Aerei russi e di Assad bombardano quartieri popolari e ospedali a Aleppo
Il più grande ospedale della città di Aleppo, che si trova nella parte est sotto il controllo del'opposizione al regime di Damasco, è stato colpito il 3 ottobre con una bomba ad alto potenziale che provocava sette vittime e danni irreparabili; il terzo raid aereo nel giro di una settimana ha quasi dato il colpo finale alla strutura sanitaria. L'ospedale “non è più un servizio permanente” denunciava un rappresentante della Syrian American Medical Society, che si diceva non in grado di precisare se l'azione sia stata compiuta da aerei di Assad o russi.
Aleppo è la seconda città della Siria, divisa dal 2012 tra la zona occidentale controllata dal regime di Assad e la zona orientale in mano ai gruppi di opposizione in parte creati e armati dagli Usa e dalle potenze imperialiste occidentali per mettere i piedi nella guerra siriana una volta fallito l'attacco diretto voluto da Obama. Alla periferia di Aleppo erano arrivate anche le forze dello Stato islamico (IS) che si sono ritirate a fronte dell'offensiva congiunta delle forze curde, armate dagli Usa, e dell'esercito governativo appoggiato dall'aviazione russa. La battaglia per il controllo della città è diventato un affare tra Assad e opposizioni, tra Russia e Usa. Del braccio di ferro ne fa le spese il popolo siriano, nel caso di Aleppo i circa 250 mila abitati, tra cui 100 mila bambini, che vivono nei quartieri orientali assediati dal regime, vittime dei ripetuti attacchi degli aerei russi e di Assad.
“La situazione ad Aleppo è drammatica, da quattro giorni sono riprese le ostilità e le violenze. La tregua è finita e sono ricominciati i bombardamenti sulla città con una ferocia terribile. Sono tante le vittime fra i civili, sopratutto fra i bambini. Case distrutte e molti feriti, tanta paura fra la gente, abbiamo dovuto chiudere le scuole, la paura è generale perché non si vede l'esito di tante proteste. Manca sempre l'acqua e l'elettricità”, denunciava l'1 ottobre Boutros Marayati, arcivescovo della città siriana.
La tregua concordata tra Usa e Russia lo scorso 9 settembre a Ginevra per permettere anche l'arrivo di aiuti alla popolazione stremata ha retto poco più di due settimane. Il segretario di Stato americano John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si rimpallavano le responsabilità che porteranno il 4 ottobre alla rottura dei rapporti sull'intervento in Siria fra i due concorrenti imperialisti; rapporti che potevano contare solo sull'obiettivo comune della guerra all'IS mentre sul futuro del paese messo a ferro e fuoco dai loro raid aerei resta impossibile l'intesa, con Washington che vuole subito la testa di Assad e Mosca che non è ancora in grado di concedergliela. La guerra in Siria è diventato uno dei tanti nuovi terreni di scontro globale Usa-Russia, ne fa le spese anzitutto il popolo siriano.
Potrebbe essere stata una fortuita combinazione ma il 17 settembre gli aerei americani per la prima volta bombardavano “per errore”, secondo il comando Usa, una base governativa nell'est della Siria, nei pressi di Dayr az Zor dove le truppe di Assad fronteggiano lo Stato islamico. La Casa Bianca chiedeva scusa per il raid che provocava la morte di 62 militari e un centinaio di feriti. Due giorni dopo, il 19 settembre, le forze armate siriane annunciavano unilateralmente la fine della tregua umanitaria siglata a Ginevra e ricominciavano a scaricare bombe sulla parte orientale di Aleppo. Nel mirino dei caccia di Assad finiva anche un convoglio umanitario di 18 camion diretto verso la città di Orum al-Kubra, nella provincia di Aleppo. Altri tre giorni e la tregua era ufficialmente e definitivamente seppellita; nelle poco più di due settimane di tregua le organizzazioni umanitarie hanno contato 320 vittime civili, tra i quali 100 bambini, e più di 750 feriti.
La cronaca della settimana si chiudeva il 4 ottobre con l'annuncio del Dipartimento di Stato americano sulla sospensione dei contatti bilaterali con Mosca mentre Barack Obama annunciava che “valuterà una serie di opzioni” compresa la possibilità di sanzioni contro la Russia.
5 ottobre 2016