Nasce il gruppo leader dell'informazione borghese italiana e tra i maggiori dell'UE
Il gruppo Espresso di De Benedetti si annette “La Stampa” di Elkann
La Fca esce da Rcs e dal “Corriere della sera”
Si rafforza la voce della “sinistra” borghese per inculcare alle masse la cultura e la politica del capitalismo
Un'operazione per dare vita, entro il primo trimestre del 2017, “al leader italiano dell'informazione quotidiana e digitale” e uno “dei principali protagonisti del settore in Europa, con 5,8 milioni di lettori, 2,5 milioni di utenti unici giornalieri, 750 milioni di ricavi, la più alta redditività del settore e senza debiti”: così è stata annunciata, in un comunicato congiunto del 2 marzo scorso, l'intesa per la fusione del gruppo Espresso-La Repubblica del magnate Carlo De Benedetti con la società Itedi, che controlla La Stampa
di Torino e Il Secolo XIX
di Genova, di proprietà della Fiat, oggi Fca (Fiat-Chrysler Automobile). Contemporaneamente la Fca presieduta da John Elkann ha annunciato l'uscita dal capitale azionario del gruppo Rcs che stampa il Corriere della Sera
, di cui oggi detiene la quota di maggioranza col 16,7%, secondo la nuova tendenza annunciata della casa del Lingotto di uscire dal settore editoriale per concentrarsi nel settore auto.
Il nuovo supergruppo editoriale La Repubblica-La Stampa
sarà così controllato per il 43% dalla Cir, la finanziaria di famiglia di De Benedetti. Mentre la Fca, oggi proprietaria del 77% della Itedi, avrà il 16% del capitale, e la famiglia Perrone (Secolo XIX
), che oggi detiene il 23% della Itedi, avrà il 5% della nuova società. A guidarla saranno il figlio di De Benedetti, Rodolfo, e come amministratore delegato Monica Mondardini, attuale ad del gruppo Espresso. “Coerentemente con la propria decisione di concentrarsi sulle attività automobilistiche”, il Lingotto ha annunciato che girerà le sue partecipazioni nel settore editoriale agli altri azionisti, secondo “un accordo con la Cir sulle rispettive partecipazioni”, in base al quale alla fine del giro la Exor, la cassaforte finanziaria della famiglia Agnelli, dovrebbe detenere solo il 5% del nuovo gruppo La Repubblica-La Stampa
. Ma il suo controllo rimarrà saldamente nelle mani delle tre famiglie – De Benedetti, Agnelli e Perrone, grazie a un patto di sindacato, che già viene dato per certo, visto che insieme detengono comunque la maggioranza assoluta delle quote. All'interno del quale è comunque il magnate della Cir a fare la parte del leone.
A rischio i livelli di occupazione
Si sprecano naturalmente le dichiarazioni di soddisfazione da parte dei contraenti, tutte tese a sottolineare il carattere progressivo dell'operazione, in termini di rafforzamento e di sinergie tra i due gruppi per affrontare le nuove “sfide” imposte dal mercato della carta stampata in rapida evoluzione, garantendo l'“autonomia” delle testate, la “pluralità dell'informazione” e via dicendo. Per De Benedetti l'accordo segna infatti “una svolta importante per il Gruppo Espresso che avvia oggi un nuovo percorso di sviluppo, garanzia di un solido futuro in un mercato difficile. La missione di questa casa è sempre stata l'editoria, al servizio di una crescita civile del Paese. Con questa operazione l'impegno viene riconfermato e accresciuto”. E in una lettera ai dipendenti della Itedi, Elkann ha scritto che con questa intesa “nasce un gruppo multimediale solido e integrato come Axsel Springer in Germania o News Corp negli Usa”, assicurando che “nelle testate non muterà il rispetto dei valori di integrità e di indipendenza”.
Tuttavia tali dichiarazioni trionfalistiche e rassicuranti non sono bastate a sedare del tutto l'inquietudine che l'intesa ha risvegliato tra i dipendenti dei due gruppi per il futuro dei livelli occupazionali, come traspare per esempio dal comunicato del Comitato di redazione de La Repubblica
, in cui si parla di “preoccupazioni legittime per eventuali ricadute sulle redazioni, considerate anche le sovrapposizioni geografiche di alcune realtà coinvolte”, e si preannuncia che il Cdr “seguirà con estrema attenzione tutti i passaggi che porteranno alla fusione delle due società editoriali. Con l'obiettivo di difendere tutte le specificità, le identità, il patrimonio di competenze giornalistiche”. Pur affermando di aver già ottenuto su questo “risposte positive da parte dell'azienda”.
