Alle elezioni comunali di Milano del 5 giugno
Non votare i partiti borghesi al servizio dei capitalisti. Astieniti contro il capitalismo e per il socialismo

Documento della Cellula “Mao Zedong” di Milano del PMLI
Il 5 giugno le elettrici e gli elettori di Milano saranno chiamati alle urne per l'elezione diretta del sindaco, del consiglio comunale e dei consigli circoscrizionali.
Ancora una volta noi marxisti-leninisti milanesi invitiamo il proletariato, le masse popolari e i giovani a delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi impugnando l'astensionismo (disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco). Le istituzioni borghesi cittadine hanno dilapidato le risorse economiche e sociali di questa città per soddisfare unicamente le esigenze affaristiche delle lobby e delle consorterie del grande capitale finanziario milanese, nazionale ed europeo. L'astensionismo è l'arma vincente, sul piano elettorale, per dare forza all'unico Partito che vuole strappare Milano al capitalismo, allo sfruttamento dei lavoratori, al supersfruttamento dei precari, al crescente degrado dei quartieri popolari e delle periferie urbane, alla dilagante speculazione edilizia, all'impoverimento di massa, al caro-casa e al caro-affitti, alla discriminazione razzista e schiavista verso i migranti, all'emarginazione degli anziani, al degrado giovanile e in definitiva alle rapaci grinfie delle bande di destra e di "sinistra" della borghesia, interessate unicamente ad accrescere il loro capitale a scapito della maggioranza dei milanesi checché ne dicano i loro referenti politici interessati unicamente ad attrarre voti per sé utilizzando senza scrupoli l'inganno, la demagogia e la menzogna.
La storia e le condizioni attuali di Milano, capitale economico-finanziaria del capitalismo italiano, dimostrano in modo lampante che la borghesia, i suoi partiti (fra cui anche quelli falsi comunisti) e le sue istituzioni non sono in grado di migliorare la situazione in cui versa la popolazione. Solo la lotta del Partito marxista-leninista italiano, del proletariato, dei lavoratori a tempo indeterminato e precari, dei disoccupati, dei pensionati e degli studenti può migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse milanesi. Solo sotto la direzione di tale Partito il proletariato potrà finalmente abbattere il capitalismo e conquistare il potere politico, che è la madre di tutte le questioni, per l'Italia unita, rossa e socialista. E così ribaltare l'attuale infelice situazione per dare a Milano, come alle altre città del Paese, un volto veramente democratico e mutare radicalmente le condizioni economiche e politiche delle larghe masse lavoratrici e popolari affinché regnino benessere e giustizia sociale.
 

Bilancio dell'amministrazione “arancione” Pisapia
Dopo cinque anni di amministrazione la giunta “arancione” guidata dal neopodestà di SEL Giuliano Pisapia - ben lungi dall’attuare il suo fantasmagorico programma elettorale con cui vinse le elezioni del 2011 – tutt’altro ha fatto che “cambiare il vento” neoliberista della sua predecessora berlusconiana Letizia Moratti, distinguendosi da questa solo per il fatto di aver sbloccato i preparativi per l’EXPO facendosi portavoce degli interessi di tutte le correnti della borghesia, nella spartizione dei lucrosi affari apertisi con “l’occasione d’oro” dell’Esposizione universale.
