L'arte e la grafica della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria sono un esempio da seguire per sostenere la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo
La Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) ha avuto il merito di dare un grande sviluppo alla grafica politica legando in maniera stretta la linea politica all'arte. Il proletariato e gli studenti che in massa lottavano contro la cricca revisionista di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping, presero in mano direttamente il lavoro di propaganda politica per tradurlo in immagini dirette ed efficaci secondo le indicazioni di Mao: “..la letteratura e l'arte entrino a far parte integrante dell'intero meccanismo della rivoluzione, operino come una potente arma per unire ed educare il popolo, per colpire e annientare il nemico e aiutino il popolo a combattere compatto il nemico.
” (Mao, dal Discorso di apertura alla conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte
. Maggio 1942. Opere scelte ed it. volume III pag.68). E mettendo in pratica ”l'unità tra la politica e l'arte, l'unità tra il contenuto e la forma, l'unità tra il contenuto politico rivoluzionario e la forma artistica possibilmente perfetta. Le opere che mancano di qualità non hanno forza, per quanto progressiste siano dal punto di vista politico.
”(Ibidem,
pag.89)
Mao per primo aveva dato l'esempio lanciando il suo dazebao (giornale murale scritto a grandi caratteri), “Fuoco sul quartier generale!
”, durante i lavori dell'Undicesima sessione plenaria dell'VIII CC del Pcc. Aveva lanciato questa parola d'ordine e unito politica e arte. A cominciare dalla scelta del titolo che è anzitutto una potente immagine capace di chiamare alla mobilitazione le Guardie rosse e milioni di rivoluzionari come poi accadde.
I dazebao quindi si arricchirono in maniera determinante con la grafica politica che divenne via via di alto livello e sempre più efficace.
Nelle città come nelle campagne ogni spazio pubblico per l'affissione vedeva i dazebao accompagnati sempre da immagini di lavoratori e Guardie rosse in lotta che invitavano a tenere alta la bandiera del pensiero di Mao, a colpire i dirigenti e i quadri di partito revisionisti e borghesi, a studiare il marxismo-leninismo e a portare fino in fondo la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP).
Pur essendo stati usati in Cina anche in precedenza, i “dazebao” durante la GRCP divennero lo strumento principale per permettere alle masse popolari di esporre pubblicamente e sottoporre alla discussione generale le rispettive posizioni eludendo il controllo e la censura, specie a Pechino, imposti dalla cricca revisionista di Liu Shaoqi e Deng e dal responsabile della stampa e propaganda del PCC. Oltre ai dazebao si diffusero anche le realizzazioni artistiche affisse come manifesti. Nella maggioranza dei casi erano autoprodotti dai vari gruppi rivoluzionari, anche con mezzi di fortuna, ma rivelavano un'inedita inventiva e creatività rivoluzionari che avevano la capacità di unire le tecniche tradizionali a uno stile grafico rivoluzionario che rompeva con quella stampa di partito senz'anima a cui si affidavano i revisionisti.
All'inizio la grafica era spesso realizzata con i pennelli, utilizzando il colori rosso e nero oppure con stampi di legno. In un tempo relativamente breve furono realizzate anche delle mostre per far conoscere a livello di massa questi manifesti e spingere all'emulazione allo scopo di elevare ancora di più il livello politico e artistico. In questa pagina ci limitiamo ad alcuni esempi ricordando che altre di queste opere sono state pubblicate su “Il Bolscevico” n.1 del 2014, n. 33 del 2015, n.1-2-21-22 del 2016. Quando fu possibile furono realizzati poi manifesti e stampe a più colori e diffuse in milioni di copie per coprire le richieste di tutte le masse rivoluzionarie del paese.
Come non ricordare a questo proposito il dipinto “Mao sulla strada per Anyuan” che ristabiliva la verità storica sulla organizzazione dello sciopero dei minatori fatta da Mao mentre il Pcc in mano a Liu Shoqi e Deng Xiaoping l'attribuiva allo stesso Liu Shaoqi. Divenne un manifesto-simbolo e le richieste furono tali che ne furono stampate 900 milioni di copie confermando la lungimiranza di Mao in merito all'unità tra politica e arte.
