Contro il fascismo, il razzismo e i muri in Europa
Celebrato nelle piazze d'Italia il 25 Aprile
Lo striscione “Liberiamoci dal governo Renzi” apre il corteo di Napoli, da dove è cacciata la candidata sindaco del PD. Apprezzato il cartello del PMLI con l'invito a cacciare il nuovo Mussolini Renzi. Identificati a Mirandola i compagni che innalzavano le bandiere. A Milano contestati i vessilli di Israele. I partigiani romani cantano “Bella ciao”. Mattarella chiama “missioni di pace” le guerre imperialiste e non osa dire una sola parola contro la controriforma del senato. I media fascisti chiedono l'abolizione del 25 Aprile.
Importante discorso di Chiavacci a nome dell'Anpi di Rufina

Anche quest'anno il 25 Aprile, nel 71° Anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, è stato degnamente ricordato e celebrato in tutto il Paese dalle masse popolari antifasciste, democratiche e progressiste, con alla testa i vecchi eroici partigiani e tanti, tanti giovani, a confermare il passaggio ininterrotto del testimone della Resistenza tra le generazioni.
E questo è tanto più degno di essere sottolineato considerando come e ancor più degli anni precedenti, da parte di tutti i partiti, delle istituzioni e dei media del regime neofascista, si sia cercato in tutti i modi di stendere un velo di indifferenza e di oblio su questa incancellabile ricorrenza, sperando di farne impallidire e svanire con gli anni la memoria stessa dalla mente e dal cuore delle masse popolari italiane, e in particolare dei giovani. Per non parlare di chi anche stavolta, come i giornali di ispirazione fascista, “Il Tempo” in testa, non ha perso l'occasione per chiederne addirittura la cancellazione.
Non è riuscito, o è riuscito solo in parte, nemmeno il tentativo di istituzionalizzare questa storica ricorrenza trasformandola in una festa tricolore, patriottarda e a sostegno del militarismo e dell'interventismo dell'Italia imperialista di Renzi e Mattarella. Anche se da parte istituzionale si è fatto di tutto per raggiungere questo nero obiettivo, cominciando di buon mattino con la cerimonia all'“altare della patria”, in mezzo a un tripudio di tricolori, picchetti d'onore, bande militari che suonavano inni patriottici e bellicisti come l'inno del Piave, con la deposizione di una corona di fiori “a tutti i caduti” da parte del capo dello Stato, accompagnato dal nuovo duce Renzi, dai presidenti delle due Camere e dalla ministra della Difesa Pinotti. Una cerimonia del tutto identica a quella nazionalista e militarista del 4 novembre, che niente ha a che spartire con l'omaggio ai caduti partigiani e della Resistenza.

Strumentalizzazioni in chiave interventista
 
Per non parlare dell'intervento in giornata di Mattarella a Varallo Sesia , in cui mentre proferiva parole piene di retorica sulla Resistenza e sulla libertà “nata su queste montagne”, si è ben guardato dal dire anche una sola parola sul definitivo affossamento della Costituzione del 1948 attraverso la controriforma fascista e piduista Renzi-Boschi imposta dal governo al parlamento, e che il nuovo duce vuol imporre al popolo italiano con un referendum plebiscitario sulla sua persona alla maniera di Mussolini.
Non ha comunque rinunciato, nel finale, ad inserire un'esaltazione delle “missioni di pace della comunità internazionale alle quali responsabilmente partecipiamo”, accampando la loro necessità per “sostenere la battaglia della liberazione dei popoli anzitutto dal terrorismo che affligge e destabilizza interi paesi dell'Africa e del Medio Oriente e si riverbera in Europa”.
Una sporca strumentalizzazione della Resistenza, la sua, a sostegno delle ambizioni neocolonialiste dell'imperialismo italiano e del governo Renzi, specie se letta alla luce delle dichiarazioni del giorno dopo di Renzi che ha dato la “piena disponibilità” all'invio di truppe italiane in Libia in risposta alla “richiesta d'aiuto” del leader libico Serraj. La stessa sporca strumentalizzazione dello spirito antifascista e resistenziale fatta anche dalla guerrafondaia Pinotti nel messaggio alle forze armate, in cui ha detto che è “un nostro preciso dovere morale essere al fianco di altri popoli che stanno combattendo per la loro 'Resistenza' e la loro 'Liberazione'”.
Altri tentativi di inquinare e stravolgere lo spirito antifascista di questa giornata e dividere i manifestanti sono stati fatti utilizzando l'ormai immancabile Brigata ebraica sionista, come a Roma e Milano, oppure cercando di infiltrare nei cortei i candidati alla corsa per le comunali di giugno, come a Milano e a Napoli, o addirittura di fare delle vere e proprie contromanifestazioni: non parliamo soltanto di quella squallida e intollerabile parata di nostalgici fascisti e neonazisti che si è svolta al cimitero Maggiore di Milano per rendere omaggio ai caduti della “repubblica di Salò” ivi sepolti, ma soprattutto di quella contromanifestazione indetta al museo di via Tasso a Roma con la Brigata ebraica, in contrapposizione al corteo ufficiale dell'Anpi con la scusa della presenza in esso di gruppi filopalestinesi “intolleranti”. Contromanifestazione a cui hanno voluto dare risonanza con la loro ostentata partecipazione anche il rinnegato e filosionista Napolitano, nonché il candidato berlusconiano Bertolaso e il commissario prefettizio Tronca a nome dell'amministrazione capitolina.

