Al centro dell'inchiesta le nomine del Teatro Regio
Indagati sindaco e assessore di Parma del M5S
Pizzarotti e Ferraris sono accusati di abuso d'ufficio
A pochi giorni dalla bufera giudiziaria che ha colpito il M5S di Livorno, anche l'amministrazione M5S di Parma è finita sotto inchiesta della magistratura. Il 10 maggio la procura di Parma ha confermato che, dalla metà di febbraio scorso, il neopodestà Federico Pizzarotti e l’assessore alla Cultura Laura Ferraris risultano ufficialmente indagati per abuso d’ufficio per le nomine al Teatro Regio.
Sotto la lente degli inquirenti ci sono le pressioni esercitate in comune durante la procedura di selezione dei candidati da nominare alla guida del teatro Regio, principale istituzione culturale della città.
La vicenda è iniziata dopo le dimissioni, nel luglio del 2014, dell'amministratore dell'ex amministratore del teatro Carlo Fontana. Per rimpiazzarlo il Comune di Parma aveva aperto una “ricognizione esplorativa”, e Pizzarotti aveva costituito perfino una commissione ad hoc per la valutazione delle candidature. A gennaio del 2015 la commissione comunica che la procedura si era chiusa senza esito per poi affidare, circa una settimana dopo, l'incarico a due persone che tra l'altro non avevano nemmeno partecipato al bando: Anna Maria Meo, nominata direttore generale, e Barbara Minghetti, responsabile per i progetti speciali.
Una decisione d'imperio da parte di Pizzarotti che ha sollevato forti polemiche considerato soprattutto il fatto che almeno sette candidature furono cestinate dalla commissione senza dare spiegazioni. Da qui la decisione assunta lo scorso autunno dalla procura che ha aperto un fascicolo in seguito agli esposti presentati dal senatore parmigiano del PD Giorgio Pagliari.
I tre mesi di ritardo con cui Pizzarotti ha informato il direttorio del M5S dell'indagine a suo carico ha riacceso la guerra per bande e il regolamento di conti all'interno del movimento con reciproci scambi di accuse e ha indotto il padre padrone Beppe Grillo a pretendere la sospensione dal Movimento.
Insomma, invece di “fare pulizia dentro i palazzi”, il M5S appena ha messo piede dentro la stanza dei bottoni si è sporcato le mani come tutte le altre cosche parlamentari e in percentuale conta il maggior numero di indagati in rapporto alle 16 amministrazioni in cui governa.
Dunque altro che “onestà e trasparenza”: da Quarto a Gela, da Alessandria a Ragusa, da Bagheria (PA) a Venaria (TO) fino a Livorno e Parma il Movimento 5 Stelle sprofonda sempre più nel fango del malgoverno insieme a tutte le altre cosche parlamentari con alla testa il PD del nuovo duce Renzi.
Ciò conferma che il marcio sistema capitalista e l'elettoralismo borghese sono esse stesse fonte di corruzione e sono perciò irriformabili.
Perdurando il capitalismo, come dimostrano la storia e i fallimenti delle amministrazioni “arancioni” e pentastellate, è impossibile che i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo, perché restano inevitabilmente succubi della volontà e degli interessi dei grandi capitalisti, locali come nazionali, vincolati alle leggi dello Stato borghese, sottoposti ai governi di livello superiore ed esecutori locali delle loro politiche di lacrime e sangue.
Le istituzioni rappresentative borghesi, di cui fanno parte i consigli comunali, sono le coperture “democratiche” della dittatura borghese e la loro funzione è quella di carpire il consenso elettorale e il sostegno del popolo, illudendolo che il suo voto ai partiti che ne fanno parte può incidere sulle scelte governative e può migliorare le proprie condizioni.
Solo il socialismo può consentirlo attraverso un sistema elettorale che estromette la borghesia dal potere e dà tutto lo spazio al proletariato e al popolo.
18 maggio 2016