Tangentopoli Anas
36 indagati tra cui il deputato Martinelli (FI)
19 arresti per mazzette
Il 10 marzo la Procura di Roma ha dato il via all'operazione “dama nera 2”, alias A. A., il capo del coordinamento tecnico-amministrativo dell'Anas Spa finita in galera a ottobre scorso insieme ad altre dieci persone, tra politici, funzionari Anas e tre imprenditori, fra cui spicca il piddino Luigi Meduri, ex presidente della Regione Calabria per un anno (dal 1999 al 2000), poi deputato dal 2001 al 2006 e infine sottosegretario alle Infrastrutture del governo Prodi.
In questa seconda tranche dell'inchiesta le persone arrestate sono 19. Si tratta sempre di alti dirigenti Anas e imprenditori titolari di appalti di opere pubbliche di primaria importanza e sono tutte accusate a vario titolo di corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri d’ufficio, turbata libertà degli incanti, autoriciclaggio, favoreggiamento personale e truffa.
Gli indagati invece sono 36 e tra loro spicca il boss politico Marco Martinelli, attuale parlamentare di Forza Italia e vice presidente della fondazione della Libertà per il bene comune presieduta dal fascista Altero Matteoli, recentemente riconfermato presidente della commissione Ambiente e Lavori Pubblici del Senato grazie al voto determinante dei M5S, ex ministro dell'Ambiente e delle Infrastrutture, e già indagato dalla Procura di Livorno nell'ambito delle inchieste sugli abusi edilizi all'Isola d'Elba e poi dalla Procura di Venezia per lo scandalo del Mose.
A Martinelli gli inquirenti contestano i reati di concorso in turbativa d’asta e corruzione. In particolare nell’ordinanza si parla del suo ruolo di intermediario politico con il costruttore siciliano Giuseppe Ricciardello (indagato dallo scorso ottobre, oggi ai domiciliari) a proposito di alcuni appalti dell’Anas in Sicilia. L’imprenditore, padre del sindaco di centrodestra di Brolo Irene Ricciardello e suocero dell’onorevole regionale Nino Germanà (NCD), aveva chiesto a Martinelli anche un intervento di Matteoli, ma soprattutto ha consegnato alla “dama nera” delle tangenti Anas, un anticipo di 30mila euro per “l’interessamento svolto”. La somma, alla quale si sarebbe aggiunto il saldo di 270mila euro, è stata divisa dalla destinataria in tre quote di 10mila euro l’una: una per sé, una per Martinelli e una per Elisabetta Parise, dirigente delle risorse umane dell’Anas che nel 2013 era candidata in Consiglio comunale a Roma con la Lista “Alfio Marchini Sindaco”.
A dare il via a questa nuova ondata di arresti sono state le rivelazioni della stessa “dama nera”. Secondo il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone la A.
A. aveva “trasformato la più grande stazione appaltante d'Italia in un vero e proprio ufficio mazzette dell'Anas... dal quale tutti i giorni gestiva questo flusso di corruzione e trattava male chi ritardava i pagamenti”. Ossia le tangenti che la A.
A. chiama spesso “ciliegie” sovente farcite anche con viaggi e soggiorni di lusso da 90 mila euro a botta e noleggio di auto di lusso con autista.
Sulla base delle sue ammissioni e dei successivi riscontri e verifiche effettuati dagli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma, sono scattati i nuovi provvedimenti.
Agli arresti domiciliari sono finiti i funzionari Anas: Antonino Parlato, Oreste De Grossi, Sergio Serafino Lagrotteria e Giovanni Parlato.
Carcere anche per gli imprenditori Emiliano Cerasi, Giuseppe Colafelice, Antonino Ferrante, Vincenzo Loconte, Carmelo Misseri, Andrea Musenga, Elisabetta Parise, Vito Rossi, Giovanni Spinosa, Paolo Tarditi.
Nella rete della Procura ci sono finiti di nuovo anche i boss della Tecnis costruzioni, Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo che, da paladini della legalità di Confindustria Sicilia, si sono rivelati incalliti corruttori della Dama nera e, in un altra indagine, vengono addirittura indicati come collegati a “Cosa nostra”.
Nel corso dell’operazione sono state sequestrate disponibilità finanziarie per circa 800mila euro – derivanti dalla corruzione – ed effettuate oltre 50 perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni di una cinquantina di persone coinvolte dislocate in quasi tutta la Penisola: Lazio, Sicilia, Calabria, Puglia, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Veneto, Molise e Campania. Perquisite anche le sedi Anas di Roma, Milano e Cosenza.
Inquietante lo scenario descritto dal Gip di Roma che nel suo provvedimento parla di “un marciume diffuso all’interno di uno degli enti pubblici più in vista nel settore economico degli appalti”. Una “corruzione sistemica” resa ancora più “sconvolgente” dalla facilità di intervento del sodalizio per eliminare una penale, aumentare interessi e facilitare il pagamento di riserve, nonché, ancora più grave, far vincere un appalto ad una società “amica”, a discapito di altre risultate più meritevoli. “Il mercimonio della pubblica funzione – sostiene poi la Guardia di Finanza – e la sistematicità dell’asservimento della medesima sono stati i tratti essenziali che hanno caratterizzato per anni” l’operato dei pubblici funzionari dell’Anas che sono stati arrestati. In cambio di questo mercimonio, i dirigenti, ma anche il deputato di Forza Italia Martinelli: “hanno ottenuto utilità e provviste corruttive dai titolari di aziende affidatarie di commesse di opere pubbliche di interesse nazionale”. Utilità che, secondo quanto è stato accertato, sono pari alle disponibilità finanziarie sequestrate, circa 800mila euro.
Tra gli appalti irregolari, la Guardia di Finanza evidenzia quello per l’itinerario basentano, compreso il raccordo autostradale Sicignano-Potenza, per la Ss 117 Centrale Sicula (cofinanziata dalla Regione Sicilia), entrambi aggiudicati nel 2014, per la Ss 96 Barese e per la Ss 268 del Vesuvio, entrambe aggiudicate nel 2012, e anche per la realizzazione della nuova sede Anas di Campobasso, opera aggiudicata nel 2011. Non a caso tra gli arrestati figura il costruttore molisano Giovanni Spinosa al quale sono state perquisite abitazione e azienda.
Il deputato Martinelli, invece, ha garantito ad un imprenditore la nomina di un presidente di gara “non ostile” per un appalto in Sicilia. Grazie al suo intervento e in virtù del ruolo istituzionale ricoperto l’imprenditore si è poi aggiudicato l’appalto.
Sullo sfondo anche l’ombra della ‘ndrangheta. Secondo quanto emerso a fine ottobre A.
A. aveva “consigliato” ai titolari di un’azienda vincitrice di un appalto in Calabria, di subappaltare alcune opere a ditte di imprenditori contigui alla criminalità organizzata calabrese. Una vicenda che riguarda una serie di opere pubbliche nel comune di Palizzi, in provincia di Reggio Calabria.
6 aprile 2016