Con un emendamento “chirurgico” sul progetto di legge
Renzi ed il PD affossano definitivamente il referendum sull’acqua
Traditi 27 milioni di elettori che votarono il referendum nel 2011

 
A metà marzo, in Commissione Ambiente della Camera, è stato approvato un emendamento a firma Enrico Borghi, che ha abrogato l’articolo 6 del progetto di legge sull’acqua, e con esso l’obbligo della gestione pubblica dei servizi idrici. L’articolo 6, in rispetto ai risultati del voto del 2011 di 27 milioni di italiani pari al 95% dei votanti che dissero Sì, definiva il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e ne disponeva l’affidamento esclusivo a enti pubblici, vietando l’acquisizione di quote azionarie a società private di gestione. L’intento di tale articolo era anche quello di definire regole uniformi per tutto il territorio nazionale. Ora, abrogato l’obbligo, si riaprono le porte (in realtà mai chiuse) ai privati che gestiscono già il sevizio idrico in molte città del nostro paese, poiché, di fatto, cancellando l’articolo 6 si elimina l’obbligo che l’acqua, la sua gestione e le infrastrutture idriche siano pubbliche. Praticamente come se il referendum del 2011 non ci fosse mai stato.
E’ interessante sottolineare che l’emendamento, approvato dalla maggioranza senza l’appoggio di M5S e Si-Sel che per protesta hanno lasciato l'aula, è passato nonostante il parere negativo del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) secondo il quale la formulazione attuale non è sufficiente per rispettare gli attuali principi di concorrenza. Naturalmente, visto che la critica è puramente formale, sarà un gioco da ragazzi rivedere la formulazione ed aggiustare il testo che diventerà dunque presto conforme anche al parere del MiSE.
Con una faccia tosta da mozzare il fiato, il Pd si difende, affermando che la legge, così come è passata in Commissione Ambiente, conferma la proprietà pubblica dell’acqua e “prevede invece che i privati possano partecipare alla gestione dei servizi idrici, rendendoli più efficienti e meno costosi, tema mai toccato dal referendum del 2011”. Un paradosso nei fatti, dal momento che ovunque la gestione privata dei servizi idrici, ha portato al crollo dell’occupazione nel settore, precarizzazione dei contratti, riduzione degli investimenti pari al -19% nell’ultimo decennio di gestioni attraverso SpA, riduzione della qualità del servizio e, dulcis in fundo, l’esponenziale aumento delle tariffe.
Il governo oggi vuole privatizzare l’acqua, ma nel 2011 tra i 27 milioni di votanti c’erano anche i piddini e lo stesso Renzi, allora sindaco di Firenze, che aveva annunciato il suo sì al referendum per la gestione pubblica del sistema idrico. “L’obiettivo di votanti contrari ed astenuti”, aveva commentato subito dopo il risultato, “adesso deve essere quello di accettare il risultato e non cercare di fare come in passato i giochini per far finta di nulla”. Addirittura Renzi si era spinto fino a proporre che il Comune di Firenze “riacquistasse il 40 per cento della società Publiacqua”. A rafforzare l’ennesima truffa politica, nel giorno in cui il comitato referendario denuncia l’attacco all’acqua pubblica, su "l’Unità riportata in edicola da Renzi per farne il proprio bollettino, il direttore Erasmo D’Angelis di stretta fede renziana, scrive: “Non ha più senso la demagogia del bene comune”. Quell’impostazione per D’Angelis dunque, “non fa i conti con la realtà concreta di una Italia” dei “2.500 comuni fuorilegge per scarichi di reflui non collegati a depuratori o fognature e che ammorbano fiumi, torrenti, laghi o mare”.
Gli argomenti usati ora dal PD sono gli stessi di chi all’epoca si opponeva al referendum; “Abbiamo una rete che ha in media 40 anni di vita e perde il 37 per cento di risorsa; c’è bisogno di uno scatto, di mettere in cantiere nuove opere strategiche e inter-generazionali”, c’è bisogno dunque di privati, perché “le risorse che occorrono per colmare gravi deficit infrastrutturali sono enormi”. Ed ancora, “Lasciamoci alle spalle l’approccio simbolico, metaforico o filosofico” perchè “se il buon Dio ci ha donato questa risorsa ha dimenticato acquedotti, reti e depuratori (…) e ci dobbiamo pensare noi ed è illusorio credere di poter tornare al passato quando tutto finiva nel pozzo della fiscalità generale”.
Che dire. Vogliamo augurarci che questo inequivocabile e grave tradimento possa smuovere le coscienze non tanto della fantomatica, strumentale e poco reattiva minoranza DEM, bensì degli ancora tanti elettori del PD in buona fede che nel 2011 votarono per la ripubblicizzazione dell’acqua e che ora sono alle prese con un partito di destra, alleato del massone e mafioso Verdini, del fascista Alfano, guidato da una oligarchia di despoti che non rinuncia a nessuna vigliaccheria pur di portare acqua (appunto) al mulino dei capitalisti e della grande borghesia, sulla pelle della popolazione del nostro Paese. Renzi va cacciato subito, prima che riduca ulteriormente gli spazi democratici già al lumicino e che completi il suo piano di annientamento dei diritti, in primis quello del lavoro, e di svendita dei beni comuni a partire proprio dal più essenziale per la vita umana qual è l’acqua.
 
 

6 aprile 2016