Marx e la sua famiglia vivevano in miseria
Lo rivela una lettera di sua moglie Jenny von Westphalen del 20 maggio 1850
Questa lettera di Jenny von Westphalen, moglie di Marx, svela in che stato di miseria viveva la sua famiglia nel 1850. Una lettera assai commovente per quello che racconta, e se si pensa che è stata scritta da una donna di origine nobile, che aveva lasciato la sua famiglia per amore di Marx, con il quale ha condiviso la causa del comunismo per tutta la vita. Un esempio di stoicismo rivoluzionario.
In una lettera successiva allo stesso destinatario Joseph Weydmeyer gli confessa: “Noi abitiamo tutti in una stanza e un piccolissimo studio (Marx, Jenny e i loro quattro piccoli figli, ndr), e paghiamo di più che per una casa grandissima in Germania (allora risiedevano a Londra, ndr).
Il grado di umiliante miseria in cui vivevano è confermato da Marx, che in una lettera a Engels del febbraio 1852 scriveva:
“Da una settimana sono nella piacevole condizione di non poter più uscire per mancanza di abiti impegnati al Monte di Pietà e di non poter più mangiare carne per mancanza di credito”.
(Opere Marx Engels, 27 febbraio 1852, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 30)
Eppure Marx aveva tutte le possibilità di vivere nell'agiatezza borghese, ma per la causa non ha avuto paura di affrontare anche la miseria per lunghissimi anni. E non ci fosse stato Engels sarebbe morto di stenti molti anni prima.
Jenny Marx a Joseph Weydemeyer, a Francoforte sul Meno
Londra, 20 maggio 1850
Caro signor Weydemeyer,
tra poco è passato un anno da quando io trovai presso di Lei e la Sua cara signora un'accoglienza così amichevole e cordiale, da quando io mi sentii così bene e familiarmente a casa Sua e in tutto questo lungo periodo non ho dato un segno di vita; ho taciuto quando Sua moglie mi scrisse così affettuosamente, sono rimasta zitta persino quando ricevemmo la notizia della nascita del Suo bambino. Questo silenzio spesso ha oppresso anche me, ma io ero per lo più incapace di scrivere e anche oggi mi riesce difficile, molto difficile.
Solo la situazione mi costringe a metter mano alla penna: io La prego di mandarci al più presto possibile il denaro incassato o da incassare della “Revue”. Ne abbiamo molto, molto bisogno. Certamente nessuno potrà rimproverarci di aver fatto gran mostra di ciò che da anni abbiamo sacrificato e sofferto, il pubblico non è stato quasi mai o solo poco infastidito con le nostre faccende personali, mio marito è molto suscettibile in queste questioni, e preferisce sacrificare tutto fino all'ultimo piuttosto che abbandonarsi alla questua democratica pubblica come i grandi uomini ufficiali. Egli però poteva attendersi dai suoi amici, a Colonia specialmente, un impegno attivo ed energico per la sua “Revue”. Questo impegno poteva attenderselo in primo luogo proprio là dove i suoi sacrifici per la “Rh. Z.” erano ben noti. Invece l'impresa è stata completamente rovinata per la negligenza e il disordine con cui è stata condotta e non si sa che cosa abbia danneggiato di più, se i ritardi dell'editore e quelli dei rappresentanti e conoscenti a Colonia, o tutto il comportamento dei democratici in generale.
Mio marito qui è quasi stato schiacciato dalle preoccupazioni più meschine della vita borghese, e ciò in una forma così vergognosa che sono state necessarie tutta l'energia, tutta la serena, chiara, calma autocoscienza della sua natura per tenerlo in piedi in mezzo a queste lotte di ogni giorno, di ogni ora. Lei sa, caro signor Weydemeyer, quali sacrifici ha fatto mio marito per il giornale, egli ha investito migliaia di marchi in contante, egli assunse la proprietà del giornale, a ciò convinto dalle chiacchiere dei galantuomini democratici, che altrimenti avrebbero dovuto rispondere dei debiti, in un momento in cui ormai vi erano assai poche prospettive di continuare le pubblicazioni. Per salvare l'onore politico del giornale, e l'onore borghese dei conoscenti di Colonia, si addossò tutti i debiti, sacrificò la macchina da stampa, che era sua, sacrificò tutte le sue entrate, anzi alla partenza si fece prestare 300 talleri per pagare l'affitto del locale affittato da poco, gli onorari in sospeso dei redattori ecc., mentre lui veniva cacciato con la forza.
