Dopo 7 anni la Commissione d'inchiesta riconosce: “La guerra non era necessaria. Non c'era un'imminente minaccia da parte di Saddam Hussein”; l'invasione ha sconvolto i fragili equilibri regionali e favorito il terrorismo
Blair mentì per invadere l'Iraq
L'ex premier va processato per crimini di guerra
Ci sono voluti 7 anni di indagini, un rapporto di 13 volumi e una spesa di 10 milioni di sterline, per certificare quello che milioni di manifestanti antimperialisti e pacifisti avevano capito subito 14 anni fa, scendendo in piazza in tutto il mondo per mesi per scongiurare la criminale invasione all'Iraq pianificata nel 2002 e attuata nel marzo 2003 dai boia imperialisti Bush e Blair: e cioè che quella sciagurata guerra “non era necessaria”; che “non c'era un'imminente minaccia da parte di Saddam Hussein”; che l'intervento militare “non era l'ultima opzione”, e fu deciso “prima che fossero esaurite le possibilità di pacifica negoziazione”; e che l'esistenza di armi di distruzione di massa (che non esistevano) “fu presentata come una certezza ingiustificata”.
É quanto ha stabilito il rapporto Chilcot, nella sintesi che ne ha fatta il titolare presentandolo il 6 luglio a Londra al Centro Queen Elisabeth, vicino a Westminster, davanti al quale manifestavano diversi attivisti di Stop the war coalition. É la terza inchiesta parlamentare che tenta di ricostruire le cause e le responsabilità della guerra all'Iraq, dopo la Hutton Enquiry del 2003 e la Butler review del 2004, e anche l'unica che è riuscita a stabilire, sia pure parzialmente e con ingiustificabile ritardo, la verità sull'intervento britannico a fianco degli Usa e sulle responsabilità dell'allora premier Tony Blair.
Il rapporto ripercorre tutte le fasi di preparazione dell'invasione, mettendo anche in luce il carattere maniacale dell'appoggio incondizionato di Blair ai piani di guerra di Bush, per quanto pretestuose e inconsistenti fossero le motivazioni accampate dall'amministrazione americana per giustificare l'intervento e malgrado l'opposizione mondiale ad esso, compresi organismi internazionali come l'Onu e l'Aiea, l'agenzia atomica i cui controlli avevano ripetutamente negato l'esistenza in Iraq delle presunte armi di distruzione di massa: “I will be with you whatever” (“sarò con te qualunque cosa accada”), scriveva infatti il premier labourista al presidente Usa. E questo ancora prima che i due servizi segreti Usa e britannico producessero le false prove sull'esistenza delle armi di distruzione di massa in mano a Saddam. Ossia, esisteva un accordo preventivo e a prescindere da tutto tra i due banditi imperialisti, per scavalcare gli organismi internazionali e scatenare la guerra senza preoccuparsi di esplorare tutte le soluzioni alternative, che pure secondo il rapporto non mancavano di certo.
Il rapporto accusa anche Blair di non aver previsto tutte le possibili conseguenze della guerra e dello sconvolgimento dei fragili equilibri nella regione, e in particolare il rafforzamento di Al Qaeda e l'espansione del terrorismo in tutto il Medio Oriente, che si è potuto avvalere dei militanti e delle armi del disciolto esercito di Saddam e perfino delle stesse armi occidentali. E che con i suoi attentati oggi sta mettendo in pericolo gli stessi cittadini britannici in casa propria.
Al tempo stesso, però, il rapporto concede ambiguamente a Blair il beneficio della “buona fede”, scagionandolo dalla sua responsabilità più grave, quella di aver mentito scientemente al Paese per trascinarlo “legalmente” in guerra. Da questo punto di vista il rapporto Chilcot rappresenta anche una pietra tombale sulle responsabilità dell'ex premier, che dovrebbe essere invece processato da un tribunale internazionale come criminale di guerra, come gridava lo striscione a grandi caratteri mostrato dai manifestanti davanti alla sua abitazione (“Blair must face war crimes trial”). E come chiedono anche i parenti dei 179 soldati britannici morti in Iraq, per i quali Blair è “il peggiore dei terroristi”, e che si riservano il diritto di portarlo in tribunale.
E difatti è proprio a questa ambiguità del rapporto che il criminale di guerra Blair si è attaccato per continuare a negare le sue responsabilità, e anzi rivendicare sfrontatamente la giustezza delle sue decisioni: “Posso guardare negli occhi non solo le famiglie ma tutta la nazione e dire che non ho ingannato nessuno”, ha detto infatti l'ex premier in una conferenza stampa convocata subito dopo la presentazione del rapporto. Questo infame ipocrita si è “scusato” per gli “errori” fatti durante e dopo la missione, ma non per la decisione di invadere l'Iraq: “Ho agito in buona fede e lo rifarei anche oggi”, ha avuto la faccia tosta di affermare. Aggiungendo di non credere che la guerra abbia fatto aumentare il terrorismo, che a suo dire ci sarebbe stato comunque anche senza l'invasione.
E comunque non ha avuto nemmeno un accenno di pentimento per le centinaia di migliaia di morti civili iracheni: le stime ufficiali variano dalle 115 mila vittime ammesse da fonti dell'esercito americano a mezzo milione fino al 2011, secondo uno studio di università canadesi e statunitensi. A cui vanno aggiunti almeno 250 mila feriti, due milioni di rifugiati all'estero e altri due di sfollati interni (fonti Unchr). Ma tutto questo è come se non esistesse, per il boia imperialista inglese. Senza contare le sue colpe per il milione di vittime, di cui la metà bambini, per l'embargo imposto all'Iraq negli anni precedenti l'invasione.
Al suo posto si è scusato l'attuale leader labourista Jeremy Corbyn, che a suo tempo votò contro la guerra, e che in parlamento ha definito la guerra all'Iraq “un atto di aggressione militare basato su falsi pretesti” commesso in flagrante “violazione del diritto internazionale”. Invece, pur essendo del partito avversario, il dimissionario primo ministro conservatore Cameron ha difeso l'ex premier, sostenendo che dal rapporto non emergerebbe la volontà di Blair di ingannare il Paese. Tra imperialisti di destra e di “sinistra” ci si intende sempre!
E pensare che questo criminale di guerra è stato un modello per la “sinistra” borghese dei vari rinnegati D'Alema, Veltroni e compagnia bella, e che a tutt'oggi continua ad esserlo anche per il nuovo duce Renzi, che non a caso si bea di essere chiamato “il Blair italiano”!
20 luglio 2016