Ennesimo terremoto politico-giudiziario in Calabria
L'ex sottosegretario Principe (PD) al servizio della 'ndrangheta
La direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, coordinata dai procuratori Pierpaolo Bruni e Vincenzo Luberti, indaga su di un perverso e ultradecennale intreccio tra politica e 'ndrangheta che ha il suo fulcro nell'amministrazione comunale di Rende (Cosenza).
Tra i reati contestati c'è voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, affidamento di locali pubblici comunali a esponenti di spicco appartenenti alle cosche.
L'inchiesta, che riguarda la 'ndrina di Cosenza “Lanzino-Rua” e i suoi rapporti con la politica rendese e cosentina, ha portato all'arresto di dieci persone, quattro ai domiciliari, fra i quali: Giuseppe Gagliardi ex consigliere regionale, Umberto Bernaudo, ex sindaco di Rende, Pietro Ruffolo, ex consigliere provinciale, Rosario Mirabelli, ex consigliere regionale, un passato nella DC, quindi in AN (fu sodale dell'ex governatore, il fascista mal-ripulito e condannato Scopelliti), candidato nel 2014, senza risultare eletto, nel listino bloccato del governatore PD Mario Oliverio e Sandro Principe detto “il raìs” di Rende, ex sindaco della città, fu deputato per il PSI, sottosegretario nei governi Amato e Ciampi e capogruppo del PD in consiglio regionale fino al 2014.
Sandro Principe è il figlio di Francesco “cecchino” Principe, capostipite di una dinastia politica socialista calabrese.
Cecchino fu il primo presidente di “sinistra” della regione Calabria e fu proprio nella sua ombra che mosse i primi passi l'attuale governatore Oliverio, che gli fece da assessore regionale negli anni '80 in quota al PCI revisionista.
Secondo gli inquirenti, in sostanza, con l'appoggio di Principe e dei suoi sodali, la 'ndrina Lanzino in cambio di voti, lautamente pagati (si parla di almeno 100mila euro per ogni campagna elettorale) faceva il bello e il cattivo tempo a Rende e dintorni, accaparrandosi appalti, fiumi di denaro pubblico e assunzioni.
Addirittura il boss Ettore Lanzino figura fra gli assunti, nonostante le condanne, in una cooperativa creata ad hoc dagli amministratori pubblici per gestire l'area mercatale di Rende.
I voti della 'ndrina venivano usati regolarmente per le campagne elettorali e perfino per le primarie del PD e sono dunque parte integrante anche della “vittoria” di Mario Oliverio (eletto il 23 novembre 2014 con il voto di poco più di 2 calabresi su 10) alle scorse regionali.
L'imbarazzo del PD e di tutto il “centro-sinistra” calabrese è enorme, tanto più se si considera che questi vecchi arnesi che tanto male hanno fatto e continuano a fare al popolo calabrese si sono da tempo convertiti al renzismo per rimanere a galla, con la creazione alla regione e alle prossime amministrative del partito unico della nazione fascista che arriva fino all'Ncd dei fratelli Gentile.
La qual cosa dimostra che il nuovo duce Renzi, anche in Calabria, è l'espressione dei settori economici, politici e criminali più putridi e schifosi della classe dominante borghese nazionale e locale.
Il “sistema Rende” era da tempo cosa nota e risaputa, tanto che nel 2012 furono inviati i commissari prefettizi, ma il ministro Alfano al termine del procedimento con un decreto dichiarò “l'insussistenza dei presupposti per lo scioglimento dell'amministrazione per infiltrazioni mafiose”.
Alcuni parlamentari del PD di allora e di oggi fra i quali Alfredo D'Attorre (oggi in Si), Enza Bruno Bossio (moglie di Nicola Adamo), Ernesto Magorno, renzianissimo segretario regionale del PD, in una nota congiunta firmata anche dalla presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi dichiararono: “A Rende non c'è nessuna infiltrazione criminale, ora i rendesi potranno tornare a votare con la certezza che la mafia non è mai entrata in comune. Avevamo ragione noi del PD che abbiamo sempre sostenuto la tradizione democratica di Rende, modello ultradecennale di buon governo in Calabria”.
E infatti, si vede!
Mario Oliverio dimettiti, sei la vergogna della Calabria!
30 marzo 2016