Pisapia ha concretizzato innanzitutto lo speculativo progetto EXPO, cominciato ai tempi della Moratti con lo scandaloso acquisto, da privati, di un'area agricola pagata come edificabile. Secondo alcune stime i terreni valevano 20 milioni di euro, ma Arexpo, società controllata da Regione e Comune, li ha comprati per 160 milioni di euro. Un'operazione a tutto vantaggio dei palazzinari e di Milano Fiera. La gestione dell'evento è stata lasciata direttamente nelle mani del capitalismo finanziario, immobiliare, industriale e commerciale e la giunta Pisapia ne ha facilitato in ogni modo i famelici interessi in concerto con la giunta regionale del governatore fascioleghista Roberto Maroni. Per contrastare tali interessi (senza però riuscire a fermarli) sono intervenuti alcuni magistrati, come Alfredo Robledo (poi trasferito a Torino a seguito della sua denuncia al CSM per le immotivate revoche nelle assegnazioni delle indagini da parte del procuratore Bruti Liberati) con l’arresto di svariati politici e burocrati locali del regime neofascista (per lo stesso Maroni è stato chiesto il rinvio a giudizio), oltre a imprenditori che avevano pagato le tangenti (tra cui spicca il nome di Maltauro), dirigenti di EXPO di altissimo livello come Angelo Paris, all'epoca direttore pianificazioni e acquisti e general manager constructions di EXPO 2015, dell'ingegnere Antonio Acerbo, responsabile unico del Padiglione Italia, sino ad arrivare alla bipartisan cupola a delinquere degli appalti dei faccendieri Frigerio (FI), Greganti (PD), Grillo (FI) e Cattozzo (UDC).
Per Pisapia EXPO doveva essere una "straordinaria opportunità" data ai giovani per arricchire il curriculum e al rilancio dell'occupazione, ma nei fatti, a fronte di un fabbisogno di circa 20.000 lavoratori, sono stati sfruttati 18.500 volontari, rigorosamente non retribuiti. Gli altri 1.500 lavoratori sono stati impiegati in qualità di apprendisti o con contratti a tempo determinato. Tutti questi lavoratori sono stati alla completa mercé della borghesia milanese e nazionale senza che alla fine dell'EXPO venisse garantito loro il lavoro stabile.
Altro aspetto caratteristico dell’amministrazione “arancione” è il rapporto con i lavoratori comunali i quali, visti i tagli e le leggi del governo centrale, sono stati ridotti drasticamente e, a causa delle mancate assunzioni, hanno un'età complessiva molto elevata. La situazione remunerativa e di qualità del lavoro è molto peggiorata e il rapporto con tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori è stato tale che, per la prima volta nella storia del comune di Milano, tutti i lavoratori hanno fatto almeno un giorno di sciopero. Per avere un'idea della situazione basti pensare che il rapporto tra spese per il personale e la spesa corrente è passato dal 37% del 2011 al 24% del 2013 al 20,5% del 2015. Sempre per quanto riguarda il personale è da rilevare come tutto il lavoro del Forno Crematorio sia stato esternalizzato, nonostante che il consiglio comunale avesse votato un ordine del giorno in cui si chiedeva di mantenerlo in affidamento al personale del comune. A smentire clamorosamente la roboante promessa elettorale della completa stabilizzazione dei precari comunali – promessa che aveva mobilitato gran parte di questi ultimi a partecipare gratuitamente alla sua campagna elettorale - la loro situazione si è solo aggravata con più lunghi periodi di disoccupazione e per alcuni di loro col passaggio in forme peggiori di precarietà nelle aziende private alle quali sono stati esternalizzati specifici servizi come, di recente, il servizio strategico della riscossione tributi, mentre si continuano a sperperare soldi pubblici per consulenze, incarichi dirigenziali e collaborazioni “personalistiche” (cioè date ad amici senza concorso) che sono moltissime.
Pisapia oltre a procedere col progetto EXPO, ha scelto di avviare la linea 4 della Metropolitana, con lo stesso sistema utilizzato dalla Moratti, ossia una società mista privati/comune in cui di fatto i privati avranno solo i vantaggi, mentre il comune si accollerà gli eventuali debiti. Questa “grande opera” da 1,8 miliardi di euro indebiterà ulteriormente il comune che si impegna a spendere tra gli 80 e i 100 milioni l'anno per i prossimi 22-25 anni (non per l'esercizio della linea, ma per pagare mutui e interessi) a fronte dei 500 milioni che metteranno i privati e contando su 172 milioni che il governo si era impegnato a dare per un'opera che doveva essere pronta per l’EXPO. Dove verranno presi tutti questi soldi, considerando che c'è da rispettare il famigerato Patto di stabilità? Si prospetta una stagione di tagli selvaggi ai servizi pubblici che verrà attuata dalla giunta entrante. È inoltre da sottolineare che la decisione di realizzare la M4 non è passata attraverso il Consiglio comunale, ma con decisione della giunta, attraverso l’ormai consolidata pratica del regime neofascista che accentra i poteri nell’esecutivo il quale decide d’arbitrio sulle scelte ritenute “strategiche” per i magnati delle banche e del cemento.