Lei sa che non abbiamo conservato nulla per noi, io venni a Francoforte per impegnare la mia argenteria, l'ultima cosa che c'era rimasta; a Colonia feci vendere i miei mobili perché ero in pericolo di vedere sequestrate la biancheria e tutte le altre cose. Mio marito, all'inizio dell'epoca infelice della controrivoluzione, andò a Parigi, io lo seguii con i miei tre bambini. Appena stabilito a Parigi, viene espulso, e a me e ai miei figli si nega di rimanere. Io lo seguo al di là del mare. Dopo un mese nasce il nostro quarto bambino. Dovrebbe conoscere Londra e la situazione qui, per sapere che cosa vogliono dire 3 figli e la nascita di un quarto. Soltanto di affitto dovevamo pagare ogni mese 42 talleri. Tutto questo potemmo pagarlo col nostro patrimonio. Ma le nostre piccole riserve si esaurirono, quando la “Revue” cominciò ad uscire. Nonostante gli accordi i soldi non arrivavano e poi arrivarono solo singole, piccole somme, sicché noi ci trovammo qui nella situazione più terribile.
Le descriverò una sola giornata di questa vita, come era, e Lei vedrà che forse solo pochi profughi hanno sopportato cose simili. Poiché le balie qui sono carissime, mi decisi, nonostante dolori terribili e continui al petto e alle spalle, a nutrire io stessa il mio bambino. Il povero piccolo angelo succhiava da me, tuttavia, tante preoccupazioni e silenziose sofferenze, che era continuamente malato, e aveva giorno e notte le convulsioni. Da quando è al mondo non ha dormito una notte intera, al massimo da due a tre ore. Negli ultimi tempi sono sopravvenuti crampi violenti, tanto che il bambino ha continuamente oscillato tra la morte e una misera vita. Quando aveva questi dolori succhiava con tanta forza che mi venivano piaghe al petto, che poi sparivano. Spesso il sangue gli scorreva nella piccola bocca tremante. Un giorno ero in queste condizioni, quando la nostra padrona di casa, cui nel corso dell'inverno avevamo pagato più di 250 talleri, e con la quale avevamo stabilito contrattualmente di pagare in seguito non a lei ma al suo padrone, il quale in passato le aveva già fatto un pignoramento, venne a casa e rinnegò il contratto, pretendendo le 5 sterline che ancora le dovevamo, e poiché non le avevamo subito (la lettera di Naut arrivò troppo tardi), vennero in casa due uscieri, misero sotto sequestro le mie poche cose, letti, biancheria, vestiti, tutto perfino la culla del mio povero bambino, i giocattoli migliori delle bambine che se ne stavano lì piene di lacrime. Minacciarono di portare via tutto in due ore: e così restavo sulla nuda terra con i miei bambini infreddoliti, il mio petto piagato. Il nostro amico Schramm si precipitò in città per cercare aiuto. Salta su una carrozza, i cavalli si imbizzariscono, si butta giù dalla vettura, e ce lo riportano sanguinante a casa, dove io piangevo con i miei poveri bambini tremanti.
