Il senato nega l'uso delle intercettazioni per l'imputato piduista nel processo Olgettine
Scambio di accuse PD M5S per aver salvato Berlusconi
Con 120 voti a favore, 130 contrari e 8 astensioni, che a Palazzo Madama equivalgono a voto contrario, il 20 luglio l’aula del Senato ha respinto con voto segreto la richiesta del Giudice per indagini preliminari (Gip) di Milano, Stefania Donadeo di poter usare undici intercettazioni telefoniche di Berlusconi nel processo Olgettine scaturito dal terzo filone d'inchiesta del caso Ruby.
Decisivi sono risultati i senatori assenti al momento del voto: tredici del PD, cinque del M5s, sei di Ncd, 2 di Scelta civica, quattro senatori a vita, uno della Lega Nord, uno di Gal, due del Psi, uno dell’Italia dei valori, uno dei Verdi e uno del gruppo Misto.
Per il PD non erano in Aula a votare fra gli altri anche le ministre Roberta Pinotti e Stefania Giannini, i sottosegretari Marco Minniti e Filippo Bubbico e perfino alcuni esponenti della minoranza antirenziana come Lucrezia Ricchiuti, Felice Casson, Miguel Gotor e Albano Donatella.
Latitanti anche i grillini Bruno Marton, Vito Crimi, Mario Giarrusso, Elena Fattori e Luigi Gaetti.
Non c’erano nemmeno i sottosegretari Benedetto Della Vedova (Scelta civica) e Simona Vicari (Ncd).
A chiedere il voto segreto, oltre ad esponenti di Forza Italia e di Ncd, sono stati anche 4 senatori del PD: Marco Filippi, Annamaria Parente, Francesca Puglisi, Mario Morgoni che si sono giustificati dicendo di aver “commesso un errore nella concitazione del momento”. Tra i “coincitati” anche il senatore pentastellato, Alberto Airola, che ha dichiarato di essersi sbagliato chiedendo che il suo nome venisse cancellato. Insieme a loro anche due parlamentari del gruppo di maggioranza delle Autonomie: Franco Panizza e Claudio Zin e uno della Lega: Nunziante Consiglio.
Subito dopo il voto è cominciato un miserabile scarica barile fra PD e M5S che si accusano vicendevolmente di aver “salvato” l’imputato piduista con toni tanto accesi da costringere il presidente Grasso a sospendere la seduta.
“Le manovre sporche dei 5 stelle”, ha attaccato per primo il senatore PD e sottosegretario Luciano Pizzetti, “salvano Berlusconi con il voto segreto. Come la Lega salvò Craxi nel 1993. Parlano di moralità ma agiscono nell’ombra”. Rincara la dose la vicesegretaria Debora Serracchiani: "I moralizzatori della politica italiana, quelli dello streaming e del vaffa- commenta - quando si va al sodo mostrano la vera faccia: zero scrupoli e accordi sottobanco con la destra". Mentre la renzianissima senatrice PD Laura Cantini, ex sindaco di Castelfiorentino ed ex vice di Renzi alla provincia di Firenze, ha aggiunto: “Forza Italia ha fatto votare 5 Stelle a Roma e Torino, il M5S oggi ha ricambiato il favore, salvando Berlusconi. Alla faccia degli elettori e della coerenza”.
Per i 5 Stelle invece è stato: “Il Pd con il voto segreto a salvare Berlusconi” perché vuole riesumare il patto del Nazareno, ha detto il capogruppo Stefano Lucidi, che ha aggiunto: “Renzi prova a puntellare la sua sempre più scricchiolante maggioranza. Un modo subdolo, dando la colpa ad altri come già accaduto in altre occasioni, giocato sulla pelle della giustizia, per provare ad assicurarsi anche un comportamento benevolo da parte dei berlusconiani e del loro potente sistema mediatico nel referendum costituzionale. Il patto del Nazareno è risorto”. Anche Beppe Grillo, dal suo blog sbraita: “È un inciucio che non finisce mai. Il Pd ha usato il voto segreto per mantenere l’accordo con l’ex Cavaliere”.
