Dal 2007 al 2014 sono passati dal 3% al 7% della popolazione
Raddoppiati i poveri
Oltre un milione di minori in povertà assoluta
Sono drammatiche le cifre sulla povertà in Italia, denunciate dalla Banca d’Italia, in audizione alla Camera, davanti alle commissioni XI (Lavoro pubblico e privato) e XII (Affari sociali) della Camera dei Deputati, riunite per l'audizione preliminare sulla legge delega governativa, recante “norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali” (collegato alla legge di stabilità 2016).
Le cifre le ha presentate il Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, Paolo Sestito. La prolungata crisi economica del capitalismo, unita a interventi scorretti e iniqui, cosa in parte denunciata, come vedremo, anche dalla Banca d'Italia, hanno esacerbato le difficoltà in cui versano le famiglie più vulnerabili. L'incidenza della povertà assoluta in Italia è raddoppiata tra il 2007 e il 2014. I poveri in Italia sono raddoppiati, passando dal 3% al 7% della popolazione. In valori assoluti ciò significa che i poveri sono passati dai 2 milioni del 2007 ai 4 milioni di oggi. Il dato diventa ancora più drammatico se si considera che in Italia oltre un milione di minori sono in povertà assoluta. Essi rappresentano rappresentano il 10% del totale dei minori italiani, una percentuale altissima.
L’incidenza della povertà è certamente “più elevata nel Mezzogiorno e nelle famiglie nelle quali ove il capofamiglia è senza occupazione”, ma, denuncia peraltro la Banca d'Italia, avere un lavoro non necessariamente mette al riparo dal rischio di povertà. Il lavoro infatti in Italia è sempre più supersfruttato e sottopagato. Ciò, unito al fatto che nel nostro Paese non esiste ancora un strumento universale di contrasto alla povertà, fa sì che in Italia da molto tempo la povertà è significativamente più diffusa e accentuata che negli altri Paesi UE. Infatti in Italia è significativamente più alto il rischio povertà o esclusione sociale. Secondo l’Eurostat nel 2014 nell’Unione europea le persone a rischio povertà o esclusione sociale erano il 24,4% della popolazione, circa 122 milioni di individui. In Italia erano il 28,3% della popolazione, circa 17 milioni. L'Italia risulta avere il valore più alto dopo la Spagna (29,2%).
Ciò è dovuto anche, denuncia la Banca d'Italia, al fatto che in Italia tradizionalmente la spesa sociale è molto contenuta e differenziata sul territorio. Si va dai 160 euro pro capite spesi in media dai comuni del Nord-ovest ai 50 euro nei comuni del Sud. E spesso si riscontra un insufficiente coordinamento tra gli interventi dei diversi soggetti istituzionali borghesi. Al confronto internazionale, il sistema assistenziale italiano è nel suo complesso poco redistributivo e in taluni casi iniquo esso stesso.
E hanno le loro pesanti responsabilità le antipopolari misure dell'esecutivo Renzi. Una per tutti è la modifica del metodo di cacolo dell'ISEE. In linea con quanto già aveva fatto l’Inps, la Banca d'Italia ha chiesto in audizione di correggere il nuovo sistema di calcolo. Infatti, grazie ad un intervento del governo Renzi, vengono assurdamente conteggiati a reddito anche i trattamenti per i disabili, facendo così perdere il diritto al welfare a tante famiglie che li percepiscono e che per questo figurano come più ricche di quanto non lo siano in realtà. Ciò significa che le famiglie con disabili oggi sempre più cadono nel rischio di esclusione sociale e povertà. Tito Boeri, presidente dell’Inps, che ha parlato ugualmente in audizione, ricorda che sono circa 400mila i nuclei familiari con disabili che subiscono questa insopportabile ingiustizia. Pertanto diventa urgente una rivisitazione del metodo di calcolo dell’Isee, peraltro già bocciato dal Tar e dal Consiglio di Stato.
Certamente il suddetto iniquo provvedimento antidisabili è soltanto uno della miriade di provvedimenti che il governo Renzi ha attuato con lo scopo di far pagare il conto ai lavoratori e alle masse popolari più povere e disagiate. In primis la “legge di stabilità”, che ha previsto gli ennesimi tagli alla sanità e alle Regioni, ai servizi pubblici sociali e assistenziali, briciole ai pensionati, agli esodati e ai poveri, nulla per il Mezzogiorno e i disoccupati. Ma anche il cosiddetto Jobs Act che ha costretto all'angolo e impoverito centinaia di migliaia di lavoratori e le loro famiglie e condannato i giovani alla precarietà cronica.
Questo è il risultato di due anni di controriforme liberiste e antipopolari che collocano il suo governo antioperaio e neofascista tra i peggiori della storia repubblicana italiana. Un governo che va cacciato con la lotta di piazza al più presto.
13 aprile 2016