Dopo il fallimento della Coalizione Sociale
Landini si accuccia nella Segreteria della Cgil
Sembra avviarsi definitivamente a conclusione la parabola di Maurizio Landini, l'attuale segretario dei metalmeccanici della Cgil. In particolar modo si chiude quella fase in cui, assieme alla Fiom, si è ritrovato in prima fila a battersi contro Marchionne e il “modello” Pomigliano, il Jobs Act, a difesa dell'articolo 18 e della democrazia sindacale, collocando spesso il gruppo dirigente dei metalmeccanici e tutta la Fiom in contrasto con la Camusso e i vertici della stessa Cgil. E' quanto traspare tra le righe di un'intervista rilasciata al “Fatto Quotidiano” a fine settembre dove, tra i temi trattati e le domande poste dal giornalista, il leader della Fiom lascia intendere chiaramente che entrerà a far parte della segreteria generale della Cgil, il ristretto organo direttivo composto da soli 8 membri.
Landini parte dall'ammissione del fallimento di Coalizione Sociale, il progetto di creare un nuovo “contenitore” riformista alla sinistra del PD, un soggetto politico ambizioso che doveva riunire gli orfani della ex galassia della cosiddetta “sinistra antagonista” scioltasi come neve al sole, senza disdegnare di attrarre consensi tra gli elettori del PD e dei 5 Stelle, dimostratosi in definitiva un altro degli innumerevoli tentativi, seppur in forme diverse, di recuperare consensi alla “sinistra” borghese. Un progetto apparso fin dall'inizio debole e senza un programma convincente, neppure in una logica tutta interna al capitalismo e alla democrazia borghese, tuttavia pericoloso perché poteva trovare spazio grazie al vuoto parlamentare creatosi a sinistra e perché, utilizzando la Fiom, indirizzato specificatamente alla classe operaia, ai lavoratori e ai precari.
Ma non fa nessuna autocritica sul quel fallimento, bensì cerca di convincerci come la Cgil di oggi sia più in sintonia con le sue posizioni, ma invece è lui che le ha cambiate. Cerca di salvarsi in calcio d'angolo sostenendo che quel progetto (la Coalizione Sociale) prosegue attraverso i referendum proposti dalla Cgil su alcune parti del Jobs Act: abolizione dei vaucher, responsabilità dirette per le ditte appaltatrici, reintroduzione dell'articolo 18, mettendo in collegamento a questa “stagione referendaria”, come la chiama lui, anche il voto del 4 dicembre sulla controriforma costituzionale. Su questo tema però non spende una parola sul fatto che la Cgil ha indicato di votare NO ma non è scesa in campo direttamente, e quando l'intervistatore gli domanda se la vittoria del NO possa segnare la fine della stagione di Renzi, Landini glissa rispondendo: “a me interessa non cosa succede al governo ma cosa succede al Paese”.
Adesso gli screzi tra la Fiom e la Cgil sembrano oramai alle spalle, eppure quei contrasti vertevano su questioni tutt'altro che secondarie. Le divergenze riguardavano tra l'altro se respingere o accettare il modello Marchione, se opporsi duramente o “trattare” davanti all'attacco all'articolo 18, al diritto di sciopero, al contratto nazionale di lavoro. Solo che Landini le ha utilizzate più per scopi personali, più per fare la guerra e contrastare il ruolo di segretario alla Camusso che per battere le sue posizioni. Noi come marxisti-leninisti lo abbiamo appoggiato finché nei fatti si poneva alla testa della Fiom a difesa dei sacrosanti interessi dei lavoratori, pur senza nutrire chissà quali speranze su di lui conoscendo bene la sua storia politica e la sua collocazione vicina al partito del trotzkista e pacifista Vendola.
Ne abbiamo preso le distanze quando ha riaperto a Renzi, quando si è riconciliato con la Camusso e le sue posizioni (e quelle di Cisl e Uil) accettando persino l'accordo sulla rappresentanza che limita la democrazia sindacale voluto dai padroni e dal governo, quando ha cercato d'intrappolare la classe operaia nella formazione politica riformista di Coalizione Sociale.
Negli ultimi tre-quattro anni ha riportato la Fiom sulle posizioni della segreteria confederale, ricucito lo strappo con le organizzazioni dei metalmeccanici di Cisl e Uil dopo anni di accordi separati, accettato senza discutere tutte le decisioni della Cgil, fatto la pace con la Camusso. Erano passi fondamentali per allargare il consenso, o quantomeno ridurre i veti nella struttura e tra la burocrazia a livello centrale e nelle categorie, al suo ingresso in segreteria e alla mai nascosta ambizione alla carica di segretario generale, tutto ciò e stato puntualmente fatto. Prima di entrare in direzione, l'ultima richiesta che gli viene fatta è la firma unitaria del contratto dei metalmeccanici.
Se sarà raggiunto l'accordo questo segnerà un ulteriore peggioramento delle condizioni dei lavoratori, visto l'intransigenza di Federmeccanica e la completa disponibilità della Cisl ad accettare le sue condizioni. Ma Landini sembra non curarsene e non tollera chi lo critica o non si allinea alle nuove disposizioni, come sanno bene gli ex delegati Fiom degli stabilimenti FCA che hanno subìto procedimenti disciplinari per aver continuato la lotta contro il modello Marchionne negli stabilimenti del Centro-Sud. Colui che reclamava una maggiore democrazia nella Cgil, ha imposto in modo autoritario nella Fiom le sue decisioni senza ammettere alcuna critica.
Oramai ha capito che se presenta un documento alternativo al congresso difficilmente potrà superare il 20% di consensi e non potrà nutrire alcuna velleità di aspirare a diventare segretario generale della Cgil. Così preferisce accucciarsi in segreteria buono buono, usare questa posizione come trampolino di lancio per sedersi sulla poltrona ora della Camusso lavorando internamente nella struttura sindacale per ottenere più appoggi possibili, compreso quello dell'attuale segretario.
Non è infatti escluso che un Landini così addomesticato possa avere anche il sostegno della Camusso, colei che in passato ha avuto ripetuti e anche duri scontri con il leader della Fiom. Una possibilità avvalorata dal fatto che Serena Sorrentino, la più indicata a succedere alla Camusso, è stata mandata alla guida della Funzione Pubblica ed esclusa assieme ad altri dalla segreteria per far posto a nuovi dirigenti, tra cui Landini.
12 ottobre 2016