Violando l'art. 9 della Costituzione
Varata una legge che consente al Giappone di fare la guerra
Il progetto di Abe riforma la Costituzione e prevede anche limitazioni alla libertà di associazione, di riunione e sindacale, nonché la possibilità di ricorrere alla legislazione di emergenza
Manifestazioni in tutto il Paese contro il provvedimento
Il 3 maggio, festa della Costituzione giapponese, in tutto il paese si sono svolte manifestazioni organizzate dalle 7.000 associazioni riunite per la difesa dell’articolo 9 della Costituzione del 1946, quello che proibisce l’uso delle forze armate e che il governo liberal democratico di Shinzo Abe vorrebbe riformare. A Tokyo la manifestazione di protesta si è svolta di fronte alla Dieta, il parlamento giapponese.
Il premier Abe e la sua coalizione governativa, formata da Liberaldemocratici e Nuovo Komeito, sono accusati di “calpestare la Costituzione” entrata in vigore nel 1947 il cui articolo 9 recita che “il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e rinuncia alle minacce e all'uso della forza come mezzo per risolvere le dispute internazionali”.
Il cambio dell'articolo costituzionale richiede il consenso di una maggioranza qualificata pari a due terzi di entrambe le aule del parlamento, una maggioranza che Abe non ha. Sono per ora solo alla fase di progetto le modifiche costituzionali del governo che porteranno, secondo le denunce dei pacifisti e dell'opposizione, alla limitazione delle libertà di associazione, di riunione e sindacale, oltre a dare al premier la possibilità di ricorrere alla legislazione di emergenza per fronteggiare le crisi interne, riportando indietro il paese fino alle leggi di pubblica sicurezza del 1925.
Finora Abe ha portato a casa la nuova legge sulle Forze di Autodifesa, approvata nel settembre 2015 tra dure contestazioni in piazza dei pacifisti e entrata in vigore il 29 marzo scorso. Per la prima volta dal termine della Seconda Guerra Mondiale, oltre all'eventualità di un'aggressione diretta al Giappone, le forze di autodifesa saranno autorizzate ad intervenire all'estero in caso di un attacco agli Stati Uniti o altri paesi alleati che costituisse anche una minaccia per il Giappone.
Abe aveva sottolineato la necessità del varo della legge sostenendo che “attorno al nostro paese la sicurezza è sempre più precaria. In un mondo dove nessuno può difendersi da solo, questa legge aiuterà a prevenire la guerra”, riferendosi alla “minaccia” nucleare e missilistica della Corea del Nord ma soprattutto alla necessità di contenere la crescente aggressività della superpotenza imperialista cinese nel Mar cinese meridionale e orientale, a partire dalle aree dove si trovano le isole contese tra Pechino e Tokyo.
La legge militarista voluta da Abe è stata appoggiata da Barack Obama ed è una delle dirette conseguenze dell'accordo raggiunto dai due alla Casa Bianca nell'aprile del 2015, quello che ha cambiato le modalità dell'alleanza militare tra i due paesi e che ha trasformato il Giappone da soggetto passivo, difeso dagli Usa in caso di attacco, a attore attivo impegnato a sostenere l'alleato anche al di fuori dei confini nazionali. Un accordo che portava direttamente a violare la costituzione e sottolineava la volontà di Abe, d'intesa col compare imperialista Obama, di spingere l'acceleratore del riarmo dell'imperialismo giapponese per renderlo di nuovo protagonista quantomeno nella regione del Pacifico.
Non è quindi un caso che il 28 agosto dello scorso anno la Marina imperiale giapponese abbia deciso di varare la nuovissima portaerei “Kaga” con lo stesso nome di una delle unità che prese parte al proditorio attacco alla base navale americana di Pearl Harbor il 7 dicembre del 1941 e che allargò il conflitto a tutto il Pacifico. Per aggirare i vincoli costituzionali la “Kaga” è classificata come “cacciatorpediniere porta-elicotteri”, armata con elicotteri e convertiplani ma può benissimo imbarcare financo i caccia-bombardieri stealth Usa, F-35. La portaerei entrerà in servizio nel 2017 e assieme alla gemella “Izumo” sarà impegnata a far fronte alle dispute territoriali con Pechino nel Mar Cinese Meridionale.
11 maggio 2016