Prima insultano la moglie chiamandola “scimmia africana” e poi lo uccidono di botte
Esecuzione razzista di un profugo nigeriano a Fermo
“Non è soltanto una rissa ma un vero disegno razzista”, spiega il prete che lo ospitava
È stato un vero e proprio linciaggio di stampo razzista quello che a Fermo, nelle Marche, lo scorso 5 luglio è costato la vita a Emmanuel Chidi Namdi, trentaseienne nigeriano che si trovava in Italia con la moglie, sua connazionale, per richiedere asilo politico.
L’uomo è morto dopo essere finito in coma per le conseguenze di pugni sferrati tra la mandibola e il labbro inferiore, inferti con tale violenza da farlo subito cadere con il cranio fracassato, come poi ha stabilito l’autopsia, dal trentanovenne Amedeo Mancini, uomo da anni vicino a Casapound, ben noto alla polizia per le idee di estrema destra xenofobe e razziste, che è anche ultrà della locale squadra di calcio, già colpito da Daspo a causa delle sue violenze in vari stadi.
All’aggressione era presente anche la moglie ventiquattrenne del nigeriano e un amico africano della coppia: la donna e l’amico africano hanno dichiarato agli inquirenti che, mentre essi passeggiavano per la cittadina marchigiana, e precisamente si trovavano in viale Veneto attorno alle ore 15, Mancini si è avvicinato a loro tre inveendo contro con frasi esplicitamente razziste e in particolare apostrofando la donna con l’epiteto di “scimmia africana”.
I tre africani, stando sempre al racconto della moglie di Emanuel e dell’amico, continuavano la loro passeggiata senza reagire alle spregevoli provocazioni razziste, scendendo in direzione di piazza Ostili Ricci da dove l’amico della coppia prendeva un’altra direzione, mentre Chidi Namdi e la donna tornavano dopo una decina di minuti in viale Veneto dove incontravano nuovamente Mancini il quale, secondo la testimonianza della donna, proseguiva nelle sue provocazioni razziste al punto da far reagire verbalmente il marito, il quale però veniva prima colpito da Mancini con un palo della segnaletica stradale già divelto, e poi con un violentissimo pugno in faccia.
All’aggressione mortale, secondo la moglie di Emanuel, avrebbero partecipato anche alcuni amici di Mancini, nel frattempo identificati dagli inquirenti come estremisti di destra già noti alla polizia, che lo spalleggiavano e lo istigavano con insulti razziali rivolti ai due neri.
Sta di fatto che Chidi Namdi, dopo aver subito il colpo, ha perso conoscenza, tanto che è stato necessario l’intervento dei sanitari del 118 con il defibrillatore che lo hanno portato in ospedale già in coma, ricoverato subito in rianimazione.
Dopo la morte dell’uomo, l’estremista di destra è stato fermato dalla polizia per il reato di omicidio preterintenzionale aggravato dalla finalità razzista, e il suo fermo è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari.
Emmanuel Chidi Namdi, in attesa dell’asilo politico, era arrivato in Italia dalla Nigeria meno di un anno fa insieme a sua moglie per sfuggire alla drammatica situazione economica, politica e sociale di quel Paese africano, e da alcuni mesi era ospite del seminario arcivescovile di Fermo, insieme a un altro centinaio di richiedenti asilo provenienti dai paesi dell’Africa centrale, una struttura di accoglienza creata da monsignor Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco.
Il sacerdote, commentando i drammatici fatti che hanno portato alla morte del nigeriano e condannando ogni tentativo di ridurre la vicenda a una banale rissa, ha sostenuto in varie interviste rilasciate agli organi di stampa che ”non è soltanto una rissa ma un vero disegno razzista” in quanto, continua don Albanesi riferendosi al fascista simpatizzante di Casapound “questo signore purtroppo lo conosciamo bene, chiama ‘scimmia’ tutti gli africani e non è nuovo alle risse. Ha provocato Emmanuel, che ha cercato di difendere la sua compagna di vita”.
È lo stesso presidente della Comunità di Capodarco a ricordare il pesantissimo clima di intolleranza fascista e di razzismo che si respira nella città marchigiana da mesi - fomentato dalla propaganda diffusa da Lega, Casapound e da cani sciolti e rabbiosi di estrema destra - nei confronti di tutti coloro che sono impegnati all’assistenza dei migranti: infatti tra febbraio e marzo due bombe rudimentali sono scoppiate davanti al Duomo e davanti all'ingresso della chiesa di San Tommaso, nel quartiere di Lido Tre Archi, nella notte tra il 12 e il 13 aprile un'altra bomba ha danneggiato l'ingresso della chiesa di San Marco alle Paludi - dove è parroco proprio don Albanesi - e infine il 22 maggio un ulteriore ordigno rudimentale è stato scoperto sotto il portone della chiesa di San Gabriele dell'Addolorata a Campiglione di Fermo.
Si tratta di chiari messaggi intimidatori rivolti alla Chiesa di Fermo, a un sacerdote impegnato come don Albanesi e soprattutto al suo arcivescovo mons. Luigi Conti, che è da sempre coraggiosamente in prima linea per manifestare concretamente solidarietà ai migranti e per combattere ogni forma di intolleranza e di razzismo.
Non si può non condividere il pensiero del presidente della Comunità di Capodarco laddove denuncia che gli attentati dinamitardi - di chiaro stampo razzista e fascista - costituiscono altrettanti antecedenti all’assassinio del giovane Emmanuel ad opera del simpatizzante di Casapound, eventi unificati dalla stessa criminale radice culturale razzista e fascista contro la quale va condotta una lotta senza quartiere.
13 luglio 2016