Indagati e impresentabili alle Comunali 2016

Altro che “liste pulite” e “candidati incensurati a prova di casellario giudiziario”: a spulciare le liste che le varie cosche parlamentari di “sinistra”, di centro e di destra, hanno presentato per le amministrative del 5 giugno si scopre che invece sono piene di impresentabili, condannati e indagati per fatti gravi e infamanti legati a tangentopoli e mafiopoli, neofascisti, parenti e amici degli amici spesso anche in palese conflitto di interessi con la carica elettiva a cui aspirano.
Tra i casi più clamorosi c’è quello di Napoli dove, in corsa con il PD, ci sono tutti i “galoppini” ripresi nei famigerati video di Fanpage.it, mentre distribuiscono euro fuori dai seggi delle primarie del 6 marzo: Antonio Borriello, Gennaro Cierro e Giorgio Ariosto. Ariosto nel 2011 era in una lista di Totò Cuffaro. Oggi è al fianco di Valeria Valente, la vincitrice delle primarie convalidate nonostante i ricorsi dello sconfitto Antonio Bassolino.
A sostegno della Valente corrono anche i verdiniani di Ala fra le cui liste figurano Vincenzo e Vitale Calone, rispettivamente nipote e figlio di Vincenzo Calone senior condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e una fedina penale piena di accuse, arresti e denunce che vanno dall’associazione mafiosa, omicidio, droga, armi, ricettazione, frode, assegni a vuoto.
Con Gianni Lettieri, capo della coalizione di centrodestra, si ricandida Marco Nonno, che ha lasciato Fdi e si schiera nella civica “Prima Napoli”. Nonno è stato condannato in primo grado a 8 anni e 6 mesi per la devastazione del quartiere di Pianura durante gli scontri anti-discarica del gennaio 2008, ma è rimasto consigliere comunale (e vicepresidente del consiglio) perché la legge Severino non riguarda quelle tipologie di reato. Cinque anni fa Nonno fu il consigliere più votato: 3.604 preferenze.
Anche a Milano non manca chi ha avuto a che fare con le aule di tribunale. Marco Osnato (in lista con Fratelli d’Italia per Stefano Parisi sindaco) è stato condannato in primo grado (ora è in attesa dell’appello) a 6 mesi di carcere, con pena sospesa, per “turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”. Per atti compiuti come direttore area gestionale dell’Aler, l’azienda che gestisce le case popolari. Osnato è più volte citato (ma mai indagato) anche nelle carte delle inchieste antimafia di Milano. Il nome di Alberto Bellotti (lista civica Stefano Parisi) compare invece nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Fabio Rizzi, braccio destro del governatore Maroni, e della zarina dell’odontoiatria Paola Canegrati, detta “Lady dentiera”. Bellotti non è indagato, ma è uno dei personaggi che Canegrati incontra per sondare “eventuali prospettive di collaborazione”. Nella civica di Parisi c’è anche Bryan Ferrentino, volto milanese di Azione Nazionale, il gruppo che ha come promotori neofascisti come Benedetto Tusa, ex membro del gruppo “La Fenice”, l’organizzazione che rappresentava a Milano Ordine Nuovo, il gruppo in cui maturò la strage di piazza Fontana. Dall’estrema destra arriva anche Stefano Pavesi, candidato con la Lega: è militante di Alpha, costola di Lealtà e azione, il movimento neofascista che anche questo 25 Aprile ha organizzato una manifestazione per i caduti della “repubblica di Salò”.
A Bologna invece il candidato sindaco di Insieme Bologna, Manes Bernardini - ex numero uno della Lega in città – è a processo per peculato nell’ambito della maxi inchiesta sui rimborsi dei gruppi in Regione Emilia-Romagna. Con i Cinque Stelle è candidato consigliere Dalio Pattacini, il giornalista che finì coinvolto nella vicenda delle “interviste a pagamento” (alcuni consiglieri regionali pagavano le ospitate nelle emittenti private): Pattacini inoltre nel 2009 si candidò con l’Italia dei Valori, dunque secondo le regole M5S non avrebbe potuto essere in lista. Il PD ricandida sindaco uscente Virginio Merola, indagato per omissione d’atti d’ufficio per il mancato sgombero di una occupazione abitativa: in altre inchieste simili che lo avevano già coinvolto, va detto, era arrivata l’archiviazione. A Rimini invece il ricandidato sindaco PD uscente, Andrea Gnassi, è indagato per associazione a delinquere e truffa nell’inchiesta Aeradria.
A Torino corre con i Moderati di Giacomo Portas (alleato del sindaco PD Piero Fassino) Massimiliano Miano, che ha patteggiato una pena per corruzione elettorale.
A Roma col centrodestra è candidato a presidente del Municipio XIII, Enrico Cavallari, ex assessore della giunta Alemanno, indagato per la delibera sulla costruzione di uno shopping center in centro. Indagato nella stessa inchiesta anche Fabrizio Ghera che invece è in lista con Fratelli d’Italia.
In lotta per una poltrona ci sono anche le nipoti del duce, Alessandra e Rachele Mussolini, la prima corre in Forza Italia a sostegno di Alfio Marchini, l’altra nella “Lista con Giorgia” per la Meloni; e poi Giuseppe Cossiga, figlio dell’ex capo dello Stato e di Gladio, capolista della “Federazione popolare per la Libertà”.
A Cosenza, i verdiniani sono al fianco del PD che candida Medina Tursi Prato, figlia dell’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato, condannato a 6 anni per concorso esterno con la ’ndrangheta e voto di scambio.
A Platì, nella Locride, dopo il ritiro della candidata renziana, Anna Rita Leonardi, il PD ha presentato due liste per conquistare il governo del comune che vanta tre scioglimenti per mafia in 12 anni. La prima si chiama Liberi di ricominciare, è guidata da Rosario Sergi, esponente del Pri e già candidato sindaco, sconfitto, nel 2009; la seconda è Platì Res Publica ed è capeggiata da Ilaria Mittiga, figlia di Francesco Mittiga: ex militante del Fuan, un passato recente da sindaco (eletto due volte con il supporto di liste civiche), arrestato nel 2003 per mafia, nel 2014 si era candidato per la terza volta ma non raggiunse il quorum. Una carriera e un’eredità politica a dir poco torbida che ora passa in eredità diretta alla figlia.

25 maggio 2016