Si sono privilegiate, insomma, le grandi opere (EXPO e M4) a scapito di opere di restauro, manutenzione e miglioramento delle case popolari e di riqualificazione dei quartieri periferici e, in generale, delle politiche sociali. La decisione del comune di dare a Metropolitana Milanese SpA (MM) la gestione delle proprie (29.000) case popolari che prima erano malgestite da ALER costituisce solo un passaggio di consegne da un’azienda regionale ad una partecipata del comune. MM continua la politica dissennata degli sgomberi, secondo quella modalità tipicamente neofascista di cercare di risolvere un problema sociale con provvedimenti di ordine pubblico. Si sgombera mentre prosegue lo scandalo di ben 9.500 unità residenziali (3.000 comunali e 6.500 di competenza dell’Aler, l’indebitatissima società regionale che le ha in gestione) che devono essere ristrutturate. E inoltre nelle periferie la giunta Pisapia non ha costruito nessun nuovo alloggio. L'amministrazione Pisapia ha fatto in soli cinque anni più sgomberi di case, di centri sociali e di campi Rom che in diciotto anni le giunte della destra neofascista di Formentini, Albertini e Moratti.
Persino sul tema dell'antifascismo il vento non è cambiato. Se pubblicamente ha dichiarato una formale contrarietà verso movimenti nazifascisti come CasaPound, non si può dimenticare che ogni anno la Milano antifascista viene offesa con la mobilitazione fascista del 29 aprile in cui si commemora la morte del missino Sergio Ramelli a opera di militanti di “Avanguardia operaia” nel 1975. Ogni anno questo è un appuntamento in cui i movimenti antifascisti milanesi si ricompattano per osteggiare tali celebrazioni, ma nel 2014 Giuliano Pisapia decide di partecipare all'evento (ed è la prima volta per un sindaco di Milano, neanche la Moratti aveva osato tanto), accompagnato da una folta pattuglia del PD. L'ottica è quella che “occorra arrivare a una pacificazione”. Ma è difficile pensare di potersi pacificare con i fascisti, mentre appare evidente l'adesione al progetto revisionista iniziato da Luciano Violante a metà anni '90 con l'equiparazione tra partigiani e repubblichini. La ciliegina sulla torta è la decisione di iscrivere il nome di Franco Servello (ex-MSI) al Famedio del Cimitero Monumentale.
Nella sua “svolta arancione” promessa in campagna elettorale Pisapia includeva la partecipazione popolare nel prendere le decisioni inerenti la vivibilità dei quartieri. Ma nei fatti la giunta arancione non ha fatto altro che opporsi alle giuste rivendicazioni avanzate dai vari Comitati sorti in difesa dell'ambiente e della vivibilità dei quartieri. Per due anni i Comitati contrari alla famigerata Via d'Acqua che doveva attraversare alcuni parchi cittadini, si sono visti trattare come dei sovversivi, ai quali la giunta ha ripetuto che era impossibile cambiare il progetto in quanto deciso dal Comitato internazionale di Expo, a Parigi, e che quindi non si potesse fare nulla. Solo la magistratura, con la condanna della Maltauro è riuscita a bloccare il progetto. Stesso discorso per il Comitato che lotta per preservare la zona verde della Goccia in Bovisa, per coloro che si mobilitano per preservare i Giardini al Monte Stella, o per il Comitato Navigli.
La realtà è che dopo cinque anni di giunta arancione i milanesi si ritrovano con una città più povera, più inquinata e cementificata, più sporca e più tartassata.
