15mila braccianti manifestano a Bari contro il caporalato e per il contratto
Misure palliative o deleterie dal governo Renzi. No al supersfruttamento in agricoltura
Hanno marciato in quindicimila a Bari il 25 giugno per chiedere un lavoro regolare, tutelato ed equamente compensato. Erano le braccianti e i braccianti agricoli, chiamati in piazza per la manifestazione nazionale, indetta da Flai-CGIL, Fai-CISL e Uila-UIL, per dire No al caporalato. Moltissime le bandiere rosse della Cgil, ma anche quelle degli altri sindacati, che in questi anni hanno seguito da vicino l'instancabile lotta degli operai agricoli italiani, ridotti ad una condizione di semischavitù dagli ultimi interventi legislativi antipopolari e antisindacali del governo Renzi.
Alla manifestazione partecipava anche Stefano Arcuri, marito di Paola Clemente, la bracciante di 49 anni morta nei campi il 13 luglio del 2015, uccisa dal caldo e dalla fatica mentre era al lavoro in un vigneto: “sono qui – ha detto - in questa grande manifestazione per di dire no allo sfruttamento del lavoro in agricoltura. E' importante avere un contratto e soprattutto occorre opporsi al caporalato".
Durante la manifestazione, gli operai, in testa le braccianti, principali vittime del caporalato, hanno chiesto ad una voce al governo Renzi di passare dalle parole ai fatti. Dopo le tante chiacchiere seguite all'ecatombe di 13 lavoratrici e lavoratori dei campi l'anno scorso, Renzi non ha fatto praticamente nulla, tranne allargare l'utilizzo dei voucher in agricoltura, di fatto contribuendo pesantemente a coprire e favorire la piaga dello sfruttamento dei lavoratori delle campagne. E' un dato di fatto il peggioramento normativo riguardante i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli, che adesso sono assunti “regolarmente” da agenzie interinali per conto delle aziende in cui vanno a lavorare o dei caporali e per un misero guadagno, 27 euro al giorno. Il voucher costituisce, come hanno denunciato i sindacati in manifestazione, “un caporale di carta”, che porta ad avere lavoratori sfruttati e senza diritti, tutele e indennità, senza assistenza o TFR. Il voucher è stato un regalo ai caporali. Basti considerare che in un settore quello agricolo dove ci sono oltre 430mila lavoratori in nero, i voucher hanno segnato un 154% in più rispetto allo scorso anno.
Secondo un recente rapporto della CGIL, ad esser vittime del caporalato sono tutti i 430mila lavoratori in nero, con un incremento di circa 30-50mila rispetto a quanto stimato nel rapporto precedente. E, inoltre, sono più di 100mila lavoratori “in condizione di grave sfruttamento e vulnerabilità alloggiativa”.
Si tratta dei migranti, presenti a centinaia in piazza a Bari. Centinaia di migliaia sono migranti che lavorano senza alcuna tutela nei campi, sottoposti alle forme più violente di schiavismo, che comprende punizioni corporali, ricatti, sottrazione dei documenti, imposizione del trasporto, dell’alloggio, dei beni di prima necessità. Il tutto senza che i prefetti, preposti al controllo, facciano qualcosa, come è nei loro poteri.
A livello istituzionale, il decreto legislativo contro il caporalato, che porta la firma dei sindacati, è fermo in senato dal gennaio 2016: “Noi chiediamo – ha detto Ivana Galli, segretario generale Flai Cgil, dal palco di Bari – che il Ddl 2217 sia approvato. E' una legge di civiltà che può fermare lo sfruttamento sistematico ed organizzato, che lucra sulle braccia di chi lavora nei campi. Sul lavoro agricolo ci guadagnano tutti – dal campo agli scaffali del supermercato – tutti, tranne chi si alza presto e sta 7/9 se non 12 ore sotto il sole o in serra, a 60 gradi in estate o con le mani ghiacciate in inverno”.
Ma dal governo solo chiacchiere. Il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, PD, si dice "vicino ai lavoratori e alle lavoratici che hanno manifestato a Bari" e poi straparla di “strumenti concreti e coordinati per agire sui territori” messi in campo “in particolare dove negli anni si sono presentate le peggiori situazioni di degrado". Evidentemente sono fandonie, altrimenti le lavoratrici e i lavoratori chiamati dai sindacati del settore non avrebbero avuto motivo di aderire in massa ad una manifestazione nazionale per sturare le orecchie al governo.
Come già detto, il nuovo duce Renzi ha favorito il caporalato, il lavoro nero, lo sfruttamento dei lavoratori in semi schiavitù e la gestione criminale di stampo mafioso del “mercato del lavoro” agricolo, estendendo a questo settore, tradizionalmente debole da un punto di vista dei diritti una serie di norme di ultraflessibilità, previste nella devastante legge Jobs Act. E' l'intero impianto delle forme contrattuali imposte dal nuovo duce a dover saltare. E per questo obbiettivo è necessario uno sciopero generale di otto ore con manifestazione sotto Palazzo Chigi, per affossare il Jobs Act, i voucher e per mandare a casa Renzi, sfruttatore e affamatore del popolo lavoratore.
6 luglio 2016