Tentativi respinti dalle piazze
 
Ci si è messo d'impegno anche il ministro Franceschini per distrarre gli antifascisti dalle manifestazioni, con l'apertura straordinaria di ben 320 musei e siti culturali statali. E invece i più importanti di questi tentativi di sabotare e stravolgere il 25 Aprile sono stati duramente frustrati e respinti dalle piazze, che hanno condannato il fascismo, il razzismo e i muri in Europa.
A Milano , che ha visto un imponente corteo di migliaia e migliaia di antifascisti sfilare da Port Venezia a Piazza Duomo, la Brigata ebraica con le bandiere di Israele c'era, ma è stata sonoramente fischiata dai manifestanti al passaggio in piazza San Babila, al grido di “fuori i sionisti dal corteo”, “Israele fascista, Stato terrorista”. Fischiato anche il candidato del “centro-destra” Parisi, dopodiché la stessa sorte è toccata anche al suo “rivale” del “centro-sinistra”, Sala, contestato insieme allo spezzone “giallo” del PD, accolto al grido di “servi del potere”. La delegazione del PMLI è stata apprezzata come avanguardia antifascista dell'intero corteo. Dal palco il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha richiamato l'attenzione sull'olocausto dei migranti nel mediterraneo.
Un avvenimento inedito e straordinario si è avuto a Berceto , nel comune di Rufina , dove si commemorava nel pomeriggio l'eccidio di 11 martiri antifascisti, e dove il compagno Enrico Chiavacci ha tenuto un forte, coraggioso e attualissimo discorso antifascista e antimperialista per conto della Sezione ANPI di Rufina, che pubblichiamo integralmente a pagina 7.
A Roma , senza le provocazioni della Brigata ebraica come avvenne l'anno scorso, il corteo organizzato dall'Anpi si è svolto anzi in perfetto ordine e con pieno successo dal Colosseo a Porta San Paolo, aperto dallo striscione “I Partigiani”, con i vecchi partigiani che cantavano “Bella Ciao”, e con la partecipazione di Cgil, Cisl e Uil e di Cub e Cobas, di Emergency, dei curdi e di molte bandiere palestinesi e di manifestanti con la kefiah.
A Genova è stato fischiato il governatore eletto da Forza Italia e Lega, Giovanni Toti, quando parlando in piazza Matteotti ha chiesto di dedicare la manifestazione anche ai due marò italiani sotto processo in India. La presidente della Camera Boldrini, che ha parlato dopo di lui, si è spesa vergognosamente in favore della controriforma costituzionale fascista e piduista Renzi-Boschi, sostenendo che “Il referendum non tocca la prima parte della Costituzione che sono i nostri valori fondativi”, e che d'altra parte in parlamento “c'è stato dibattito (sic): tutti erano d'accordo a rivedere il bicameralismo perfetto”.
A Bergamo è stato clamorosamente contestato il sindaco PD, già “spin-doctor” renziano, Giorgio Gori, innalzando anche grandi sagome di cartone con la sua effige accanto a quella di Mussolini. Tra i motivi della contestazione il rifiuto dell'ex berlusconiano e direttore di Canale 5 di accogliere la richiesta dell'Anpi e dei comitati antifascisti di togliere la cittadinanza onoraria al duce, concessa dalla città di Bergamo negli anni venti e mai cancellata.

Contro il governo e il nuovo duce Renzi
 
A Napoli un nutrito corteo di migliaia di manifestanti, con la partecipazione dell'Ampi, della Cgil, dei centri sociali, studenti, di Libera, di Legambiente, dell'associazione Un popolo in cammino e tanti migranti, è sfilato dalla stazione centrale al rione Sanità, dove è entrato al canto di “Bella Ciao” e al grido di “Lavoro sì, camorra no”. Strada facendo è passato da via Foria, per protestare anche con fumogeni davanti alla sede di Casapound, difesa da un'imponente schieramento di poliziotti.
Presenti compagni del PMLI, la manifestazione ha avuto anche un forte carattere antigovernativo e antirenziano, evidenziato dallo striscione di testa con la scritta “Liberiamoci da fascismo, razzismo, guerra, sfruttamento e governo Renzi”. Molto apprezzato infatti ovunque il cartello del PMLI con l'esortazione a cacciare il nuovo Mussolini. Una parola d'ordine che comincia evidentemente a fare breccia tra le masse, se a Mirandola i nostri compagni che innalzavano le bandiere sono stati identificati dalle “forze dell'ordine” con chiaro intento intimidatorio.
Il forte odio dei manifestanti partenopei verso Renzi si è sfogato anche contro la candidata renziana del PD alle comunali, Valeria Valente, duramente contestata e costretta ad uscire dal corteo anche a causa della marchetta elettorale che lo stesso nuovo duce aveva organizzato il giorno prima venendo a Napoli per farsi fotografare con lei. In suo soccorso si è mosso il capogruppo di SEL-SI alla Camera, Scotto, piagnucolando che “è stato un errore molto grave perché il 25 Aprile è di tutti”.
Ci fermiamo qui per ragioni di spazio, e del resto i lettori potranno trovare ampi servizi su queste e altre manifestazioni locali nelle pagine successive del giornale.

27 aprile 2016