Tartassata nel senso che buona parte della giornata del milanese è dedicata a pagare le tasse, gabelle e sanzioni con cui Pisapia svuota quotidianamente le sue tasche: addizionali applicate sempre con l’aliquota massima, ambulanti ed esercizi commerciali che utilizzano il suolo pubblico massacrati, ticket d’ingresso per l’auto in centro (la famosa “area C”) persino per i residenti, strisce blu per il parcheggio a pagamento anche nell’estrema periferia, record astronomico di multe con l’autovelox. La voracità fiscale della giunta “arancione” si giustifica nel voler far pagare già da subito alle masse lavoratrici e popolari le spese e i debiti di EXPO. Lo dimostra l’impennata che dai 631 milioni annui di euro di tasse comunali dell’era Moratti si è saliti ai 1.300 milioni attuali, cioè più del doppio.
Dalle imposte sugli immobili c’è stato più di un raddoppio degli incassi per l’erario comunale passando dai 311 milioni ai 716 milioni di euro attuali; da quelle sui rifiuti si è passati dai 195 milioni ai 306 milioni di euro; da quelle per l’occupazione di suolo pubblico si è passati dai 29 milioni ai 62 milioni di euro. Pisapia ha inoltre introdotto l’addizionale Irpef, che ha spremuto ulteriori 180,5 milioni di euro. L’insediamento della giunta “arancione” ha visto il rincaro del biglietto dei mezzi pubblici, passato in un batter di ciglia da 1 a 1,5 euro, primo esempio in Italia di aumento del titolo di viaggio del 50 per cento in un colpo solo. Quindi il surreale capitolo delle contravvenzioni inflitte agli autoveicoli: a Milano viene staccata una multa ogni 9 secondi, e solo nei primi nove mesi del 2015 si sono accumulati verbali d’infrazione per la stratosferica cifra di 380 milioni di euro. L’ultimo dato disponibile relativo al numero delle contravvenzioni riguarda il 2014 e indica un totale di 3,4 milioni di multe, quasi tre a testa per ogni residente milanese. Di queste multe 2,4 milioni sono state comminate tramite telecamere che vengono posizionate in punti strategici di percorsi a senso unico, nei quali basta una semplice svista di un cartello di divieto per incapparci e per uscirne si è costretti a percorrere corsie interdette ai veicoli privati, dove le telecamere non perdonano. Con queste trappole le multe sono aumentate di un milione nel giro di un solo anno, da 2,4 a 3,4 milioni.
 

Il candidato Sala
La maggioranza della borghesia meneghina e nazionale sembra già avere le idee chiare su chi dovrà ricoprire la carica di neopodestà: il candidato del PD Giuseppe Sala. Già da oggi è evidente che i “poteri forti” del capitale utilizzeranno i mezzi economici e mediatici di cui dispongono per garantire la vittoria al loro favorito.
Già direttore generale del comune di Milano dal gennaio 2009 al giugno 2010 sotto la giunta della destra del regime neofascista, guidata dalla neopodestà Letizia Moratti, dove ha orientato gli investimenti pubblici e i piani urbanistici milanesi in funzione della speculazione edilizia legata ad EXPO, Giuseppe Sala ha dato continuità a quegli stessi famelici interessi diventando rappresentante del comune di Milano nel consiglio di amministrazione di EXPO 2015 S.p.A., l'azienda fondata con “generosi” stanziamenti pubblici, al completo servizio di interessi privati incaricata della realizzazione, organizzazione e gestione dell'Esposizione Universale. Di essa Sala è stato nominato amministratore delegato dal giugno 2010. Il 6 maggio 2013 l’allora presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, lo ha nominato commissario unico delegato del governo per l'EXPO con uno stipendio di circa 270mila euro annui, più la parte variabile, divenendo il più pagato dirigente pubblico d’Italia. Il 29 ottobre 2015 è entrato a far parte del Cda di Cassa Depositi e Prestiti per meglio dirottare fondi pubblici verso gli interessi privati che ruotano attorno ad EXPO. In relazione al suo incarico di amministratore delegato di EXPO 2015, Sala è stato criticato per via dei numerosi appalti che sono stati aggiudicati, durante la sua gestione, in modo illegittimo. Il Comitato Antimafia di Milano infatti ha denunciato nella sua sesta relazione semestrale due affidamenti diretti, da parte della società EXPO, per lo svolgimento di attività, in relazione alle Linee Guida Antimafia per protocollo di legalità, per un totale di 741.500 euro, denunciando pratiche opache e nessuna risposta precisa in merito ai chiarimenti richiesti dal Comitato. I conti di EXPO 2015 non sono stati ancora chiusi, ma, secondo una stima riportata dal Fatto Quotidiano , ci sarebbe un buco che oscilla tra i 400 e i 500 milioni di euro. Sala, del resto, sarebbe un neopodestà perfetto per la maggior parte della grande borghesia italiana dato che è stato lui a gestire gli appalti dell’Esposizione Universale facendo fare grossi affari ai grandi magnati del capitale finanziario, immobiliare e industriale.
