza e soprattutto di opposizione, di stringersi intorno al governo e al nuovo duce Renzi nella guerra allo Stato islamico, in uno spirito di unità nazionale patriottarda e interventista, e mettendo da parte a questo scopo, come ha sottolineato lo stesso Renzi, tutte le “divisioni politiche e partitiche”, per recuperare il “senso di comunità” necessario a far fronte alla “minaccia terroristica”.
E c’è da dire che l’operazione gli è in gran parte riuscita, perché esclusa l’estrema destra di Lega e Fratelli d’Italia, che hanno preferito marcare le distanze con il governo, soprattutto per quanto riguarda le ricette “ridicole” di Renzi sulle periferie e le politiche sull’immigrazione considerate troppo “tolleranti”, tutte le altre forze politiche hanno risposto positivamente all’appello di Renzi. A cominciare da Forza Italia, che per l’occasione ha rispolverato lo spirito del Nazareno, mai del resto veramente morto, con i suoi capigruppo al Senato Romani e alla Camera Brunetta, che hanno parlato rispettivamente di “confronto utile in un passaggio delicatissimo per l’Europa” e di “riunione costruttiva” da cui è emersa “da parte di tutti i presenti la necessaria volontà di coesione”.
Addirittura quasi senza riserve il giudizio positivo del rappresentante di SEL-SI alla Camera, Arturo Scotto, che uscendo dal vertice, come a fare scudo al premier dagli attacchi di Lega e FdI, ha dichiarato: “Colpendo Bruxelles hanno colpito un simbolo, vogliono mettere in discussione i nostri valori e la nostra libertà. Occorrono responsabilità e chiarezza. Va rilanciato un modello di dialogo e integrazione. Non è accettabile alcuna forma di sciacallaggio”: una posizione vergognosamente appiattita sulla narrazione imperialista sullo Stato islamico, che colpirebbe i paesi europei non per ritorsione militare, in quanto partecipi dell’aggressione imperialista ai popoli islamici, ma per puro odio religioso e fine a sé stesso verso i suoi “valori” e le sue “libertà”.
Operazione ricucitura dopo lo “strappo” sulla Libia
Esce riconfermata da questo vertice anche l’ambiguità, sempre più marcata negli ultimi tempi, del M5S sui temi della guerra e dell’immigrazione, che invece di attaccarlo ha chiesto a Renzi “di passare dalle parole ai fatti”, con “interventi seri e immediati”, tra cui la tipica richiesta razzista e xenofoba della Lega dell’aumento dei controlli alle frontiere. Addirittura, dopo il vertice, Alessandro Di Battista si è lasciato andare ad un elogio sperticato di Renzi in versione “pacifista”, in quanto secondo lui il nuovo duce starebbe mantenendo la promessa di non voler intervenire militarmente contro lo Stato islamico in Libia: “No a interventi armati e stop con gli errori del passato. Mi auguro che Renzi resista, sono settimane che lo fa nonostante le pressioni che arrivano dagli altri paesi e gliene do atto”, ha dichiarato infatti il vicepresidente della commissione Esteri della Camera.
Ma è proprio questo il punto: questa convocazione a Palazzo Chigi è stata voluta da Renzi espressamente per ricompattare le forze politiche attorno alla sua politica estera e alla preparazione dell’intervento militare a guida italiana in Libia contro lo Stato islamico, dopo le polemiche insorte ai primi di marzo in seguito alle rivelazioni su questi preparativi. Polemiche che lo avevano costretto a cambiare tattica con dichiarazioni rassicuranti e finto “pacifiste” e mandando il ministro Gentiloni in parlamento per ricucire con le opposizioni.
Da questo punto di vista gli attentati di Bruxelles gli sono tornati molto utili, come dimostra la riuscita del vertice di Palazzo Chigi. Del resto il nuovo Mussolini non ha affatto rinunciato ai suoi propositi interventisti e guerrafondai puntati sulla Libia e motivati con la guerra allo Stato islamico, come dimostra la sua dichiarazione ufficiale alla stampa sugli attentati di Bruxelles. Dichiarazione in cui non ha riproposto solo le sue tesi demagogiche sulla sicurezza da coniugare con la cultura, ma ha teso a rimarcare la necessità dell’uso della forza: “Non è il tempo degli sciacalli. Ma non è neanche il tempo delle colombe”, ha sottolineato infatti il nuovo duce, ribadendo la sua proposta di una difesa comune europea e di una collaborazione tra i servizi segreti europei.
“Da presidente del Consiglio so – ha poi aggiunto Renzi – che noi non gliela daremo vinta. So che la possibilità di reazione è un dovere. Lo dobbiamo innanzi tutto alle vittime di questo attacco. Alla loro memoria. Alle loro famiglie. Ma lo dobbiamo anche a noi stessi. A noi italiani”. Col che ha rimesso chiaramente sul tappeto la questione dell’intervento militare a guida italiana in Libia contro lo Stato islamico.
30 marzo 2016