Il giorno dopo dovemmo lasciare la casa; era una giornata fredda, piovosa e grigia, mio marito cerca un'abitazione, nessuno ci vuol prendere quando parla di quattro bambini. Alla fine un amico ci viene in aiuto. Noi paghiamo e io vendo in fretta tutta la mia biancheria da letto, per pagare il farmacista, il fornaio, il macellaio, il lattaio che, intimoriti dallo scandalo del pignoramento, si erano precipitati da me con i loro conti. I letti venduti vengono portati davanti alla porta, caricati su di un carro, e che succede? Si era fatto tardi, dopo il tramonto la legge inglese proibisce ciò, il padrone di casa si fa avanti con delle guardie, afferma che potrebbero esserci anche delle cose sue, e che noi vogliamo fuggir all'estero. In meno di cinque minuti stanno davanti alla porta da due a trecento curiosi, tutta la teppa di Chelsea. I letti tornano indietro, solo il giorno dopo, dopo il levare del sole, essi poterono essere dati al compratore; ora che, avendo venduto tutto quanto avevamo ci trovavamo in condizioni di dover pagare ogni centesimo, presi alloggio con i miei piccoli cari nelle nostre due attuali camerette nell'hotel tedesco, 1 Leicester Street, Leicester Square, dove per 5 sterline e mezzo la settimana abbiamo trovato un'accoglienza umana.
Mi perdoni, caro amico, se io ho descritto così lungamente e dettagliatamente addirittura solo un giorno della nostra vita qui; lo so, ciò è indiscreto, ma stasera il mio cuore era tutto nelle mie mani tremanti, e bisognava che una buona volta mi sfogassi con uno dei nostri più vecchi, migliori e fedeli amici. Non creda che queste meschine sofferenze mi abbiano piegato, io so anche troppo bene che la nostra lotta non è isolata e che io in particolare faccio parte delle donne felici e favorite dal destino, perché il mio caro marito, il sostegno della mia vita, è ancora al mio fianco. Ma ciò che davvero mi distrugge dentro, fa sanguinare il mio cuore, è che mio marito debba sopportare tante meschinità, mentre basterebbe poco per aiutarlo, e che lui che ha sempre aiutato tanta gente volentieri e con gioia, sia qui privo di ogni aiuto. Ma, come ho detto, caro signor Weydemeyer, Lei non deve credere che noi vogliamo far valere delle pretese verso chicchessia, se abbiamo dei prestiti da qualcuno, mio marito è ancora in grado di restituirli con il suo patrimonio. L'unica cosa che mio marito certo poteva pretendere da coloro che da lui avevano ricevuto pensieri, incitamento, sostegno era che fosse dedicata maggiore energia pratica, un maggiore interesse alla sua “Revue”. Io sono così orgogliosa e ardita da affermare che ciò era il poco che gli era dovuto. Non so nemmeno se mio marito ha
guadagnato veramente dieci soldi con i suoi lavori. Io penso che nessuno sia stato ingannato. Questo mi addolora. Ma mio marito la pensa diversamente. Egli non ha perduto la certezza del futuro, anzi nemmeno l'umore più sereno perfino nei momenti più terribili, ed era soddisfatto quando mi vedeva allegra e attorniata dai nostri cari bambini che mi accarezzavano. Lui non sa che io ho scritto a Lei, caro signor Weydemeyer, così dettagliatamente sulla nostra situazione, perciò non faccia alcun uso di queste righe. Egli sa solo che io l'ho pregata a suo nome di accelerare quanto più possibile la distribuzione e l'invio dei soldi. Io so che Ella farà uso di queste righe solo lasciandosi ispirare dalla Sua amicizia delicata e discreta per noi.
Stia bene, caro amico. Alla Sua cara signora dica le cose più affettuose da parte mia, e baci il Suo piccolo angelo da parte di una madre che ha versato alcune lacrime sul suo piccolo. Nel caso che Sua moglie allattasse, non le faccia sapere nulla di questa lettera. So bene come ogni agitazione sia nociva e danneggi i piccoli. Nonostante tutto i tre bambini più grandi crescono magnificamente. Le bimbe sono carine, fiorenti, allegre e di buon umore, e il nostro robusto ragazzo è un vero genio della comicità e ha le idee più buffe. Il piccolo folletto canta tutto il giorno buffe canzoncine con enorme pathos e una voce sonora, .e quando fa risuonare con voce terribile le parole della Marsigliese di Freiligrath
«O Juni, komm und bring uns Taten,
Nach frischen Taten lechzt das Herz »
ne rimbomba tutta la casa. Forse la missione storica di questo mese, come dei suoi due disgraziati predecessori, sarà quella di aprire la lotta immane in occasione della quale potremo tutti ricongiungerci.
Stia bene.
28 settembre 2016