Lo voleva Berlusconi
Renzi rilancia il Ponte sullo Stretto
Il rilancio del progetto del ponte sullo stretto di Messina è avvenuto pochi giorni fa all’assemblea celebrativa per i 110 anni del gruppo mafioso-imprenditoriale Salini-Impregilo. Il neoduce di Rignano sull’Arno ha affermato che, se l’azienda pensa di farcela, il governo è pronto a spingere a fondo perché il ponte sullo Stretto si faccia: “Se voi siete in grado di portare le carte e sistemare ciò che è fermo da dieci anni”, ha detto, “noi lo sblocchiamo.(…) Siamo pronti a completare il grande progetto di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo, per non chiamarla Ponte sullo Stretto, ma che è di fatto il collegamento tra Napoli e Palermo, in un'operazione che porta centomila posti di lavoro”. Renzi, con una megalomania senza pari, ha aggiunto che questa grande opera infrastrutturale sarà “utile per tornare ad avere una Sicilia più vicina e raggiungibile e per togliere la Calabria dal suo isolamento. Una sfida in positivo”.
A sole 24 ore dalle dichiarazioni del premier, l’Amministratore delegato di FS, Renato Mazzoncini, ha immediatamente dedicato alla realizzazione del ponte sullo Stretto alcuni minuti della presentazione del piano industriale di Ferrovie dello Stato che traccia gli orizzonti dell'intera mobilità italiana da qui al 2026. "Pensato come infrastruttura ferroviaria costerebbe 3,9 miliardi di euro contro i 120 miliardi dei trafori che servono ai corridoi europei. Fino ad oggi il ponte è stato considerato un'opera stradale e quindi con rischi molto maggiori anche da parte delle banche che avrebbero dovuto mettere i soldi per il project financing. Ecco perchè i costi sono saliti fino a otto miliardi". Insomma, conclude Mazzoncini "dal nostro punto di vista siamo pronti su tutto il corridoio della Napoli-Bari con la stessa logica delle altre infrastrutture". Parole che pesano, ancor di più se si considera che uno dei punti cardine del nuovo piano industriale di Ferrovie è l'integrazione con Anas, che gestisce la rete stradale e che in passato ha gestito buona parte del progetto ponte sullo Stretto.
Il rilancio del progetto non è solo propaganda
In Italia il ponte, oltre che speculazione e affari, è da sempre anche propaganda elettorale, non tanto per l’infrastruttura in sé ma soprattutto per le promesse di lavoro per il Sud, martoriato dalla disoccupazione. È così fin dal 1969. E da allora è stato via via promosso dalla Dc, dal Psi, dal governo Prodi e poi in pompa magna da Berlusconi, che lo trasformò in uno dei suoi tanti annunci di grandissimo impatto mediatico. Fino a che nel 2012, anche il governo del tecnocrate dell’alta finanza Mario Monti lo accantonò opportunisticamente dichiarandolo “opera non prioritaria”. Oggi, secondo taluni commentatori, quello che erroneamente chiamano “l’improvviso cambio di idea” di Renzi, avrebbe come sola spiegazione logica il lancio di una operazione di recupero dei consensi in vista del voto referendario del 4 dicembre in quello che fu il blocco berlusconiano mai davvero ostile all’uomo del Nazareno. La “chimera” del Ponte potrebbe spostare voti al Sud, dove per ora il NO sarebbe in vantaggio. Renzi quindi starebbe solo opportunisticamente rilanciando il ponte. Il rilancio attuale, accompagnato dalla promessa di 100mila posti di lavoro calcolati chissà come è senza dubbio una fotocopia di marca berlusconiana e prima ancora craxiana. Almeno a parole, finché ha governato Berlusconi, Renzi si presentava come contrario al ponte e alla prima “Leopolda” nel 2010, aveva scandito il suo no dal palco invocando “un paese che preferisce la banda larga al Ponte sullo Stretto”. Quella del 2010 era in realtà una posizione opportunistica: il NO al ponte lo usava strumentalmente a fini elettoralistici contro Berlusconi. Infatti in seguito, e ufficialmente nell’autunno di un anno fa, nel 2015, l’allora premier, smentì le sue dichiarazioni del 2010, aprendo decisamente all’ipotesi di realizzazione del ponte in quanto fervente sostenitore delle cosiddette "grandi opere", e dei mega eventi dal TAV, alle trivellazioni, dall'Expo alle Olimpiadi.