Insomma, uno squallido scambio di accuse che si è ulteriormente inasprito quando, subito dopo il voto su Berlusconi, l’Aula, grazie al voto favorevole di Fi e Gal, si è espressa anche per il rinvio del voto sull’immunità del senatore grillino Mario Giarrusso, assente in Aula, querelato per diffamazione dal sindaco di Enna e deputata Maria Greco accusata da Giarrusso insieme a tutto il PD durante un comizio ad Agira (Enna) di essere “contiguo alla mafia”.
Secondo il PD si è formato un vero e proprio asse fra M5S e FI con quest'ultimi che in segno di “Ringraziamento per il voto su Berlusconi” hanno votato il rinvio del voto sull’immunità a Giarrusso. È “un baratto”. Un “vero e proprio scambio con la destra”. Una “Manovra sporca”.
I grillini hanno respinto tutte le accuse: “La prima gallina che canta ha fatto l’uovo”, ha detto il senatore M5s Nicola Morra. E sul voto di Giarrusso il gruppo al Senato ha commentato: “Il voto è stato solo posticipato per l’assenza dell’interessato”.
Il risultato è che le undici intercettazioni tra Silvio Berlusconi e le due olgettine resteranno agli atti del procedimento “Ruby Ter” ma potranno essere utilizzate come prove a carico solo nei confronti delle ragazze e non del pregiudicato Berlusconi.
Il processo vede imputate 31 persone, tra cui lo stesso leader di Forza Italia, Ruby Rubacuori e una ventina di ragazze.
Secondo la Procura di Milano, Berlusconi pagava alcuni testimoni mentre si stava celebrando il processo Ruby, finito – per l’ex premier – con una condanna in primo grado poi annullata definitivamente dalla Corte di Cassazione che lo ha assolto.
Il 16 aprile scorso la Giunta del Senato aveva bocciato la proposta del relatore Enrico Buemi di vietare l’uso di tutte le undici intercettazioni e quindi la richiesta del giudice di Milano è arrivata a Palazzo Madama. Per il Gip Donadeo, le undici telefonate “appaiono rilevanti” perché dimostrerebbero le “trattative” per elargire “alle due donne somme di denaro” e regalare loro “immobili” in cambio di una sorta di “lealtà processuale” nei suoi confronti. Si tratta di intercettazioni che risalgono al 2012, quando Berlusconi era ancora senatore, e che sono state effettuate in un’altra indagine con al centro una presunta truffa su finanziamenti pubblici, archiviata.
Per salvare Berlusconi da un'altra pesante condanna per “corruzione di testimone” a fine marzo 20015, contro il parere dello stesso relatore e presidente della Giunta, Dario Stefano, orientato ad autorizzare l'uso di almeno cinque telefonate, il PD propone invece di dare il via libera a solo tre intercettazioni (su undici). "Una mediazione al ribasso che escludeva tutte le prove più importanti... proprio quelle che non contengono nulla di rilevante” denunciava lo stesso senatore dem Felice Casson che accusava: “Il Pd vuole salvare Berlusconi” e nascondere la mano.
La “mediazione” PD però non passa e ad aprile la Giunta nomina un nuovo relatore: il socialista Enrico Buemi, il quale provocatoriamente propone di vietare ai magistrati l’utilizzo di tutte e undici le telefonate. Troppo per il PD e il Movimento 5 Stelle che per salvare la faccia di fronte al proprio elettorato votano contro e passano la patata bollente direttamente all’esame dell’Aula nella sua versione originale formulata dal Gip: Volete concedere ai magistrati l’utilizzo delle telefonate? Ben sapendo che la risposta dell’Aula del Senato sarà 130 volte no!
27 luglio 2016