24 mila esodati senza stipendio e senza pensione
Sono almeno 24 mila gli esodati creati dalla legge Fornero del 2011 rimasti ancora senza stipendio e senza pensione, perché esclusi dal settimo e ultimo intervento di salvaguardia inserito nella legge di Stabilità 2016. E questo secondo dati dell'Inps e del ministero del Lavoro, perché secondo la Rete nazionale dei Comitati dei lavoratori esodati, che sta cercando di effettuare un censimento di tutti gli interessati, potrebbero essere anche di più.
La Rete lo ha denunciato con forza in un appello del 14 marzo scorso rivolto al premier Renzi, in cui si premette che questo è solo l'ultimo di una lunga serie di appelli che gli sono stati fatti in due anni di governo, con la richiesta di un incontro per trovare una soluzione definitiva all'annoso problema dei lavoratori esodati, costretti a restare fino a 7 anni senza reddito e senza pensione, senza però aver mai ricevuto una risposta.
L'appello ricorda infatti a Renzi l'intervista alla trasmissione “Che tempo che fa” nella quale assicurava che per i 49.500 esodati certificati dal ministero del Lavoro al parlamento si sarebbe provveduto a sanare il dramma con la settima salvaguardia nella legge di Stabilità 2016. “Dichiarazioni - accusano i Comitati - alle quali non sono seguiti dei fatti: ad oggi, di quei 49.500, oltre 24.000 lavoratori esodati restano ancora non salvaguardati, nonché esclusi da ogni possibilità di deroga; con una specifica norma di legge si è istituito e finanziato (anche con le risorse non utilizzate delle 6 precedenti norme di deroga) il 'Fondo esodati' le cui somme avrebbero dovuto essere usate esclusivamente per nuovi provvedimenti a favore degli esodati. Ad oggi però le risorse del fondo istituito con la legge 228/2012 sono state distratte per il finanziamento della 'no tax area', per interventi infrastrutturali per il Giubileo, per interventi sulle aree ex-Expo e per finanziare in parte il provvedimento di ripristino delle norme che regolano la cosiddetta 'opzione donna'”.
In sostanza, denuncia l'appello, “sia la sesta che la settima salvaguardia sono state finanziate con i risparmi dei precedenti provvedimenti di deroga”, e il governo “ha consentito però che il Fondo a loro specificamente destinato venisse usato come un bancomat”.
Pertanto i lavoratori esodati chiedono che il Fondo sia immediatamente reintegrato degli stanziamenti stornati e che il governo disponga un ottavo provvedimento di salvaguardia per tutti i 24-30 mila lavoratori esodati, esclusi dalla settima e ultima salvaguardia inserita nella legge di Stabilità, che con le vecchie regole avrebbero maturato il diritto di andare in pensione entro il 2018.
Per il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, il governo potrebbe inserire il provvedimento di ottava e ultima salvaguardia nel Documento di economia e finanza da presentare entro aprile. Per la sua copertura, secondo i Comitati degli esodati, basterebbero 2 miliardi, che ci sarebbero già stati se non fossero stati scippati da Renzi per finanziare altri capitoli di spesa elettoralmente più remunerativi per lui.
Ma per il nuovo duce quello degli esodati è un capitolo ormai chiuso, e da questo orecchio non ci vuole assolutamente sentire. Non ci saranno più altri provvedimenti di salvaguardia. Infatti la sola ipotesi che viene ventilata in ambienti del PD è quella di affrontare la questione all'interno della cosiddetta “riforma della flessibilità in uscita” delle pensioni. Come dire campa cavallo, un modo furbesco per prendere tempo, senza rompere definitivamente con gli esodati, visto che tra poco si vota, ma senza nemmeno prendere impegni precisi: lasciando cioè che sia il tempo e la rassegnazione a risolvere il problema degli esodati rimasti beffati.
Una tattica cinica che i disoccupati esodati non devono lasciar passare impunemente, ma devono far fallire continuando con la tenacia e la mobilitazione di cui sono capaci, come dimostra anche la combattiva partecipazione alla manifestazione dei pensionati del 2 aprile a Roma, senza allentare la pressione sul governo del nuovo duce Renzi e sul PD e pretendendo dai vertici dei sindacati il massimo della tutela e dell'appoggio, finché anche l'ultimo di loro non sia stato pienamente salvaguardato.
6 aprile 2016