La grafica era molte volte il frutto di discussioni politiche e di lavoro collettivo e realizzata frequentemente da vere e proprie commissioni di lavoro create all'interno dei vari gruppi di Guardie rosse e nelle unità di produzione dei lavoratori e dei contadini.
La partecipazione diretta dei “padroni dei tempi
”, come li chiama Mao, cioè gli operai, i contadini e i soldati, portò alla realizzazione di manifesti che vedevano rappresentavano come protagonisti e soggetti centrali proprio gli operai, i contadini e i soldati dell'Esercito popolare di liberazione impegnati nel sostenere il pensiero di Mao e la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. È forse una delle poche volte nella storia del movimento operaio internazionale, dalla Grande Rivoluzione d'Ottobre, che i lavoratori sono i protagonisti-soggetti dei propri manifesti oltre che ispiratori degli artisti rivoluzionari.
A questo proposito ricordiamo che nel novembre 1966 più di ventimila di questi lavoratori rivoluzionari impegnati nel campo della letteratura e dell'arte confluirono a Pechino da tutte le parti del paese per dimostrare il loro appoggio e impegno a lavorare fino in fondo per la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, rispondendo all'appello di Mao: “la cultura rivoluzionaria è per le larghe masse popolari una potente arma rivoluzionaria. Prima della rivoluzione prepara ideologicamente il terreno; durante la rivoluzione è un settore importante, anzi essenziale, di combattimento, sul fronte generale della rivoluzione
” (Mao, “Sulla nuova democrazia”
. Gennaio 1940. Opere scelte ed it. Vol, II).
La Grande Rivoluzione Culturale Proletaria ha influenzato anche sotto l'aspetto della grafica rivoluzionaria i movimenti politici rivoluzionari di tutto il mondo e in Italia la Grande Rivolta del 68.
I marxisti-leninisti e più in generale i rivoluzionari italiani impararono a usare le nuove tecniche per stampare in proprio, fecero largo uso di manifesti manoscritti e si sforzarono di dare una buona forma artistica alla loro propaganda in maniera da tale da risultare più incisivi.
I primi quattro pionieri del PMLI colsero subito questo aspetto e, pur poveri e privi di mezzi tecnici, dettero vita a una stampa e propaganda efficace e ben curata dal punto di vista grafico. La compagna “Lucia” Nerina Paoletti fu la prima artefice della linea grafica dell'allora OCBI (m.l.) (l'Organizzazione da cui nascerà il PMLI) e con cartoni intagliati, lettere disegnate con le sagome per fare i titoli, barattoli di tempera da muro nera e rossa e pennarelli contribuì a ideare e realizzare in scantinati e nella sede centrale numerosi manifesti e dazebao. Poi arrivò anche la stampa con la serigrafia (altra tecnica di stampa che in quegli anni poteva essere realizzata in proprio). Successivamente fu possibile stampare tutto il materiale di propaganda politica ma la linea indicata da Mao e sviluppata durante la GRCP di tenere saldamente uniti il contenuto politico e l'arte non è mai stata abbandonata e ancora oggi ogni lavoro grafico deve tenere alto il livello, evitare lo stile stereotipato e corrispondere alla linea del Partito.
Mentre il PMLI è l'erede e continua a ispirarsi, sia pure con un suo stile peculiare, alla grafica creativa della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria,
come fanno esemplarmente la Cellula "Mao" di Milano e il Comitato lombardo, oggi la Cina revisionista e fascista di Xi Jinping l'ha radicalmente rinnegata e affossata. Ecco perché vogliamo pubblicare uno squallido manifesto del 1992 che riporta quest'“edificante frase” di Deng: “Dobbiamo fare di più e fare meno chiacchiere vuote”. Una dimostrazione plateale di quanto essa sia lontana anni luce dalla Cina di Mao.
1 giugno 2016