7 milioni di italiani a rischio frane e alluvioni
Lo rivela il Rapporto "Ecosistema rischio 2016" di Legambiente, che monitora le attività nelle amministrazioni comunali per il contenimento del rischio idrogeologico: sono oltre 7 milioni gli italiani a rischio frane e alluvioni. Il numero assoluto è pari al 12% del totale della popolazione residente nel nostro territorio. In sostanza risultano a rischio ben 7.145 Comuni, pari all'88,3%: su 1.640 incombono delle frane, 1.607 hanno un'alta pericolosità idraulica, e 3.898 sono a rischio sia per frane che alluvioni.
In oltre 400 Comuni italiani esistono interi quartieri costruiti in zone a rischio e in 1.047, il 77%, ci sono abitazioni vicino ad alvei e in siti a esposti a potenziali frane.
Secondo un recente censimento delle aree a rischio, nel 51% dei Comuni sorgono impianti industriali in aree pericolose. Nel 18% sono presenti strutture sensibili come scuole o ospedali nelle aree a rischio frana e nel 25% ci sono strutture commerciali in queste zone.
Quasi 80.000 imprese (pari al 1,7% del totale) italiane si trovano in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (200 mila lavoratori a rischio): Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte sono le regioni con il numero più alto di imprese a rischio. Sono altrettanto preoccuanti i dati relativi al pericolo di alluvioni. In questo caso le aziende esposte al pericolo sono 576.535 unità: il totale dei lavoratori a rischio è di oltre 2 milioni. Sono le regioni del Centro e del Nord, come Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Liguria e Lombardia quelle che hanno il numero maggiore di imprese a rischio.
Non solo le masse popolari e quelle lavoratrici sono a rischio, ma anche i beni culturali ed architettonici italiani. Il 18,1% del nostro patrimonio artistico è a rischio frane. I siti e i monumenti esposti sono ben 34.651 ed oltre 10.000 di questi si trovano in aree a pericolosità elevata e molto elevata. Inoltre sono ben 29.000 i monumenti a rischio alluvione. Le regioni con il numero più alto di beni a rischio sono Emilia-Romagna, Veneto, Liguria e Toscana.
Nonostante questi dati disastrosi, conosciuti da tempo, il problema non è mai stato seriamente affrontato. Anzi negli ultimi dieci anni nel 10% dei Comuni italiani si è continuato a edificare edifici in aree a rischio.
Le responsabilità ricadono sugli amministratori locali e i governatori regionali, che hanno del tutto rinunciato ad una coerente e scientifica politica di manutenzione e salvaguardia del territorio. Questo costerebbe. E' più facile violentare e cementificare il territorio allo sfruttamento, chiudere gli occhi e avallare i mostruosi progetti delle grandi opere. In rari casi gli amministratori, come dimostra l'approssimativa gestione delle alluvioni e delle frane sul nostro territorio, hanno previsto dei piani di intervento per le emergenze. Generalmente poi i governatori hanno abdicato al ruolo di sovrintendere a favore delle masse popolari ad un problema che è sovracomunale e riguarda la condizione idrogeologica dei bacini idrici di intere regioni.
Ma responsabili principali sono i governi nazionali che approvano cementificazione e condoni e spingono per uno sfruttamento sempre più selvaggio del territorio. E con il nuovo duce il problema sta peggiorando ulteriormente. Quella contenuta nello Sblocca Italia è infatti una sciagurata strategia di impatto sul territorio, che ricalca ed esaspera i meccanismi di sfruttamento che per decenni l'Italia ha subito. Centinaia di progetti, tra cui rigassificatori, termovalorizzatori, tratte ad alta velocità, discariche che vanno ad insistere su territori già dissestati e che promettono di distruggerne altri, mentre salta agli occhi l’omissione di opere utili per le masse, come quelle necessarie al contenimento del rischio idrogeologico.
Le responsabilità di Renzi sono pesanti e stanno sotto gli occhi di tutti. Per invertire la tendenza alla distruzione del territorio va anzitutto fermato lo Sblocca Italia con una lotta di massa che costringa Renzi e il suo governo di sciacalli a tornare indietro sui propri passi. Ma questo governo non lo farà di sua spontanea volontà. Esso va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche, prima che l'intera Italia si ritrovi sotto il fango letteralmente e politicamente.
15 giugno 2016