Ha avuto a che fare con Legacoop tramite la CMC di Ravenna, vincitrice di appalti importanti in EXPO, ma Sala ha consolidato pure un rapporto, già collaudato ai tempi della Moratti, con la lobby politico-affaristica cattolica di Comunione e Liberazione (della quale è socio fondatore Fiorenzo Tagliabue che con la sua società di comunicazione guida le strategie elettorali di Sala) garantendo appalti pubblici ad aziende associate alla Compagnia delle Opere di Giorgio Vittadini.
Sala piace anche alla finanza, alle banche, agli ultimi salotti rimasti della borghesia milanese, alle grandi aziende statali e a quelle private rimaste sul territorio.
Piace in fondo anche a Silvio Berlusconi, che lo apprezza sin da quando il fidato Bruno Ermolli lo portò da Telecom a Palazzo Marino sotto l’ultima giunta di “centro-destra” in città.
Sala può contare, oltre che sull’appoggio di tutto il PD, anche sul sostegno dell’IDV e del neopodestà uscente Pisapia con il suo comitato elettorale “arancione” di cui fanno parte SEL e i Verdi che presentano la lista “Sinistra per Milano”.
Inoltre durante le primarie sono emersi nuovi supporter eccellenti come il plurinquisito e condannato, intrallazzatore della cosiddetta P3, Denis Verdini; e come anche il “Centro Democratico” dell’ex assessore al bilancio DC Bruno Tabacci notoriamente legato all’Opus Dei tramite Giuseppe Garofalo (già condannato a tre anni di reclusione ai tempi di tangentopoli per finanziamento illecito ai partiti quand’era presidente di Montedison, e oggi presidente della holding di partecipazioni industriali “Alerion”) ed Ettore Gotti Tedeschi (già coinvolto, assieme agli alti vertici dello IOR che presiedeva, in un'indagine della Procura di Roma per supposta violazione delle norme antiriciclaggio), ambedue dichiarati sostenitori di Sala.
La candidatura a neopodestà di Milano dell’amministratore delegato di EXPO è la congiuntura perfetta, bipartisan, di un mondo economico e politico che si è radunato sotto l’Esposizione Universale e che adesso trova la sua quadratura del cerchio su Palazzo Marino.

 

Il candidato Parisi
Qualora però Sala non ottenesse il consenso elettorale necessario, l’alternativa sarà comunque quella di un garante dei medesimi sopraccitati interessi: Stefano Parisi, candidato neopodestà direttamente da Berlusconi e Salvini per il “centro-destra” del regime neofascista, probabilmente su indicazione degli stessi “poteri forti” del capitale finanziario sostenitori di Sala.
Già a capo, tra il 1984 e il 1988, della segreteria tecnica del ministero del Lavoro del governo Craxi - ai tempi del decreto neofascista che tagliò 4 punti percentuale della scala mobile – Parisi servì per i due anni successivi la vicepresidenza del Consiglio dei ministri durante il governo De Mita, per poi continuare la sua carriera craxiana a capo della segreteria tecnica di Gianni De Michelis presso il ministero degli Esteri.