NO al Ponte sullo Stretto
Il mostruoso progetto tanto caro alla borghesia mafiosa calabrese e siciliana, è stato da sempre difeso a spada tratta da molti componenti dell’attuale maggioranza parlamentare del governo Renzi. E fu proprio grazie a una iniziativa della banda del Nuovo Centro Destra del ministro dell'interno, il boss agrigentino Angelino Alfano, e di Forza Italia che, a fine settembre del 2015, il parlamento nero approvò una mozione che scongelava il progetto del ponte sullo Stretto. Paradossalmente ciò avvenne in occasione della discussione sulla Salerno-Reggio Calabria, l'incompiuta che ha fatto sprofondare la credibilità delle istituzioni borghesi a proposito di infrastrutture nel Sud. In quel caso ci pensò il sottosegretario alle Infrastrutture, Umberto Del Basso De Caro, PD, su indicazione del governo, a trovare l'escamotage truffaldino, suggerendo la riformulazione di un’analoga mozione che impegnava il governo “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del Ponte sullo Stretto come infrastruttura ferroviaria”. La mozione raccolse anche i voti del PD e venne approvata con 289 voti a favore e solo 98 contrari. E Renzi dichiarava: “Voglio provare davvero a vedere se si può fare”. Infischiandosene delle tante ricerche scientifiche sulla non fattibilità della mega opera, sulla sua pericolosità e inutilità, sul devastante impatto ambientale e sui costi esorbitanti. Da un governo di devastatori e avvelenatori del territorio e dei mari italiani come il suo c'era da aspettarsi che rilanciasse ancora una volta il progetto. Dopo aver ridotto al lumicino i passaggi di treni sui traghetti tra Calabria e Sicilia, il governo Renzi rilancia ancora l’idea di costruire un ponte per far passare 400 treni al giorno. Una follia se si getta uno sguardo al famigerato decreto Sblocca Italia, si vede che Renzi promuove in via prioritaria la realizzazione di tratte d’Alta velocità come la Napoli-Bari, interventi d’ampliamento degli aeroporti di Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Venezia, Genova, Firenze, Salerno, un lotto costruttivo della AV/AC Verona-Padova, Terzo Valico dei Giovi dell’Alta velocità Milano-Genova, il Nuovo Tunnel del Brennero e il via libera a giganteschi inceneritori in tutta Italia considerati, precorrendo i contenuti della controriforma della Costituzione al titolo V, opere di interesse nazionale e non regionale. A parte la strizzatina d’occhio alla destra e alla mafia, Renzi insulta le masse popolari siciliane e calabresi, a cui nega il diritto alla mobilità e alla sicurezza nei trasporti a causa di reti ferroviarie antiche e fatiscenti, dove i treni viaggiano ancora sul binario unico spesso non elettrificato, dove i ponti crollano, i cavalcavia si sbriciolano e, quando piove un po' più del normale, le strade si trasformano in fiumi di fango che travolgono persone e cose. Ma di che sta parlando questo governo sciagurato, bugiardo e criminale? Noi vogliamo che il megaprogetto speculativo del Ponte sia cancellato una volta per tutte. Altro che grandi opere, è necessario potenziare e modernizzare i trasporti ferroviari e marittimi della Sicilia e della Calabria, incentivare gli interventi contro il dissesto idrogeologico e mettere in sicurezza le infrastrutture esistenti. Il progetto del ponte rimane una dei tanti progetti speculativi per rimpinguare le tasche dei grandi gruppi capitalistici, dell mafia e della criminalità organizzata. Un motivo in più per cacciare il governo Renzi e per votare ancor più convintamente NO al referendum sulla controriforma costituzionale del 4 dicembre.
5 ottobre 2016