Asserragliato in una base navale
Il governo fantoccio libico degli imperialisti insediato a Tripoli
Non ha ancora il consenso dei governi di Tripoli e Tobruk
Il 5 aprile l'inviato delle Nazioni Unite in Libia, Martin Kobler, arrivava a Tripoli per la prima visita ufficiale a Fayez Serraj e al suo governo fantoccio costruito dagli imperialisti. Serraj era sbarcato nella capitale libica il 30 maggio, proveniente via mare dalla Tunisia, e si era insediato o meglio asserragliato nella base navale di Abu Sittah, accolto a fucilate dalle milizie di alcune delle fazioni che sostengono il governo islamista di Tripoli guidato da Khalifa Ghwell, non ancora ufficialmente sciolto. Kobler ribadiva il sostegno a Serraj e all'unico governo riconosciuto dall'Onu prima di spostarsi nella città di Misurata, sede di una delle più importanti milizie che sostenevano il governo islamista e il cui passaggio a sostegno al governo di unità nazionale hanno permesso a Serraj di restare a Tripoli. Ultima tappa del viaggio dell'inviato Onu sarà Tobruk, sede dell'altro governo libico sostenuto dall'Egitto e delle sue milizie guidate dal generale Khalifa Haftar che non ha intenzione per ora di mollare il comando militare all'esecutivo di Serraj.
Detto in altre parole, il governo fantoccio libico degli imperialisti insediato a Tripoli resta asserragliato nella base navale e non ha ancora il consenso dei governi di Tripoli e Tobruk. Serraj cerca intanto di garantirsi perlomeno le condizioni per una minima sopravvivenza in Tripolitania e cominciare a svolgere il compito assegnatogli dai padrini imperialisti: tenere in piedi la baracca del governo di unità nazionale e far arrivare la tanto attesa richiesta formale di intervento militare per garantire la "sicurezza" delle istituzioni libiche, delle sue importanti risorse energetiche e cacciare fuori dal paese le formazioni che hanno aderito allo Stato islamico.
Serraj può registrare come parziali ma significativi successi il riconoscimento intascato il 30 marzo dal governatore della Banca centrale libica Saddek Elkaber e di una quindicina di sindaci delle città della Tripolitania. Il 2 aprile incassava quello ancora più importante del responsabile della Noc, la compagnia petrolifera che ha sede a Tripoli ma che il governo di Tobruk voleva dividere e mettere in piedi una sede indipendente a Bengasi per controllare quantomeno il petrolio della Cirenaica. "La compagnia sta lavorando con il Governo di unità nazionale per coordinare le future vendite di petrolio e lasciarsi dietro un periodo di divisioni e rivalità" affermava il responsabile della Noc che metteva nelle mani di Serraj la gestione dei pozzi, dei proventi delle vendite e della loro distribuzione nel paese. Assieme al sostegno della Noc Serraj raccoglieva anche quello della Petroleum Facilities Guard, un gruppo armato semi-ufficiale che controlla le installazioni petrolifere nell'est e che non vuole sottostare al governo di Bengasi.
Il 5 aprile anche il presidente della Lia, la Libyan Investment Authority, il fondo sovrano libico creato ai tempi di Gheddafi che gestisce investimenti valutati in circa 70 miliardi di dollari, appoggiava formalmente il "governo di accordo nazionale a Tripoli che rappresenta un passo importante verso la stabilità e l'unità della Libia". La Lia, come la Noc, aveva dovuto respingere il tentativo del governo di Tobruk di dividerla e creare una seconda società per mettere le mani sul controllo dei suoi investimenti.
Secondo alcuni collaboratori di Serraj "sarà ancora lunga e difficilissima ma per ora l'abbiamo sfangata". Non sono stati ributtati a mare a Tripoli, e riguardo ai responsabili delle fazioni ancora ostili affermavano che "stiamo provando a comprarceli, a garantire a ciascuno di loro un futuro, un ruolo, lavori e appalti per le loro aziende". Come sembra stiano facendo con l'ex premier di Tripoli, Khalifa Ghwell, che per giorni ha bloccato lo spazio aereo della città costringendo Sarraj a sbarcare via mare ma il 31 marzo lasciava la capitale e tornava a Misurata dopo essere stato convinto dagli anziani della sua città ad aprire un negoziato.
Sulla decisione di Ghwell pesavano anche le pressioni dell'Unione europea (Ue) che il 30 marzo lo aveva messo sotto sanzioni, congelamento dei beni e divieto di viaggio, assieme al berbero Nouri Abusahmin presidente del parlamento di Tripoli e al presidente del parlamento di Bengasi Aguila Saleh, per non aver subito riconosciuto il governo fantoccio.
Alle sanzioni della Ue si erano unite le pressioni dell'inviato Onu Kobler che l'1 aprile aveva ammonito che non esistevano alternative al riconoscimento del governo di unità nazionale da parte di nessuno e sollecitava anche il governo di Tobruk a darsi una mossa perché “non si può aspettare il voto se quest’ultimo lo blocca intenzionalmente”. L'urgenza, ribadiva Kobler, era data dalla necessità di dare il via "all'azione di contrasto ai terroristi con una struttura di sicurezza unificata” da impiantare in Libia e dotata di “armamenti moderni”, che possono arrivare solo se entra in carica un governo in grado di chiedere la fine dell’embargo sulle armi imposto al paese. Il momento di agire è arrivato, sottolineava l'inviato dell'Onu perché "non può esserci che una soluzione militare nella lotta contro l'Is". L'obiettivo centrale dell'operazione messa in piedi dall'imperialismo in Libia per dare il via all'operazione militare a guida italiana, sempre più vicina.
Sull'esecutivo fantoccio di Serraj continua a pesare la condanna del Gran Muftì della Libia, Sadeq al Ghariani, l'autorevole religioso vicino al governo islamico di Tripoli che il 31 marzo denunciava "l'ingiusto gruppo che si fa chiamare governo di unità e che non deve ingannare col sostegno della comunità internazionale, deve lasciare il paese". "Noi non siamo contro il consiglio presidenziale ma siamo con la patria e non amiamo venderla, deluderla e farla sottoporre a un'amministrazione fiduciaria straniera che non rispetta la nostra fede religiosa", affermava il Gran Mufti.
6 aprile 2016