De Bortoli: Su Etruria e Mps si sente odore di massoneria
Letta rilancia l'accusa indiretta a Renzi di essere un amico dei massoni. Profumo: Ho trovato massoni in Mps
“Su vicende bancarie, Etruria, Siena, si sente odore di massoneria”.
È il lapidario commento con cui l'ex premier Enrico Letta ha condiviso e rilanciato via Twitter l'accusa mossa dall'ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli al presidente del Consiglio Renzi il 19 settembre a Cesenatico nel corso di una conferenza tenuta presso la “Scuola di Politiche” fondata lo scorso autunno da Letta, intitolata a Beniamino Andreatta e coordinata dal parlamentare lettiano Marco Meloni.
Durante il suo intervento De Bortoli ha ricostruito le fasi salienti del fallimento di Banca Etruria, e di come nella vicenda sia coinvolto Pier Luigi Boschi, padre della ministra Maria Elena. E di come Boschi – all’epoca del fallimento della banca era vice presidente – abbia avuto contatti con Flavio Carboni, il faccendiere coinvolto nella P2 e P3, proprio con l’obbiettivo di scongiurare il fallimento.
Non è la prima volta che De Bortoli accusa indirettamente Renzi di essere amico dei massoni. Esattamente due anni fa, il 24 settembre 2014, lo stesso De Bortoli in un editoriale critico nei confronti del governo aveva rievocato l'“odore di massoneria” che ha sancito il patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi, la caduta del governo Letta e il conseguente insediamento del nuovo Mussolini a Palazzo Chigi. Patto che per ora è stato accantonato e sostituito dalla santa alleanza col plurinquisito Dennis Verdini: l'ex braccio destro di Berlusconi che con il suo gruppo Ala garantisce a Renzi la maggioranza in Senato.
L'accusa di De Bortoli contro il giglio magico renziano, i suoi legami con la massoneria e il potere bancario, si aggiunge a un'analoga denuncia lanciata dall'ex presidente di Mps Alessandro Profumo il 15 giugno scorso presso la Galleria Rizzoli a Milano in occasione della presentazione del libro “Sabbie mobili, esiste un banchiere perbene?” di Fabio Innocenzi di Ubs Italia.
Accanto all’ex direttore del Corriere della Sera, c’era proprio l’ex banchiere di Unicredit accorso al capezzale di Mps per tentare di risollevarlo dalla disastrosa gestione di Giuseppe Mussari.
Parlando degli agenti esterni che affossano gli istituti di credito radicati nel territorio, Profumo ha fra l'altro affermato che: “Anche la massoneria ha distrutto il Monte dei Paschi”.
Lo sfogo del banchiere genovese non è riferito solo al siluramento di Fabrizio Viola, l’amministratore delegato liquidato due settimane fa da Palazzo Chigi – su dettatura di Jp Morgan – con una telefonata del ministro Pier Carlo Padoan e sostituito con Marco Morelli ex alto dirigente di Mps già multato da Banca d’Italia per la sua partecipazione a un finanziamento attivato dall’istituto senese durante la gestione Mussari; quanto al fatto che, scavando nei bilanci e nel sistema di Mps, Profumo ha appurato che l'istituto senese “ha patito troppo a lungo l’assalto di famelici massoni”.
Per spolpare la banca, secondo l’analisi di Profumo, i vertici hanno condotto “una gestione dissennata, fra dirigenti che aiutavano i soliti amici e dirigenti incapaci promossi per affiliazione. Il Monte dei Paschi ha elargito quantità enormi di prestiti a grandi gruppi e piccole imprese locali senza adeguate garanzie: errori marchiani (o intenzionali) che si scontano ancora adesso. Quel denaro è una parte dei crediti inesigibili che gravano sul futuro di Mps, una voragine che in questi giorni costringe la banca a tentare un’iniezione di capitale di cinque miliardi di euro”.
E pensare che appena pochi mesi fa, 21 gennaio 2016, Renzi dal salotto di Vespa invitava gli italiani a investire sui titoli Mps affermando fra l'altro che: “Sulla banca si è abbattuta la speculazione, però oggi è un bell'affare. Mps ha attraversato vicissitudini pazzesche ma oggi è una banca risanata importante, con un bel brand”. Sic!
Così come non è un mistero che Renzi appena incaricato da Napolitano si è precipitato negli uffici di Visco presso Bankitalia per chiedere notizie circa le ispezioni avviate proprio contro banca Etruria.
Ispezioni tardiva che hanno portato alla luce la grave situazione patrimoniale dell'istituto e una multa di 2,5 milioni in capo a tutta la dirigenza con alla testa papà Boschi per le gravi irregolarità riscontrate; ma che non hanno impedito a Renzi di inserire la Popolare di Arezzo nel decreto di Palazzo Chigi che ha azzerato la banca popolare e i risparmi di migliaia di clienti e trasformato la banca del papà della Boschi in Spa consentendo lauti guadagni ad alcuni investitori amici, tra i quali Carlo De Benedetti, ma soprattutto ha fatto schizzare alle stelle le azioni Etruria.
E non è un mistero nemmeno il fatto che prima di papà Boschi, Etruria è stata presieduta per trent'anni da Elio Faralli, un massone iscritto alla loggia del Grande Oriente che mise piede nel 1974 e che nel 1980 ne divenne il presidente fino al 2009, poi sostituito dal cattolico Giuseppe Fomasari, l'ex sottosegretario dei governi Andreotti legato all'Opus Dei.
5 ottobre 2016