Ribaltata la sentenza di primo grado
Marchionne condannato: gli operai licenziati di Pomigliano rientrano in FCA
“Gli operai hanno il diritto di svolgere pubblicamente valutazioni critiche nei confronti della FCA”
Redazione di Napoli
La Corte di Appello di Napoli ha condannato il nuovo Valletta Sergio Marchionne ribaltando l’esito del Tribunale di primo grado in ordine ai licenziamenti degli operai della Fiat disposti dai padroni della casa torinese.
Era il giugno del 2014 quando quattro operai in cassaintegrazione ricevevano una lettera di licenziamento per motivi disciplinari, che contestava la loro partecipazione alle manifestazioni organizzate il 5 e 10 giugno davanti al polo logistico di Nola per chiedere il ritorno a Pomigliano degli oltre 300 lavoratori distaccati dal 2008 e da allora in cassa integrazione. Proteste che furono durissime e accompagnate da un manichino impiccato con la foto dell’amministratore delegato Fiat incollata al posto del volto e una finta bara, a inscenare una veglia funebre.
Per i pescecani padronali un vero delitto di istigazione a delinquere che doveva essere punito secondo i dettami del codice penale fascista; tutt’altro per gli operai in lotta che volevano ricordare i suicidi e tentati suicidi di alcuni lavoratori in cassa integrazione e gli incidenti sul lavoro avvenuti proprio in Fiat. Ma secondo Marchionne e la famiglia Agnelli si trattava di una “un intollerabile incitamento alla violenza” e “costituiscono una palese violazione dei più elementari doveri discendenti del rapporto di lavoro”, provocando un gravissimo “nocumento morale all’azienda ed al suo vertice societario” (sic!).
Il Comitato di lotta cassintegrati e licenziati Fiat legato ai Cobas annunciò scioperi e proteste clamorose finché non intervenne il Tribunale di Nola, in provincia di Napoli e competente per la questione dello stabilimento di Pomigliano D’Arco, che rigettò clamorosamente nel giugno 2015 il ricorso degli operai ingiustamente licenziati. I giudici napoletani hanno invece azzerato il dispositivo del Tribunale di primo grado e reintegrato gli operai Mimmo Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore: “È stata una battaglia dura ma abbiamo vinto con un sampietrino, come Davide contro Golia“, ha esultato il combattivo operaio Mimmo Mignano in piazza del Plebiscito lo scorso 4 settembre con un presidio accolto calorosamente dalle masse popolari napoletane.
Silenzio da parte dei padroni Fca sulle parole della Corte di Appello napoletana che ha sentenziato che la “rappresentazione scenica” era relativa a un finto suicidio “e non un omicidio”: dunque “per quanto macabra, forte, aspra e sarcastica - ha ribadito il Tribunale di secondo grado -, non ha travalicato i limiti di continenza del diritto di svolgere, anche pubblicamente, valutazioni e critiche dell’operato altrui, che in una società democratica deve essere sempre garantito” e non c’è stata “istigazione alla violenza”, come invece aveva provocatoriamente affermato la Fca nelle lettere di licenziamento.
5 ottobre 2016