Con l’avvento della seconda repubblica Parisi fu a capo del dipartimento per gli Affari economici della presidenza del Consiglio dei ministri, prima con Giuliano Amato e poi con Carlo Azeglio Ciampi. Nel 1997 si trasferì a Milano per divenire Segretario comunale (City Manager ) del neopodestà Gabriele Albertini, quando la sua giunta confindustrial-fascista di “centro-destra” approvò il “patto per Milano” sulla flessibilità che ruppe i rapporti del comune con la CGIL milanese, perché prevedeva di introdurre contratti a termine e retribuzioni ridotte in deroga ai contratti nazionali.
Nel 2000 Parisi divenne direttore generale di Confindustria durante la presidenza di Antonio D’Amato che, appoggiato dal secondo governo Berlusconi, cominciò a parlare dell’abolizione dell’articolo 18. Nel 2004 troviamo Parisi amministratore delegato di Fastweb, coinvolto nello scandalo Fastweb-Telecom sulle finte fatturazioni.
Come si vede i due principali candidati neopodestà sono degli sperimentati ed esperti servitori degli interessi generali del capitale monopolistico, fautori delle politiche economiche e sociali del regime neofascista e nemici giurati dei lavoratori e dei loro diritti.
 

Il candidato Rizzo
Per dare un’alternativa all’elettorato di sinistra ancora sotto l'influenza dell'elettoralismo che, dopo le primarie del PD, non andrebbe mai a votare per il manager EXPO (optando così per l’astensionismo, se non in parte trattenuto nell’elettoralismo dal M5S), il presidente del consiglio comunale uscente Basilio Rizzo ha presentato la sua candidatura a sindaco.
Ex sessantottino, ex “Avanguardia Operaia”, Rizzo entra in consiglio comunale nel 1983 con DP (partito trotzkista degli ex “extraparlamentari” convertitisi alla partecipazione e legittimazione delle istituzioni rappresentative borghesi). Nei trent’anni successivi, cambiano i simboli e le sigle (dai Verdi Arcobaleno alla Lista Dario Fo, fino alla Sinistra per Pisapia), ma lui resta sempre il sostenitore del primato dell’opposizione parlamentare pacifista che esclude la protesta di piazza e la lotta di classe, e che se c’è si debba concludere istituzionalmente con una sterile mozione in consiglio comunale, anche se questa istituzione, nella seconda repubblica, ha perso ogni potere reale rispetto al potere esecutivo della giunta. Nel 2011 Rizzo sostiene le illusioni e l’imbroglio “arancione” del “vento che cambia” del candidato Giuliano Pisapia che diventa neopodestà e per la prima volta in vita sua non si trova all’“opposizione” divenendo presidente del consiglio comunale.
È evidente che la sua candidatura non è finalizzata allo scopo ufficiale di divenire “primo cittadino” bensì a quello di giustificare la presentazione della lista “Milano in Comune” che al primo turno elettorale candida a consiglieri i falsi comunisti della FdS assieme ai candidati dell’Altra Europa con Tsipras, del partito Umanista, di Act e di Possibile (di Pippo Civati), che hanno una base elettorale dichiaratamente anti Sala e No EXPO.
Interrogato da lavoratori e sindacalisti, durante il corteo mattutino del 1° Maggio, sul suo programma elettorale in tema di lavoro, Basilio Rizzo si è ben guardato dal parlare del lavoro stabile rilanciando invece il solito “diritto al reddito” denominandolo “salario sociale”. Ben lungi dall’ammettere che il Comune ha i mezzi per creare occupazione stabile al suo interno, allargando e riappropriandosi dei suoi servizi pubblici e sociali, Rizzo preferisce favorire le iniziative di imprese private e i loro lucrosi affari, che sfruttano al massimo la precarietà lavorativa garantita dal Jobs Act, promettendo per loro spazi pubblici sottratti a servizi pubblici per le masse, e perciò negati a potenziali nuovi lavoratori comunali stabili.