Un settore non più strategico per Fca
Questa operazione finanziaria e industriale registra quindi l'uscita della Fiat dal settore dell'informazione borghese in Italia, di cui deteneva una quota importante da quasi un secolo con l'acquisto de La Stampa
nel 1920, e più recentemente con il controllo del Corriere della Sera
, e contemporaneamente l'incorporazione di tale quota nell'impero editoriale e informativo di De Benedetti, che grazie a ciò conquista la supremazia assoluta dell'informazione cartacea e digitale in Italia e un posto di prima fila a livello europeo. Affiancandosi all'altro impero editoriale recentemente formatosi nel campo dell'editoria libraria con l'incorporazione della Rizzoli nella Mondadori della famiglia Berlusconi.
Evidentemente per la Fiat-Fca, che ha ormai assunto una dimensione multinazionale col baricentro spostato dall'Italia agli Usa, questo settore non era più considerato strategico come lo era stato invece per gli Agnelli, che di esso avevano fatto una potente macchina di influenza dell'opinione pubblica e di formazione del consenso intorno agli interessi di famiglia. Finché le sue attività finanziarie e industriali erano confinate principalmente in Italia la sua politica era sempre stata quella di presidiare saldamente il settore dell'informazione, come dimostra l'acquisizione del controllo di Rcs approfittando dell'indebitamento e delle contraddizioni interne al suo azionariato. Ma oggi, con la sua proiezione internazionale, non ne ha più bisogno, anche perché c'è il governo Renzi a fare asse con Marchionne e a difendere a spada tratta i suoi interessi. Senza contare l'ormai totale omologazione dell'informazione borghese a quel governo, e questo proprio grazie allo spostamento di Repubblica sul renzismo, che prima della caduta di Berlusconi poteva ancora rappresentare un concorrente al polo La Stampa-Corriere della Sera
, ma oggi di certo non più.
Affinità e legami di vecchia data
D'altra parte le affinità e i legami tra La Stampa
e La Repubblica
non datano certo da oggi: l'ex direttore di entrambi i quotidiani, Ezio Mauro, a celebrare le fauste nozze con un apposito editoriale, ha evidenziato, almeno a partire dal dopoguerra, le comuni radici politiche di matrice liberale e azionista, rappresentate per il quotidiano torinese dalla direzione ventennale di Giulio De Benedetti, e per quello romano da Scalfari, già fondatore de L'Espresso
e tra l'altro genero dello stesso De Benedetti. Come anche i comuni legami di sangue tra le due famiglie proprietarie, dato che il primo editore del gruppo Espresso, Carlo Caracciolo, era cognato di Gianni Agnelli. Il recente passaggio poi del renzianissimo Calabresi dalla direzione della Stampa
a quella di Repubblica
al posto di Mauro, dopo aver fatto il suo apprendistato come editorialista nello stesso quotidiano romano, rimarca non solo la simbiosi storica tra le due testate della grande borghesia liberale, ma sta a suggellare il netto riposizionamento del giornale di De Benedetti e Scalfari dal vecchio PD di Prodi, Veltroni e Bersani, al nuovo PD “vincente” e arrembante del nuovo duce Renzi: oggi guarda caso il miglior amico e alleato dello squalo capitalista Marchionne.
E così oggi il cerchio si chiude. Con l'accordo tra le due famiglie capitaliste degli Agnelli e De Benedetti e la fusione tra le loro due testate ammiraglie si rafforza la voce della “sinistra” borghese, per sostenere meglio il governo del nuovo duce Renzi e le sue “riforme” neofasciste, antioperaie e piduiste, e per inculcare ancor meglio nelle masse la cultura e la politica del capitalismo. Con l'uscita di Fca dal Corriere della Sera
, che riapre la crisi finanziaria e la contesa tra i soci di questa testata per il suo controllo, restano sul campo solo due poli a spartirsi il monopolio dell'informazione cartacea: quello della destra borghese di Berlusconi con Il Giornale
e Mondadori-Rizzoli e quello della “sinistra” borghese del nuovo gruppo Espresso-Repubblica-Stampa
di De Benedetti.
Alla giornalista de “Il Fatto quotidiano” che gli faceva notare la diversa reazione all'operazione Mondadori-Rizzoli rispetto a questa di Stampa-Repubblica
, l'ex direttore del Corriere della Sera
, Ferruccio De Bortoli, ha così risposto: “Si tratta di due concentrazioni editoriali con uguali motivazioni economiche. Per una sono state espresse preoccupazioni, anche sull’omologazione culturale e i rischi che questa comporta. Per me, ex amministratore delegato di Rcs Libri, quella vendita è stata un dolore. Una sconfitta. Nell’altro caso c’è stato più che altro silenzio, anche da parte della nostra categoria. L’avesse fatta Berlusconi, avremmo avuto manifestazioni in piazza, lo sciopero delle firme, i post-it, gli appelli”.
Appunto: non è questa la dimostrazione più lampante che questa operazione rivela il definitivo compattamento della “sinistra” borghese, in tutte le sue componenti di matrice liberale, azionista, socialista ed ex revisionista, sul regime neofascista e piduista e sul nuovo Mussolini, Matteo Renzi?
30 marzo 2016