Arrestato per furto Malerba, capogruppo M5S di Alessandria
Il 9 marzo il capogruppo del Movimento 5 Stelle nel Consiglio comunale di Alessandria, Angelo Malerba, candidato a sindaco nel 2012, è stato arrestato per furto.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, che lo tenevano sotto osservazione da alcuni mesi, il falso moralizzatore pentastellato è stato pizzicato in flagranza di reato all’uscita della palestra alessandrina che frequenta con in tasca il denaro appena rubato dall'armadietto di un cliente che frequenta lo stesso centro sportivo.
“È una notizia che ci lascia esterrefatti, una vicenda incredibile – ha commentato Domenico Di Filippo consigliere comunale di Alessandria del Movimento 5 Stelle - Se confermato non capiamo davvero le ragioni di un simile comportamento... Malerba è sempre stato un ottimo capogruppo – ha aggiunto ancora Di Filippo - Al di là del lato umano, che ci addolora profondamente, questa vicenda è del tutto personale e non è legata al movimento".
Malerba è stato immediatamente espulso dal Movimento e la notizia è stata pubblicata sulla pagina Facebook dei 5 stelle in cui fra l'altro si legge: “In attesa di maggiori sviluppi il consigliere Angelo Malerba è espulso dal M5S e se ne chiedono le immediate dimissioni. Siamo umanamente addolorati ma il M5S è questo. Da noi anche chi ruba in un armadietto di una palestra va a casa. Pensate se tutti si comportassero come noi. L’onestà tornerà di moda”.
Un'ammissione di responsabilità e un assist perfetto per il PD che con alla testa la sindaca di Alessandria, Maria Rita Rossa, attacca: "E' un episodio che mi sconcerta. Il consigliere Malerba più volte si è erto a moralizzatore, compreso nelle indagini ispettive condotte da esponenti dell'opposizione, anche a mio carico, addirittura spulciando gli scontrini senza peraltro trovarvi nulla e, spesso, con violenza nei toni... L'onestà – ha chiosato ancora la sindaca - è comunque un requisito che deve regolare il rapporto tra le persone dentro e fuori la politica. E a chi dice che la politica non c'entra con quanto accaduto, rispondo domandandomi che cosa sarebbe capitato con l'uso di soldi pubblici se avesse avuto maggiori responsabilità amministrative".
Insomma: dai consiglieri regionali del Piemonte e dell'Emelia, coinvolti nelle rispettive rimborsopoli, al consigliere comunale di Vicenza indagato per bancarotta fraudolenta; dall'arresto del candidato alle comunali a Bassano del Grappa per rapina aggravata, sequestro di persona ed estorsione fino alle vicende più recenti di Quartu e Bagheria; le cronache giudiziarie confermano che ormai anche il M5S che doveva essere il partito della legalità e della trasparenza non appena ha messo piede dentro le istituzioni parlamentari borghesi corrotte e irriformabili è finito nel pantano della corruzione e di mafiopoli. Esattamente come l'ex PCI revisionista ora trasformato nel PD di Renzi, che allora si vantava di essere il partito dalle “mani pulite” e ora è finito per diventare il partito dei tangentisti, dei corrotti e dei mafiosi.
Emblematico in tal senso è quanto accaduto lo scorso 21 gennaio, in occasione del rinnovo di diverse nomine nelle commissioni del Senato. Alla presidenza della commissione Trasporti e Infrastrutture è stato confermato il fascista Altero Matteoli, ex ministro di Forza Italia rinviato a giudizio per corruzione per la questione del Mose di Venezia, che ha battuto il candidato della maggioranza. A favore di Matteoli ha votato anche il M5S, “perché è stato un bravo presidente ed è stato garante della maggioranza e dell’opposizione. Ha fatto bene il suo lavoro. Non c’è nessun motivo politico”. Si pensi che appena un anno fa gli stessi senatori del M5S avevano votato in giunta per le elezioni e le immunità a favore dell’autorizzazione a procedere contro Matteoli, sempre nell’ambito dell’inchiesta sul Mose.
30 marzo 2016