Con la partecipazione dell'Italia
Nasce a Londra la superborsa europea a guida tedesca
I mercati finanziari europei si uniscono per fronteggiare quelli americani e cinesi
Il 16 marzo le due più importanti piazze finanziarie del vecchio continente, la Borsa di Francoforte e la Borsa di Londra, hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per la loro fusione in un'unica superborsa europea. La Deutsche Boerse (DB) e il London Stock Exchange (LSE) hanno deciso infatti, con un reciproco scambio azionario, di dare vita ad un unico colosso borsistico che avrà sede legale a Londra e manterrà i due quartier generali di Londra e Francoforte, e nel quale i tedeschi avranno il 54,4% del capitale e i britannici il restante 45,6%. Presidente della nuova holding sarà l'attuale presidente di LSE, Donald Brydon, mentre l'amministratore delegato sarà l'attuale ad della Borsa di Francoforte, Carsten Kengeter.
L'accordo deve passare il vaglio delle autorità antitrust europee, ma si stima che potrà diventare operativo nel corso dell'anno, o al più tardi entro il primo trimestre 2017. Lo scopo ufficiale della fusione è quello di realizzare cospicue economie di esercizio, stimate a regime in quasi mezzo miliardi di euro l'anno, ma è chiaro che l'ambizione è quella di acquisire una statura in grado di competere direttamente con le Borse americane e asiatiche: in primis il gruppo CME, ossia la Borsa di Chicago, la prima al mondo nel mercato dei future e delle opzioni, l'Intercontinental Exchange (il gruppo che gestisce il New York Stock Exchange, cioè Wall Street), e le Borse asiatiche: quella di Tokyo e le Borse cinesi, Hong Kong, Shanghai e Shenzen.
Con circa 26 miliardi di euro di valore e più di 5 mila miliardi gestiti in rappresentanza di 3200 aziende, le due società messe insieme formeranno infatti uno dei mercati più grandi del mondo. In particolare nel campo dei derivati, che era già un loro comune punto di forza, e dove ora si propongono di rivaleggiare ad armi pari con New York e Hong Kong, come da separate non potevano sperare di fare. Ma l'operazione va anche oltre le due sole Borse tedesca e britannica, e coinvolge l'intero sistema finanziario europeo. Va tenuto presente, infatti, che l'accordo coinvolge già direttamente anche la Borsa di Milano, essendo quest'ultima stata acquisita da quella di Londra nel 2007. Inoltre, come ha sottolineato l'ad di Deutsche Boerse, Kengeter, uno dei principali obiettivi della fusione è quello di dar vita ad un importante network che colleghi non solo Londra e Francoforte, ma anche Milano, Parigi e Lussemburgo, al fine di “rafforzare il mercato europeo dei capitali”.
Anche l'attuale ad di LSE, Xaviet Rolet, che ad accordo realizzato dovrà cedere il posto nella nuova holding al suddetto Kengeter, nel sottolineare che la sua gestione, anche con l'acquisizione della Borsa di Milano, è stata all'insegna dell'espansione e del consolidamento, ha dichiarato che “il consolidamento continuerà anche in futuro, perché stiamo andando verso un framework globale di regolamentazione e ci sarà spazio solo per poche infrastrutture. Toccherà al mio successore misurarsi con Asia e America... non bisogna dimenticarsi che il trading in equity in Europa vale circa 40 miliardi di dollari al giorno, in Usa 300, in Cina 600”.
In altre parole dietro questa operazione formalmente tra due società private come tante altre c'è in realtà la superpotenza imperialista europea, che seppure sempre più divisa al suo interno a livello politico e geografico, cerca invece di unirsi e rafforzarsi a livello economico e finanziario per non essere schiacciata tra i giganti imperialisti americano e cinese e competere anzi con loro per conquistare nuovi spazi nel mercato globale. Anche perché, col referendum del 23 giugno, la Gran Bretagna potrebbe decidere l'uscita dalla UE, e questo accordo mira chiaramente a scongiurare gli effetti potenzialmente devastanti sul mercato finanziario europeo che una simile decisione politica potrebbe provocare.
Non a caso sia Londra che Francoforte hanno tenuto a rassicurare che la fusione andrà avanti indipendentemente dall'esito del referendum sulla Brexit. Insomma, mentre i governi europei si mostrano sempre più paralizzati dai veti incrociati e dai rispettivi interessi di bottega, i grandi centri finanziari ed economici capitalistici non hanno invece difficoltà a mettersi d'accordo ed unirsi quando si tratta di rafforzare i comuni interessi e la superpotenza europea che li rappresenta e li porta avanti nel sistema capitalista mondializzato.
Non manca tuttavia chi è fortemente contrario e si oppone a questa fusione. Innanzi tutto gli americani, con Wall Street e Chicago che da tempo avevano delle mire sulla LSE, e che pur non avendo rilanciato sull'offerta tedesca, potrebbero aspettare un'eventuale Brexit, approfittando delle oggettive difficoltà che provocherebbe alla realizzazione dell'accordo, per inserirsi nella partita e farlo fallire. Ma soprattutto ci sono forti resistenze alla superborsa europea da parte inglese, e in particolare da parte delle forze economiche e politiche favorevoli alla Brexit. A guidare l'offensiva è il Daily Mail
, il quotidiano londinese tra i più euroscettici, che definisce una “follia finanziaria” cedere ai tedeschi la Borsa di Londra, “sopravvissuta alla guerra contro Napoleone e alle bombe di Hitler” e uno dei “tre pilastri della City”, insieme alla Banca d'Inghilterra e alle assicurazioni Lloyds. “E' inconcepibile che il nostro governo non sia intervenuto per bloccare l'acquisizione di un bene strategico per il nostro paese come la Borsa di Londra da parte di quella di Francoforte. La Germania sarebbe certamente intervenuta, se qualcuno provasse a comprare la Bmw”, ha rincarato l'ex direttore della Camera di commercio di Londra, John Longworth.
Simili resistenze nazionaliste fanno leva anche sul fatto che la fusione non è proprio “alla pari” come è stata definita, visto che la maggioranza azionaria e la direzione operativa della superborsa europea sono a leggero vantaggio tedesco. Del resto Francoforte ci aveva provato almeno altre due volte negli ultimi 15 anni ad acquisire il London Stock Exchange, e in questo senso si può vedere la fusione come un'acquisizione della Borsa di Londra da parte dei tedeschi.
In ogni caso questo aspetto, che ha a che vedere più con l'orgoglio nazionale che con le reali implicazioni economiche, ci sembra secondario rispetto alle finalità e alla posta in gioco dell'operazione. Che sono, rispettivamente, la concentrazione capitalistica dei grandi centri finanziari europei, che avanza anche al di là delle vecchie barriere nazionali, per quanto oggi possano sembrare tornare in auge; e la sopravvivenza nell'arena del capitalismo globale, dove l'unica legge che vale, oggi più che mai, è quella del più forte.
6 aprile 2016