I voucher vanno aboliti
Il governo, messo alle strette, approva modifiche del tutto inefficaci sulla tracciabilità

Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Gianluca Poletti ha annunciato che il governo metterà a punto un sistema di tracciabilità con lo scopo di regolamentare l'utilizzo dei voucher. Non si tratta di una iniziativa spontanea bensì di un tentativo di placare le proteste e le denunce da parte dei lavoratori e dei sindacati per questo metodo di pagamento che si sta rivelando sempre più come un sistema per legalizzare il lavoro nero.
Ufficialmente nati come strumento per far emergere il lavoro sommerso si sono rivelati l'esatto contrario: un paravento per le aziende che abitualmente utilizzano lavoratori a nero e per quelle che vedono in questo miniassegno un modo per avere manodopera a basso prezzo e totalmente al di fuori dei contratti nazionali di lavoro delle rispettive categorie.
Un modello esteso anche in buona parte d'Europa ma in Italia siamo andati ben oltre. Nella maggior parte dei Paesi i voucher sono rimasti uno strumento circoscritto ai lavori domestici, in Italia l’ambito di applicazione si è esteso a tutti i settori produttivi. In Belgio, ad esempio, il lavoratore dev'essere dipendente di una società di servizi autorizzata e nel giro di sei mesi va assunto a tempo indeterminato. La legge italiana non prevede l’obbligo di assunzione. Anche in Francia possono essere utilizzati solo per pagare lavori di cura e domestici laddove le famiglie non riescono a sostenere contratti regolari per assumere lavoratori e lavoratrici “in prestito”.
Con il Jobs Act, poi, l’espansione si è rafforzata al punto da far scattare l’allarme.
I dati sull'utilizzo di questi buoni lavoro hanno destato clamore e rinfocolato polemiche. I numeri dell’Osservatorio dell’Inps parlano chiaro: in totale, nel periodo 2008-2015, sono stati venduti 277,2 milioni di voucher da 10 euro per un valore complessivo di oltre 2,7 miliardi di euro. Il numero di tagliandi è passato dai 500mila del 2008 ai 115 milioni del 2015. Quattro le Regioni in cui si è fatto incetta dello strumento: in testa la Sicilia, con un incremento record del 97,4%, seguita dall’85,6% della Liguria, dall’83,1% dell’Abruzzo e dall’83% della Puglia. Sempre secondo l’Inps, inoltre, a gennaio 2016 sono stati venduti 9,2 milioni di voucher, con un incremento medio nazionale del 36% rispetto al gennaio 2015, a fronte di un calo del 39% dei nuovi contratti di lavoro.
Lungi dall’essere una forma di messa in regola della piaga del lavoro nero o stagionale, i voucher rappresentano l’ultima generazione della precarietà, un modello per portare avanti una deregolamentazione del lavoro che punta esplicitamente a restringere i margini d’azione ai lavoratori. Spesso i 7,50 euro vengono presi a parametro, come un salario minimo di riferimento, anche per i lavoratori dipendenti regolari dove il contratto di categoria assegna paghe orarie maggiori. Il loro uso è il più svariato ma sono i settori del terziario e dei servizi a farne maggiore uso: la ristorazione e il turismo sono in cima a questa classifica. Il loro uso “corretto” riserva al lavoratore una paga misera, non garantisce il pagamento in malattia, niente Tfr, assegni familiari, permessi e qualsiasi altra copertura poiché il voucher si colloca totalmente al di fuori di qualsiasi contratto di lavoro.
Come viene denunciato da più parti, anche dal presidente dell'Inps Tito Boeri, i voucher si prestano agevolmente per coprire il lavoro nero. Lo stesso ministro Poletti ha ammesso che i buoni lavoro vengono spesso utilizzati nella stessa maniera di una persona che sale sul tram con il biglietto e lo timbra solo quando vede il controllore. Una pratica avvalorata dagli stessi dati dell'Inps che registrano una differenza di 30milioni di voucher tra quelli richiesti e quelli effettivamente riscossi: è evidente che questi sono “sospesi” o trattenuti dal committente (ossia il padrone), in attesa di essere mostrati in caso di controlli. La stessa normativa è assai confusa; ad esempio nell'edilizia si usano anche nelle ditte appaltatrici nonostante una circolare del ministero affermi che lo può fare solo chi somministra direttamente un lavoro. Con i voucher si coprono anche gli infortuni sul lavoro di chi è impiegato a nero. Mentre gli infortuni calano tra i dipendenti, anche a causa della crisi e del calo dell'occupazione, tra chi usa i voucher invece sono in forte aumento, così come sono raddoppiate le morti bianche, e guarda caso il pagamento del tagliando coincide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risulta alcun rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Adesso il governo Renzi ha annunciato di avere pronto il meccanismo per la tracciabilità dei buoni lavoro. In sostanza il tutto si riduce all'obbligo per il committente di comunicare per tempo, ovvero 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, i dati del lavoratore del giorno, tempi e luogo di lavoro altrimenti scatteranno sanzioni che vanno da un minimo di 400 euro a un massimo di 2.400 euro. Misure del tutto inefficaci, servirebbe un controllo capillare inattuabile. La verità è che questo palliativo non servirà a cambiare la natura dei voucher che continueranno a rimanere un sistema che si presta facilmente a coprire e a legalizzare il lavoro nero. I sindacati spiegano che è lo strumento stesso a essere sbagliato in origine e le modifiche non faranno altro che lasciare milioni di lavoratori in un’area grigia fatta di precariato e povertà. La Cgil sta raccogliendo le firme per un referendum abrogativo della legge sui voucher. Per Susanna Camusso “si risolve abolendo un istituto che ha dimostrato di essere il canale attraverso cui si disperde lavoro, o lo si sommerge, e lo si peggiora”.
In parlamento ci sono anche diverse proposte di legge per recuperare la versione originale del voucher (“dobbiamo tornare alla legge Biagi che saggiamente individuava i voucher per i lavori occasionali ed accessori”, dice Cesare Damiano, PD, ex ministro e ora presidente della Commissione Lavoro della Camera, autore di una delle proposte.
Noi marxisti-leninisti invece ci associamo a chi chiede senza mezzi termini l'abolizione dei voucher.
 
Un voucher

15 giugno 2016