Una vecchia idea fascista e piduista
La Boschi apre all'elezione diretta del presidente della Repubblica
Deve dimettersi per aver accreditato il padre come “persona per bene”, invece è indagato per bancarotta fraudolenta
“L'elezione diretta del capo dello Stato può essere presa in considerazione”, ma naturalmente “bisogna modificare anche il ruolo e le funzioni del presidente”. Con queste parole pronunciate con disinvoltura ad un convegno alla facoltà di Economia dell'università La Sapienza, la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi ha fatto cadere un altro tabù della “sinistra” borghese, rispolverando e sposando un vecchio cavallo di battaglia della destra fascista e piduista: quella repubblica presidenziale che era stata in partenza l'idea del fascista Almirante e dei golpisti Pacciardi, De Lorenzo, Borghese e Sogno, e poi assurta a disegno centrale del “piano di rinascita democratica” e dello schema R” della loggia P2 di Gelli. Un disegno realizzato passo passo nei decenni successivi prima da Craxi, poi da Berlusconi, e infine oggi dal nuovo duce Renzi, che lo sta completando con la controriforma istituzionale e costituzionale che porta proprio il nome della sua fedelissima ministra.
E così il cerchio si chiude: gli eredi rinnegati, liberali e democristiani del PC revisionista, contro il quale fu ideata e portata avanti la strategia golpista, presidenzialista e piduista, oggi sono diventati proprio quelli che la stanno realizzando in prima persona, con la legge elettorale ultramaggioritaria e fascista Italicum, l'abolizione del Senato e del bicameralismo, pilastro della Costituzione del 1948, e il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, secondo l'idea del “premierato forte” che è una versione surrettizia del presidenzialismo. E ora già annunciano senza pudori quale sarà il passo successivo e definitivo: l'elezione diretta del presidente della Repubblica, con il conferimento dei relativi poteri presidenziali, secondo il modello francese del quale, con l'italicum, è già stata anticipata la legge elettorale a doppio turno con ballottaggio.
Fischiata dagli studenti de La Sapienza
Quella della Boschi non è un'uscita involontaria e buttata lì senza riflettere, bensì svela semplicemente quello che è il disegno complessivo e l'obiettivo finale del processo di controriforme piduiste messo in moto dal nuovo duce e dalla sua banda. Intanto serve a preparare l'opinione pubblica e a sondare le sue reazioni, così come è stato fatto ad esempio per l'abolizione dell'articolo 18 che ha liberalizzato i licenziamenti. La Boschi ha fatto questo annuncio durante la lezione tenuta il 21 marzo nell'aula magna intitolata ad Ezio Tarantelli ad una platea selezionata degli studenti di economia della Sapienza sul tema “Portando l'Italia nel futuro: la riforma istituzionale”, in cui ha potuto magnificare praticamente senza contraddittorio la controriforma che prende il suo nome. Come hanno denunciato infatti gli studenti del Coordinamento Link, per poter accedere all'incontro era necessario registrarsi in anticipo di alcuni giorni, consegnare un proprio documento di identità e farsi perquisire abiti e zaini. Per poterle porre domande, inoltre, era necessario inviare una mail con i testi delle domande che dovevano passare un vaglio preventivo per essere ammesse.
Anche per questa procedura repressiva e discriminatoria, oltre che per il contenuto stesso della sua “lezione”, mentre parlava la ministra è stata contestata e fischiata da un gruppo di studentesse e di studenti del Coordinamento Link Sapienza riuniti fuori dall'aula, con uno striscione che riportava la scritta “La democrazia non chiede il permesso! No alla censura, No alla riforma costituzionale”. “Non ci stupisce questa gestione perché l'idea di università sottesa all'organizzazione di questa iniziativa dimostra lo stesso autoritarismo che ha questo governo nella riforma delle istituzioni”, ha dichiarato una portavoce del Coordinamento. “Un parlamento – ha aggiunto – eletto con una legge incostituzionale trasforma le due camere per piegarne le funzioni alle esigenze del mercato, riducendo la rappresentanza politica e aumentando i poteri dell'esecutivo che nomina così le più alte cariche dello Stato. Oggi abbiamo rivendicato il fatto che la democrazia non chiede il permesso, ci stiamo mobilitando perché ad ottobre voteremo NO al referendum sulla Costituzione e aboliremo questa vergognosa legge”.
La cosa ancor più vergognosa è che la ministra è andata a tenere la sua concione piduista a La Sapienza il giorno dopo la notizia che suo padre, Pier Luigi Boschi, è stato indagato per bancarotta fraudolenta dalla procura di Arezzo, insieme a tutti i componenti degli ultimi due Consigli di amministrazione di Banca Etruria. Sono almeno una decina i procedimenti aperti per individuare i responsabili che hanno portato al fallimento per 3 miliardi della banca aretina, di cui il padre della Boschi è stato vicepresidente. Il più importante dei quali riguarda maxi prestiti a società di amici e parenti dei dirigenti, concessi senza garanzie o garanzie insufficienti e mai rientrati, in molti casi senza neanche prendersi la briga di reclamarne la restituzione.
Riproposta la mozione di sfiducia alla ministra
Eppure, nonostante che suo padre risulti ora indagato per bancarotta fraudolenta, la Boschi, che pure aveva rifiutato di dare le dimissioni quando fu discussa la mozione alla Camera, sostenendo a spada tratta che suo padre era una “persona perbene” ed estraneo al crac dell'Etruria, continua tutt'ora a fare orecchie da mercante e a respingere ogni richiesta di dimissioni, e il PD renziano a fare quadrato intorno a lei: “Io non lascio, l'ho già detto in parlamento, rispondo solo di quel che ho fatto, delle riforme, dell'attuazione del programma”, ha risposto con la consueta arroganza la ministra all'iniziativa del M5S, che ha riproposto la mozione di sfiducia contro di lei per conflitto di interessi già depositata ma mai discussa al Senato. “La mozione non ha senso e comunque se la faranno la respingeremo”, ha aggiunto il vicesegretario del PD, Guerini.
É scandaloso poi il modo con cui la nuova Rai renziana è riuscita ad occultare completamente la notizia dell'indagine a carico del padre della Boschi, così come della ripresentazione della richiesta di dimissioni della ministra. Maria Elena Boschi si deve dimettere, subito: non è tollerabile che la figlia di un bancarottiere, sospettato di avere legami con la P2 tramite il faccendiere Carboni e il pluricondannato Verdini, possa ancora vantarsi impunemente di aver contribuito a riscrivere la Costituzione, come ha fatto davanti agli studenti de La Sapienza proclamando che “ci sono voluti settant'anni per riformarla ma questa può essere la volta buona”.
6 aprile 2016