 

Il candidato Corrado e altri
Infine, per trattenere in particolare i voti astensionisti il Movimento 5 Stelle (M5S), oltre a presentare la sua lista di potenziali consiglieri, candida a neopodestà l’avvocato Gianluca Corrado, rampollo dell’omonimo clan familiare politico-affaristico, prima democristiano e poi forzista, dell’isola siciliana di Lipari. Il suo programma elettorale “Una Milano verde, leggera e a misura di famiglia e di cittadino” riflette proposte del M5S anche se ai fatti tutte le sue promesse sono già state ripetutamente tradite nei vari comuni amministrati da giunte pentastellate.
A tentare d’accalappiare voti per un seggio consiliare, con una formale candidatura a sindaco, ci sono anche: l’ex assessore ai parchi e giardini nella giunta fascioleghista di Marco Formentini, Luigi Santambrogio, con la lista di “Alternativa municipale”; il trotzkista Natale Azzaretto con la lista del PCL; il pannelliano Marco Cappato con la lista dei Radicali; e la consigliera regionale (eletta in una lista civica a sostegno dell’attuale governatore Roberto Maroni) Maria Teresa Baldini, con la lista di “Fuxia people”, la cui candidatura però è stata esclusa (così come anche la lista pro-Parisi dei fascisti di FdI) perché presentata su modulistica non aggiornata.
 

La proposta del PMLI
Quanto abbiamo descritto è a riprova che perdurando il capitalismo è impossibile che i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo perché restano inevitabilmente succubi della volontà e degli interessi dei grandi capitalisti, locali come nazionali, vincolati alle leggi dello Stato borghese, sottoposti ai governi di livello superiore ed esecutori locali delle loro politiche di lacrime e sangue.
Le istituzioni rappresentative borghesi vanno quindi smascherate, delegittimate, indebolite, disgregate anche attraverso l'astensionismo cosciente, anticapitalista, antifascista, antirazzista, antiomofobo. Ma l'astensionismo elettorale non basta, occorre combatterle ogni giorno unendosi in un organismo politico di massa. Per questo il PMLI propone all'elettorato di sinistra, anche a chi non è astensionista ma vuole il socialismo, di creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta e con rappresentanti revocabili in qualsiasi momento dalle assemblee popolari territoriali.
Lo scopo fondamentale dei Comitati popolari (che sono a carattere permanente e costituiscono gli organismi di direzione politica delle masse fautrici del socialismo, da non confondersi con i comitati di lotta o altri tipi di comitati, come i comitati civici, i comitati popolari spontanei, ecc., in genere a carattere temporaneo e fondati su questioni particolari e specifiche) è quello di guidare le masse, anche se non fanno parte delle Assemblee popolari, nella lotta politica per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e che diano alle masse l'autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri sociali, ricreativi e sportivi di carattere pubblico.
Il PMLI rilancia inoltre alcune delle rivendicazioni principali che muovono la propria azione politica e invita le masse lavoratrici e popolari milanesi, compresi i migranti, anche se d'accordo solo con alcune di esse, e indipendentemente dalla loro collocazione politica e partitica, salvo la pregiudiziale antifascista, a battersi sul terreno della lotta di classe e di piazza per strappare ai futuri rappresentanti della borghesia che si insedieranno a Palazzo Marino una serie di rivendicazioni politiche, economiche e sociali:
LAVORO
Varare un concreto piano occupazionale per il territorio comunale, con risorse concrete per il diritto fondamentale a un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.
Interventi per salvaguardare le fabbriche a rischio di chiusura, fino all’espropriazione.
Il comune deve inoltre farsi garante del lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato con la stabilizzazione dei precari (così reintegrando il turn-over e adeguando gli organici alle necessità dei servizi) e la creazione di nuovi posti di lavoro stabili tramite la reinternalizzazione dei servizi comunali attualmente esternalizzati ad appalti privati.
CASE, INFRASTRUTTURE, PERIFERIE
Rilanciare l'edilizia popolare e pubblica. Il comune deve requisire le case sfitte da oltre un anno, i locali dismessi e inutilizzati e i palazzi nelle medesime condizioni da destinare, dopo i necessari lavori, alle famiglie sfrattate e senza casa.
Il divieto degli sfratti fino a che non sia offerta un'adeguata abitazione alternativa, specie per gli anziani e le famiglie a basso reddito.
Il divieto da parte del comune di rilasciare concessioni edilizie per insediamenti abitativi in vicinanza di elettrodotti.
Tutelare l'ambiente con la costruzione di parchi pubblici e la limitazione del traffico urbano.
Nuovo Piano Regolatore che impedisca la speculazione edilizia post EXPO e che dia la priorità urbanistica al risanamento delle periferie urbane e dei quartieri popolari.
TRASPORTI
Forte potenziamento e prolungamento degli orari del trasporto pubblico di superficie e sottosuolo – tanto a Milano che nell’hinterland - con mezzi non inquinanti, per una rete di linee che si estendano circolarmente e non solamente a raggiera, e per tariffe e abbonamenti a costi popolari e unificati su tutta la rete ATM inclusa nelle province di Milano, di Lodi e di Monza-Brianza (non si può sensatamente parlare di ridurre traffico e inquinamento a Milano senza partire da questi presupposti volti a disincentivare l’utilizzo dell’automezzo privato).
Rifusione della rete di trasporto pubblico in un unico ente gestore pubblico con la rimunicipalizzazione dell'ATM e lo scioglimento della Spa la cui disastrosa gestione privatizzata ha peggiorato gravemente il servizio.
Aumentare sulle principali arterie stradali urbane le corsie preferenziali di filobus e tram con, agli incroci, semafori che ne privilegino il passaggio in modo da velocizzarne la corsa.
Abolizione del pedaggio automobilistico per l’ingresso in Centro (ora chiamato “Area C”).
SCUOLA
Il comune deve dotare le scuole di biblioteche, sale di lettura e strutture attrezzate gratuite al servizio degli studenti per attività informatiche; installare mense scolastiche gratuite con cibo di qualità.
GIOVANI
Creazione di centri giovanili autogestiti, di strutture sociali, ricreative, culturali e sportive pubbliche da dare in gestione direttamente e gratuitamente ai giovani.
Trasporti pubblici e gratuiti per i giovani senza lavoro e gli studenti.
MIGRANTI E NOMADI
Prevedere presso le scuole pubbliche, in orari extra scolastici e extra lavorativi, corsi di lingua italiana gratuiti per immigrati adulti.
Organizzare incontri pubblici, nelle piazze e nei quartieri popolari, per favorire la fraternizzazione e la socializzazione tra le varie comunità straniere e quella italiana.
L'obbligo del comune di costruire per i nomadi in sosta temporanea, strutture di soggiorno in muratura attrezzate di servizi, e per l'assistenza sanitaria, per la raccolta di rifiuti, e collegate con i mezzi di trasporto pubblici. Per gli stanziali l'obbligo di fare piani di inserimento nella vita sociale, lavorativa e scolastica nel territorio di competenza.
ARTIGIANI E COMMERCIANTI
Messa a disposizione, da parte del comune di immobili di proprietà pubblica da affittare a prezzo politico per iniziative e attività artigianali, turistiche e di piccolo commercio, fiscalmente incentivate, al fine di evitare l'abbandono e il degrado dei quartieri popolari.
Semplificazione delle pratiche e incombenze amministrative, contabili, fiscali e burocratiche.
LGBT
Parità di diritti e trattamenti sociali, economici e fiscali per le coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali.
Diritto, anche per le famiglie di fatto, comprese le coppie omosessuali, lesbiche, transessuali, di accedere ai bandi di concorso per l'assegnazione delle case popolari.
ANTIFASCISMO
Nessuna piazza, strada o spazio pubblico comunale dev'essere concesso ad organizzazioni di matrice nazista e fascista, sciogliere tutti i gruppi fascisti e chiudere i loro covi e deferirli alla magistratura in ottemperanza alla legge n. 645/1952 contro la ricostituzione del disciolto partito fascista.
Lottiamo per la vittoria dell'astensionismo anticapitalista e per il socialismo! Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo!
Solo il potere politico al proletariato e la conquista del socialismo consentiranno che i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

18 maggio 2016